Index or Explanation of the Ruins of Ancient Rome, Delineated in the Following Topographical Map
INDICE O SIA SPIEGAZIONE DELLE VESTIGIA DI ROMA ANTICA, DELINEATA NELL’ANTEPOSTA [POSPOSTA, errata p. 22] TAVOLA TOPOGRAFICA.
N.B. Il seguente indice riguarda soltanto la spiegazione della topografia circoscritta dalle moderne mura di Roma. I frammenti poi dell'antica iconografia che le sono posti all'intorno, assieme colle altre loro immediate tre tavole, hanno separatamente, come si è veduto quì innanzi, i loro rispettivi indici calcografici.
PRIMA di denominare e dichiarar gli avanzi delle Fabbriche ed altre antichità, contrassegnate dai numeri nella topografia, si avverte, che la circonferenza de’ punti notata nell’interno colla lettera A, dimostra il circondario delle mura di Roma colle di lei porte prima della dilatazione fattane dall’imperadore Aureliano. Un tal circondario è stato da me determinate mediante una matura consulta degli antichi scrittori, i quali parlano delle fabbriche e de’ luoghi che confinavano col medesimo: tralasciando per la brevità di rapportar qui le prove di questa determinazione, le quali si vedranno dedotte, come in luogo più proprio, nella grande icnografia di Roma antica che son per dare alla luce.
Cominceremo intanto la spiegazione della topografia dal giro esterno intorno alle odierne mura di Roma, e precisamente dalla ripa del Tevere incontro il monte Testaccio, scorrendo dall’asterisco * secondo l’ordine de’ numeri consecutive. Ma prima di ogni altra cosa, stimo bene di dare a conoscere la differenza della costruzione delle mura d’Aureliano dai risarcimenti in esse fatti da Arcadio ed Onorio, da Belisario, da Totila, da Narsete, da’ Sommi Pontefici, e da altri. Su di che basterà di fara osservare, che quelle d’Aureliano sono fabbricate a corso di tevolozza triangolare martellinata al difuori, e riempiute di opera incerta, cioè d’ogni sorta di scaglie poste orizontalmente, e tra di loro ben nudrite di calcina e di pozzolana: ed ogni tre o quattro palmi hanno un letto di tevoloni che legano insieme ed uniscono l’opera incerta coi detti corsi di tevolozza, affine di render la costruzione stabile e ferma, come si può vedere nella Tavola VIII di questo tomo, alla figura I si vedono poi le stesse mura munite di frequenti torri, e costruite nell’interno con una ordinata arcuazione, e con feritoje, o siano picciole finestre sotto ad ogni arco, corrispondenti nell’esterno. Lochè, secondo il costume de’ tempi antichi, serviva per le sentinelle, come si dimostra nella detta Tavola VIII, alla figura II. Se nel nostro giro ci abbatteremo ne’ risarcimenti fatti da Costantino Magno alle medesime mura, senz’altra dimostrazione giovi sapere, che sono della medesima costruzione di quelle d’Aureliano.
*Dall’asterisco fino al numero1, le mura son quasi affatto distrutte.
1. Dal numero1 fino al 2, ov’è la piramide di Cajo Cestio, le mura sono antiche, e forse del tempo d’Aureliano, ristorate però in molti luoghi dagli Antichi e da’ Moderni.
2. Piramide sepolcrale di Cajo Cestio, ai fianchi della quale si appoggiano le mura. Di questa piramide faccio particolar dimostrazione nel Tomo III, dalla Tavola XL alla XLVIII.
3. Porta Chiusa Si deve avvertire, che accanto ad ogni porta aperta ve n’è altra chiusa. L’uso di queste può essere stato per aprirle nelle sortite contro il nemico, qualora questi superata la porta esterna si fosse occupato a combattere l'interna, o sia l’antiporta.
4. Porta di San Paolo sulla via che conduce a Ostia. Ella è corrispondente alla Lavernale del più antico recinto, e fu rifabbricata da Belisario con marmi tolti da altri edifizi sullo stesso piano di quella d’Aureliano già rovinata. La sua soglia è a livello del piano moderno, e inconseguenza palmi 30 più alta del piano antico della vicina piramide.
5 and 6. Mura all’uso moderno rifabbricate sulla rovina delle antiche da’ Sommi Pontefici.
7. Porta chiusa appartenente all’avanzo di un antico edifizio, sotterrato in parte sotto il piano delle mura d’Aureliano. Le cornici di tevolozza gentilmente intagliate le fanno credere fabbrica de’ tempi buoni.
8. Porta chiusa, la di cui soglia è più alta della susseguente. Questa è opera de’ tempi bassi.
9. Porta di San Sebastiano, corrispondente alla Capena del più antico recinto. Ella fu piantata da Aureliano, e rifabbricata poscia da Belisario sulla via Appia. Le bozze che si veggono ne’ marmi de’ fianchi del basamento delle di lei torri, servirono per avvolgervi le funi affine d’ innalzarli sulla fabbrica. Le mura d’Aureliano fino a questa porta furono maltrattate e ristorate in diversi tempi, e spezialmente da Belisario.
10. Porta Latina, corrispondente alla Ferentina del più antico recinto. Questa è di una struttura molto povera, e affatto differente dalle altre. Apparisce nel cuneo di mezzo del di lei arco il IXP, che la fa credere rifatta ne’ tempi de’ Cristiani.
11. Porta chiusa, sotto la quale passa l’Acqua, anticamente chiamata Crabra, e in oggi, Marana. Questa porta fu ristorata insieme colle mura l’anno 1157, come si ricava dalla seguente iscrizione:
R...S.Ā.G
+ANNO MCLVII INCĀRNT
DNI NRI IHV ƆCPI SPQR HEC MCNIA
VETVSTAE DILAPSA RESTAVRA
VIT SENATORES SASSO IOHS DE AL
BERICO ROIERI BVCCA CANE PINZO
FILIPPO IOHS DE PARENZO PETRVS
D-S TESALVI CENCIO DE ANSOINO
RAINALDO ROMANO
NICOLA MANNETTO
12. Barbacane fabbricato a corso di pezzi di tufo, forse tolti dal vicino condotto delle Acque Claudia e Anione Nuovo, mentre vi si scuoprono i canali riempiuti di quel lastrico che usavasi affinchè l’acqua non penetrasse le commessure del Condotto, come si dimostra nella Tavola IX di questo tomo, figura 1.
13. Porta Asinaria, in oggi chiusa, e così denominata dall’antica via Asinaria. Ella corrisponde alla porta Celimontana, e a’ tempi d’Onorio entrò per essa in Roma con tradimento Alarico, il quale le diede il primo sacco. Gli stipiti ed ogni altro marmo che l’adornavano furono quindi levati nel pontificato di Gregorio XIII per rivestirne la nuova, chiamata di San Giovanni. La predetta certamente doveva essere una delle più magnifiche per le due gran torri che le stanno ai lati. Al didentro della medesima si veggono parecchie finestre di maniera barbara, le quali possono attribuirsi a Totila, che l’avesse risarcita colle mura contigue.
14. Porta di San Giovanni nuovamente fatta dal mentovato sommo pontefice. Vi si vede una porzione di muro antico reticolato.
15. Residuo dell’Anfiteatro Castrense fabbricato di tevolozza, e che da Aureliano col turarne gli archi fu congiunto colle mura urbane, come si dimostra nella detta Tavola IX alla figura II. Per gli scavi in esso fatti si è ritrovata la di lui platea piantata sul terren vergine, e sotto di essa si son rinvenute delle grotte ripiene di ossa di grossi animali, i quali servivano per gli spettacoli. Le mura che quindi seguono mostrano ne’ loro rifacimenti di aver sofferte le ingiurie de’ Barbari.
16. Avanzi delle fabbriche dell’antico Sessorio, i quali attraversano le mura.
17. Barbacane composto di tufi dell’antico aquedotto riferito al numero 12, parimente per le ragioni ivi addotte.
18. Porta in oggi chiusa, corrispondente colla Esquilina del recinto interiore. Entravano per essa le antiche vie Prenestina e Labicana. Ella tuttochè sia dieci palmi sotto l’odierno piano è nondimeno venti palmi più alta del piano del vicino condotto dell’Acqua Claudia. Apparisce sopra di essa la seguente inscrizione:
S. P. Q. R.
IMPP. CAES. DD. NN. INVICTISSIMIS . PRINCIPIBVS . ARCADIO . ET . HONORIO . VICTORIBVS AC TRIVMPHATORIBVS . SEMPER . AVGG OB . INSTAVRATOS . VRBI . AETERNAE . MVROS PORTAS . AC . TVRRES . EGESTIS . IMMENSIS RVDERIBVS . EX. SVGGESTIONE . V. C. ET IN LVSTRIS . MILITIS . ET . MAGISTRI . VTRIVSQ MILITIAE . FL. STILICONIS . AD . PERPETVITATEM NOMINIS . EORVM . SIMVLACRA . CONSTITVIT CVRANTE . FL. MACROBIO . LONGINIANO . V.C. PRAEF. VRBIS . D. N. M. Q. EORVM
Da questa iscrizione si arguisce che la detta porta sia una di quelle d’Aureliano, per il riflesso, che sendo stata ristorata sotto l’imperio d’Arcadio ed Onorio, non poteva essere stata fabbricata che dal medesimo Aureliano, mentre sappiamo dagli antichi scrittori, che fra ‘1 di lui imperio, e de’ riferiti due compagni le mura e le porte furono semplicemente risarcite da Costantino, come quelle che non aveano peranco patite le ingiurie de’ Barbari, le quali incominciarono soltanto dopo la morte d’Arcadio per la fellonia del medesimo Stilicone, sotto la cui cura erano stati già fatti i ristori riferiti nella iscrizione suddetta. Pertanto il veder questa porta elevata, come abbiam detto, venti palmi dal piano del vicino condotto delle Acque Claudia e Anione Nuovo, non debbe punto ripugnare a credere ch’ella sia d’ Aureliano; ma si deve inoltre riflettere in primo luogo, che un tal piano si ritrovava a’ di lui tempi già cresciuto in parte per le rovine degli edifizi cagionate da’ frequenti incendj come fra gli altri scrittori narra Sesto Frontino, il quale scrisse ne’ tempi di Nerva e di Trajano, dicendo in proposito delle acque condottate in Roma;
quædam erigi in eminentiora non possunt; nam et colles si sint, propter frequentiam incendiorum excreverunt rudere.
In secondo luogo, che parte dello stesso piano debb’ essere stato uguagliato dalla parte interna delle mura del medesimo Aureliano colle rovine degli edifizi che ingombravano il luogo, e le vicinanze delle stesse mura, affine di dare a queste una specie di terrapieno. In terzo luogo, che le riempiture del piano fuori delle mura furono dipoi sgombrate dai predetti Arcadio ed Onorio, come notano le parole: egestis immensis ruderibus, le quali non furono rimosse da Aureliano per l’angustia del tempo, come diremo più sotto. E sarà anco meno ripugnante il vedere, che la semplice e povera struttura di questa porta non corrisponda alla magnificenza de’ tempi d’Aureliano, se si considera il breve spazio di sette anni in cui egli resse l’imperio, occupato sempre in difficilissime guerre; comeppure la grande opera di questo suo vastissimo recinto, munito in gran parte di torri, la quale fu meditata da’ suoi antecessori, ma da lui solamente intrapresa e ridotta a fine; e che la di lui principal cura fosse di terminarla colla maggior sollecitudine, ergendo le porte ne’ luoghi opportuni, e forse co’ marmi medesimi di quelle del recinto anteriore, senza badare alla magnificenza che l’agio ed il lusso gli avrebbono potuto somministrare.
19. Porta Maggiore, la quale debb’ essere stata fabbricata ed aperta dopo essere rimasa impraticabile l’antecedente porta chiusa. E ciò per i riflessi che sopra alla chiusa, e non sopra a questa si legge la surriferita iscrizione di Arcadio ed Onorio; molto più poi che la presente è situata da dieci palmi incirca in piano più alto dell’altra; cosicchè sopravanza in trenta palmi il piano del vicino condotto antico delle Acque Claudia e Anione Nuovo, il quale s' interna colle mura, come si dimostra nella Tavola X di questo Tomo, alla figura II, appartenente alla porta di San Lorenzo.
20. Uno degli avanzi del condotto delle Acque Marcia, Tepula, e Giulia, il quale interseca le mura urbane. Questo andava ad unirsi al restante presso la porta di San Lorenzo. Su quest’angolo delle mura e incontro alle medesime sono stati da me osservati due avanzi correspettivi de’ CCXXI, passi di sostruzione che Sesto Giulio Frontino riferisce nel suo Commentario avere avuto il condotto dell’Anione Vecchio, come si legge sotto il § 7 della spiegazione della Tavola topografica degli Acquedotti in ordine la XXXVIII di questo Tomo. Per tali io li credo, sì perchè vi si vede il vacuo che dovea servir di speco o sia canale dell’acqua: sì perché sendo venticinque palmi più alti del piano antico del terreno, non si può supporre che appartenessero a qualche cloaca: sì perchè non potevano appartenere alle altre acque che passavano in queste vicinanze, e delle quali, rispetto alle condottate per archi, si vede tuttavia l’ antico andamento, e rispetto alle sotterranee, che sarebbono l’Appia e 'l ramo dell’Augusta, non si legge presso il riferito scrittore, nè presso altri, ch’elle avessero veruna sostruzione: sì anche perchè quindi dovea passare l’Anione Vecchio per andar lungo la Speranza Vecchia, come scrive il medesimo autore. Questi avanzi si dimostrano nella detta Tavola X, alla figura 1.
21. Porta chiusa.
22. Altra porta parimente chiusa, la di cui maniera ci fa conoscere, ch’ella sia stata fatta posteriormente alla costruzione delle mura.
23. Porta di San Lorenzo dirimpetto alla porta Interaggeres del circondario anteriore. Per essa entrava l’antica via Collatina. La sua soglia stà al pari del piano moderno più alto 25 palmi dell’antico, su cui posa un’ altro avanzo a lei vicino del succennato condotto dell’Acqua Marcia. La riferita iscrizione di Arcadio ed Onorio collocata parimenti sopr’ a questa porta, ci fa arguire, ch’ella sia d’Aureliano e risarcita dai detti successori, per le ragioni diffusamente addotte al numero 18 rispetto alla porta chiusa ivi enunziata. La figura II della Tavola X anzidetta ci dimostra la forma e la pianta di questa porta, comeppure il vicino andamento dello stesso condotto delle Acque Marcia, Tepula, e Giulia, colla pianta della Porta Maggiore, e della chiusa, riferite ai numeri 18 e 19. L’ andamento poi o sia l’avanzo del condotto medesimo che si vede dentro la detta porta di San Lorenzo, comprende un magnifico monumento de’ rifacimenti de’ rivi delle predette tre acque, come si dimostra nella Tavola XI di questo Tomo, alla figura I, e come apparisce dalle seguenti iscrizioni, che sono sulla facciata del medesimo monumento.
IMPERATOR. CAESAR. DIVI . IVLI . FILIUS. AVGVSTVS PONTIFEX . MAXIMVS . CONSUL. XII TRIBVNICIA. POTESTATE. XIX. IMPERATOR. XIII. RIVOS . AQVARVM . OMNIVM . REFECIT
IMPERATOR. CAESAR. MARCUS. AVRELIVS . ANTONINIVS . PIVS . FELIX . AVGUSTUS. PARTHICUS. MAXIMUS BRITANNICUS. MAXIMVS . PONTIFEX . MAXIMVS AQVAM . MARCIAM VARIIS . KASIBVS . IMPEDITAM . PVRGATO . FONTE . EXCIS . ET . PEREGRATIS MONTIS . RESTITVITA . FORMA . ADQVISITO . ETIAM . PONTE . NOVO . ANTONINIANO IN . SACRAM . VRBEM . SVAM . PERDVCENDAM . CVRAVIT
IMPERATOR. TITVS . CAESAR. DIVI . FILIUS. VESPASIANVS . AVGUSTUS. PONTIFEX. MAXIMUS. TRIBVNICIAE . POTESTATIS. IX. IMPERATOR. XV. CENSOR. CONSUL. VII. DESIGNATUS. VIII. RIVOM . AQVAE . MARCIAE . VETVSTATE DILAPSVM. REFECIT ET . AQVAM . QVAE . IN . VSV . ESSE . DESIERAT . REDVXIT.
Il primo rifacitore, come narra Frontino, fu Agrippa, il quale ne riferì l’onore ad Augusto. Il secondo fu Tito, ed il terzo Caracalla. Questi, tolto via il frontespizio, di cui si veggono peranco i segni, come nell’anzidetta figura, alla lettera C, vi collocò parimente la sua iscrizione, che perciò rimane frammezzo alle due, di Augusto, e di Tito, più antiche, e situate ne’ luoghi indicati colle lettere A, e B. L’avanzo poi del muro contrassegnato colla lettera D al lato destro del detto monumento, appartiene alla derivazione di una parte dell’Acqua Giulia, che per via di opera arcuata andava al castello notato nella topografia generale col numero 230, come dimostro nella riferita tavola topografica degli acquedotti.
24. Barbacane fabbricato a corsi di tufi, calce, e tevolozza. Le mura che quindi seguono sino al numero 25 sono di diversa maniera di quelle d’Aureliano, onde si può supporre ch’ elle sieno uno de’ ristauri de’ mentovati Arcadio ed Onorio.
25 e 26. Si veggono in questo intervallo de’ grandi e confusi rifacimenti, fatti forse per istantaneo riparo alle demolizioni de’ Barbari. Dal numero26 sino al 27 seguono le costituzioni d'Aureliano.
27. Porta chiusa fatta dal medesimo imperadore, e corrispondente alle due porte, Viminale e Querquetulana del recinto anteriore. La sua soglia stà al piano moderno innalzato in questo luogo 28 palmi sopra l'antico. Ella era aderente anticamente alle mura del Castro di Tiberio inoggi rovinato. Fu chiusa ne’ tempi di Costantino, allorquando ei innalzò le mura delle rovine dello stesso Castro; e in di lei vece furono aperte le due delle quali parleremo quì appresso. Per essa entrava l’antica via Tiburtina, la di cui selciata tuttavia apparisce vicino alla stessa porta, e prosiegue per qualche tratto, benchè sconnessa dai nuovi rialzamenti. La Tavola XXXIX di questo Tomo dimostra la porta, le mura di Costantino, la pianta della primiera forma del Castro e l’avanzo della detta via.
28 e 29. Sino quasi al numero 30 le mura di Costantino furono abbattute ne’ successivi assedj, e rozzamente rifabbricate da’ Sommi Pontefici poco spazio più fuori della lor linea anteriore.
30. Angolo curvilineo delle mura di Costantino, con barbacane piantato su' fondamenti del Castro, come si dimostra nella detta Tavola XXXIX, al numero 7.
31. Porta chiusa fatta da Costantino quasi in mezzo alla fronte del Castro, come si vede nella medesima Tavola al numero 8. La di lei soglia pianta sul piano moderno più alto del piano antico del Castro da trenta palmi in circa. Ella è stata certamente una delle più magnifiche, quantunque costruita di tevolozza. Era ornata di pilastri e d’ architrave, i quali ne formavano il grand’arco turato da’ moderni. A’ fianchi de’ pilastri mancanti rimangono tuttavia due ale con alcuni altri risidui dei di lei ornamenti.
32. Altro angolo curvilineo delle mura di Costantino, indicato nella stessa Tavola parimente col numero 7. Questo è situato sopra un residuo di muro del Castro, alto 12 palmi da terra, composto di tevolozza, e guarnito di archi secondo l’uso di que’ tempi. Le mura soprappostegli sono lavorate pulitissimamente, cioè con mattoni triangolari martellinati a similitudine di quelle d’ Aureliano, e fortificate di quando in quando da sodi barbacani. Furono di poi innalzate da Belisario colla giunta di nuovi merli (forsech’ ell’ erano troppo basse e perciò malsicure) coll’ incastrarvi eziandio nuove torri e nuovi barbacani: fortificazioni peraltro molto rozze e grossolane. Sotto a’ merli inferiori, cioè a quegli di Costantino si vede un' ordine continuato di buchi, dentro dei quali eran piantate altrettante mensole di marmo, come si comprende da qualche loro avanzo. Queste per avventura dovean sostenere un poggio continuo per comodo dei difensori delle mura.
33. Porta chiusa , parimente di Costantino. Dalle vestigia degli ornamenti che le sono stati tolti sembra essere stata simile all'altra qui sopra descritta.
34. Torri di Belisario di forma bizzarra, corroborate con barbacani, che sembrano essere stati imitati nel baloardo incontro la porta di San Paolo.
35. Avanzo di un' altro angolo curvilineo del Castro, indicato nella detta Tavola parimente col numero 7.
36. Porticella chiusa, la di cui maniera la fa credere de' tempi di Narsete.
37. Altra porta chiusa.
38. Avanzi di due torri rotonde, fralle quali era parimente altra porta, che sendo stata distrutta, v’è stato tirato da’ Sommi Pontefici un muro uguale dall’ una all’altra torre, una delle quali si vede essere stata piantata sul masso di un’ antico sepolcro. La stessa porta colla descritta a numero 31, supplivano alla Nomentana del recinto anteriore, loro contrapposta.
39. Porta Pia del tutto moderna, e aperta da’ Sommi Pontefici invece dell’anzidetta.
40. Porta Salaria, così detta dall' antica Via Salaria che passava per la medesima. Ella fu collocata da Aureliano incontro alla Porta Collina del recinto anteriore. Fu danneggiata molto da' Barbari, e risarcita poscia da Belisario e da Narsete, de’ quali vi si distinguono i ristauri. II mattonato sopra i di lei stipiti supplisce alla mancanza de' travertini dell’arco. Le mura dalla Porta Pia sino a questo patirono molte rovine, e furono perciò risarcite più volte, cioè da Arcadio ed Onorio, dagli anzidetti Capitani, e da' Sommi Pontefici.
41. Torre rotonda, vicino a cui era un'altra porta che da Clemente XI fu investita di nuovo muro, il quale s'innalza sino ad uguagliare il restante delle mura. Di quì sino alla seguente porta Pinciana le mura sono di maniera diversa da quelle d' Aureliano, opera forse di Belisario.
42. Porta Pinciana, ristorata da Costantino, e così detta dalla vicinanza dell’antico palazzo di Pincio senator romano. Ella è costruita di spoglie di altri edifizj, e nel cuneo medio dell'arco ha scolpito il segno della croce. Vi si vedono de’ buchi fattivi da’ Barbari per tor via i perni che tenevano uniti i corsi delle pietre. La di lei soglia sopravanza molto in altezza il più antico piano di Roma; ma ciò non costa al crederla di Aureliano per le ragioni addotte al numero 18 rispetto ai rialzamenti del piano anche ne' tempi antichi.
Per questa porta passava l’antica Via Flaminia, del di cui lastrico si vede tuttavia poco lungi dalla stessa porta un avanzo, il quale si protrae in lungo tratto per le odierne Vigne, de’ Carmelitani Scalzi, de’ Gesuiti, e di San Bernardo, dove la detta via tirando in obliquo, giungeva al Tevere nel luogo dimostrato nella mentovata Tavola degli acquedotti, e passava per il ponte Milvio segnato nella medesima, e di cui benchè affatto rovinato si vede nondimeno ne' tempi estivi un avanzo nel Tevere, da me bene osservato e riconosciuto per una delle di lui pile; proseguendo poscia essa via in andamento retto sino alla Torre di Quinto. Gli scrittori moderni suppongono, ch' ella passasse per la porta del Popolo, cognominata da tal supposizione anche Flaminia; e che fosse la medesima che in oggi si protrae sino al Ponte Molle; ma gli scrittori antichi gli convincono di errore. Tacito nel 13 degli annali, raccontando la calunnia inventata da Gratto Liberto contro di Silla, così dice:
Pons Milvius in eo tempore celebris nocturnis illecebris erat; ventitabatque illuc Nero, quo solutius Urbem extra lasciviret. Igitur REGREDIENTI PER VIAM FLAMINIAM compositas insidias, fatoque evitatas, quoniam DIVERSO ITINERE SALUSTIANOS IN HORTOS REMEAVERIT, auctoremque ejus Syllam ementitur.
Dal che si ricava chiaramente, che gli Orti Salustiani doveano essere contermini, o almeno vicini alla Via Flaminia, giacche si finge, che Nerone ritornandosene per essa, divertisse il viaggio coll'entrare negli stessi orti. Ciò non sarebbe certamente potuto Succedere, qualora la Via Flaminia fosse stata la stessa che inoggi da piazza di Sciarra si protrae per retta linea sino al Ponte Molle; imperocchè, siccome non si controverte che gli Orti Salustiani erano sul Monte Pincio; e precisamente nel luogo indicato nella predetta tavola topografica degli acquedotti, co’ numeri 47, 48, 49 e 50; venivano a rimaner talmente remoti da questa pretesa via, come si vede dalla oculare ispezione della medesima Tavola, che Gratto il calunniatore non sarebbe stato così sciocco di assegnar questi orti per la diversione surriferita, come quella che oltre l’esser paruta strana, sarebbe stata contraria al contesto della esposizione fattacene da Tacito. Quello stesso scrittore conferma parimente il mio assunto nel libro III delle Storie, ove discorrendo della battaglia occorsa fra i Flaviani e i Vitelliani, dice, che l’esercito de' Flaviani trovandosi al Ponte Milvio, tripartita agmine, pars, ut astilerat, Flaminia Via, pars juxta ripam Tiberis, incessit: tertium agmen per Salariam Collinae Portae propinquabat; e ciò affine di andare a Roma ad assalire i Vitelliani da tre parti. Da questa relatione necessariamente si arguisce, che se la Via Flaminia fosse allora stata quella medesima che in oggi esce per la Porta del Popolo, il detto tripartimento di esercito sarebbe stato vano, e in conseguenza non si sarebbe verificato l'attacco col nemico da tre parti, come accadde, imperocchè lo squadrone il quale Flaminia Via, e l'altro, che juxta ripam Tiberis incessit, si sarebbono indispensabilmente dovuti ricongiungere nello stretto del Campo che rimane vicino alla detta Porta del Popolo prima di assalire il nemico separatamente secondo il progetto fattone, ed ecco la vanità della divisione di questi due squadroni al Ponte Milvio; locchè non avvenne, atteso il surriferito vero andamento della medesima via. Ovidio nel terzo libro de' Fasti, accennando la second' Equirie che si celebravano nel Campo Marzio addì 27 di febbrajo, così canta:
Altera gramineo spectabis Equiria Campo,
QUEM TIBERIS CURVIS IN LATUS URGET AQUIS.
Quì debbo premettere, che il Campo Marzio si estendeva anticamente sino al Ponte Milvio, come si rileva dalle prove irrefragabili, che contro la comune opinione degli scrittori moderni da me si adducono verso il fine della spiegazione della succennata Tavola degli acquedotti. Ciò premesso, e vedendosi alla interpretazione de' riferiti versi d’Ovidio, essi non fanno altro, che contrassegnarci il luogo ove si celebravano le dette Equirie. I contrassegni di questo luogo pertanto sono un ristringimento a fianco del Campo cagionato dal curvo andamento del Tevere. Per tutta l'estensione del Campo Marzio non trova un tal ristringimento cagionato dal Tevere se non che dalla odierna Ripetta verso il Ponte Molle, e precisamente dal luogo segnato nella detta tavola degli acquedotti col numero 45 sino al 46, dal che si debbe dedurre che celebrandosi in questo ristretto l’Equirie non si dovesse dar luogo al preteso transito della Via Flaminia.
43. Qui sono alcuni barbacani delle mura, simili a' surriferiti al numero 45.
44. Qui le mura d'Aureliano furono affatto abattute dai Barbari, e sono state rifatte ne' tempi bassi in varie maniere, e specialmente alla Saracinese, cioè a corsi di tufi e di altri materiali disposti senz'alcun ordine.
45. Piccolo avanzo di una delle torri d' Aureliano, appoggiata ad una gran sostruzione antica, detta inoggi Muro-torto.
46, 47 e 48. L’ambito di questi numeri comprende l’avanzo della predetta sostruzione, che investiva la parte del colle degli Ortuli sulla quale era il gran Busto, o sia Ustrino ove si ardevano i corpi de’ Cesari, fabbricato da Augusto.
49. Altra porzione delle mura d’Aureliano, che si unisce all’avanzo predetto, e simile nella figura ai moderni baloardi.
50. Dalla detta spezie di baloardo sino alla Porta del Popolo le mura son costruite a corsi di tufi alla saracinese.
51. Porta del Popolo fabbricata dai Sommi Pontefici sopra gli avanzi di quella d’Aureliano. Vi si veggono dai lati esterni i basamenti di marmo, i quali reggevano le torri. Questi furono maltrattati da’ Barbari, e forati nelle commessure per levarne i perni. I forami poi furono tassellati, quando fu rifatta la stessa porta.
52. Seguono sino al Tevere le mura rifatte da Belisario, e risarcite in più volte ne’ tempi successivi.
53. Indicasi il luogo ov’era la Porta trionfale d’Aureliano inoggi del tutto spianata assieme colle di lui mura indicate co’ punti antecedenti e susseguenti.
54. Si nota il luogo della Porta Aurelia parimente spianata.
55. Sin qui proseguivano le mura d'Aureliano.
56. Avanzi delle mura trastiberine fabbricate da Aureliano, consistenti in oggi in un deforme composto di diversi ristauri si antichi che moderni. Fra gli antichi furono quei d'Arcadio ed Onorio, come si deduce dalla iscrizione riferita sotto il precedente numero18, la quale era parimente collocata sulla Porta Portuense dello stesso Aureliano, i di cui avanzi peranco rimangono alla ripa del Tevere nel luogo contrassegnato nella presente Topografia generale dalla cometa, e precisamente tra i frammenti 32 e 33 della antica icnografia di Roma ivi riportati all’intorno. Tralasciando poi i ristauri che vi possono essere stati aggiunti dopo Arcadio ed Onorio dai Curatori della città riferiti in principio di questo Indice, vi si debbono annoverare quei del pontefice Alessandro VI, giacchè questi riedificò l’odierna Porta Settimiana corrispondente col Ponte Sisto, detto anticamente Janiculense, come meglio si vede nella detta Tavola topografica degli acquedotti in ordine la XXXVIII di questo Tomo. Dall’una e l’altra parte, cioè dalle Porte Portuense e Settimiana queste mura si protraggono sino alla odierna Porta di San Pancrazio; fuori della quale, oltre il cancello della Villa Corsini rimane un avanzo della sostruzione dell'antico condotto dell’Acqua Alsietina, che io dimostro nella Tavola XII di questo medesimo Tomo, alla figura I. Questo condotto proseguiva dentro la detta porta di San Pancrazio verso il di lui Emissario e la corrispettiva Naumachia d’Augusto, come riferisce sotto il susseguente numero 156 di questo Indice, e nella spiegazione della predetta Tavola degli acquedotti, correlativa al Commentario Frontiniano ivi compendiato.
57. Qui Urbano VIII incominciò la parte del suo recinto, demolendo l’antica Porta Portuense, invece della quale Innocenzio X di lui successore aprì la moderna.
58. Le repetizioni di questo numero dinotano il recinto di Roma dilatato dal medesimo Urbano VIII.
59. Mura e Porta di Santo Spirito fabbricate da Pio IV, e rese inutili dal predetto recinto.
60. Porzione delle mura di San Leone IV fabbricate alla saracinesca, cioè a piccoli corsi di tufi, nell'anno 849.
61. Altra porzione delle stesse mura rese inutili, come abbiam detto al numero 59.
62. Le rimanenti sono del tutto moderne, fabbricate da’ Sommi Pontefici successori del detto San Leone.
63. Fortificazioni dell’odierno Castel Sant’ Angiolo. Terminato il giro esterno delle mura, entreremo per la Porta del Popolo a ricercar gli antichi monumenti, che sono fra di esse e la circonferenza dei punti contrassegnata colla lettera A, e dinotante il più antico recinto delle Mura Urbane.
64. Avanzo di un Sepolcro della famiglia d’Augusto, ove inoggi è il giardino Cenci.
65. Avanzo di un’altro Sepolcro della stessa famiglia nell’odierno orto Nari, contiguo al giardino predetto.
66. Avanzi de' celebri orti Luciliani, i quali restano inoggi nel palazzo Mignanelli. Questi orti si estendevano sopra il colle degli Ortuli per il tratto delineato nell'accennata Tavola degli acquedotti, al numero 39.
67. Avanzo del Mausoleo d’Augusto, riferito sotto gli antecedenti numeri 46, 47 e 48. I di lui muri sono reticolati e riempiuti orizontalmente di opera incerta. L'ingresso antico del detto Mausoleo si vede vicino alla chiesa di San Rocco in un magazzino di legname. Egli qui è spogliato in tutto de’ suoi marmi, e deformato nel restante della fabbrica dal suo esser primiero. In mezzo a questo avanzo è un giardino pensile attenente al signor marchese Correa. Dello stesso Mausoleo faccio special dimostrazione colle Tavole LXI, LXII e LXIII del II Tomo. Sulla riva del Tevere dirimpetto al medesimo si vede lo sbocco di una delle cloache dell’Acqua Vergine fabbricate da Agrippa.
68. Giaceva in questo sito inoggi occupato dalle cantine appartenenti ai PPadri Agostiniani della Madonna del Popolo, quasi sotterrato del tutto l’Obelisco che serviva di gnomone all’orologio solare nel Campo Marzio. L’anno 1748 il pontefice Benedetto XIV lo fece scavare col suo piedistallo e trasportare nel palazzo contiguo detto della Vignaccia. Nello stesso piedistallo si legge la seguente iscrizione:
IMPerator. CAESAR . DIVI . Filius AVGVSTVS PONTIFEX . MAXIMVS IMPerator. XII. COnSul. XI. TRIBunicia. POTestate. XIV AEGYPTO . IN . POTESTATEM POPVLI . ROMANI . REDACTA SOLI . DONUM. DEDIT.
Gli oncini di ferro nel medesimo piedistallo vi sono stati conficcati dai moderni per facilitarne la detta estrazione, e ‘l trasporto.
69. Residui nel palazzo Amadei al Corso dell'Arco di Marco Aurelio, demolito dal pontefice Alessandro VII, che ne fece trasferire i bassirilievi alle Scale del palazzo de’ Signori Conservatori nel Campidoglio.
70. Avanzo nelle cantine del monastero di San Silvestro in Capite de’ muri de’ Septi Tigarj ristorati già ed abbellitati dai Domiziano.
71. Avanzo del Portico d’Europa vicino alla chiesa di Santa Maria in Via.
72. Principio dell’arcuazione dell’Antico Condotto dell’Acqua Vergine nel palazzo incontro la chiesa de’ Santissimi Angioli Custodi, e precisamente dietro al Colleggio Nazzareno. I punti protratti sino al numero 44 dinotano l’andamento sotterraneo del medesimo Condotto dentro di Roma. Il di lui supplimento si esibisce nella Tavola topografica degli Acquedotti.
73. Proseguimento della stess’arcuazione da un cortile contiguo al palazzo del Bufalo per il palazzo Panfilj sino al Bottino dell’odierna Fontana di Trevi. Quest’arcuazione fu rifatta da Claudio per essere stata rovinata da Caligola, come apparisce dalla seguente iscrizione che si legge nel gran fregio di uno degli archi distinto in ampia forma dal medesimo rifacitore.
TI . CLAVDIVS . DRVSI . F. CAESAR. AVGVSTVS . GERMANICVS
PONTIFEX . MAXIM. TRIB. POT. V. IMP. XI. P. P. COS. DESIG. IIII.
ARCUS . DVCTVS . AQVAE . VIRGINIS . DISTVRBATOS . PER . C. CAESAREM
A . FVNDAMENTIS . NOVOS . FECIT . AC . RESTITVIT
Furono successivamente investiti di tevolozza dall’una e l’altra parte, come si dimostra nella Tavola XII, alla figura II. Dello stesso acquedotto faccio special dimostrazione nella predetta Tavola degli acquedotti.
74. Monte Citorio. Questo è un'ammasso delle rovine dell'Anfiteatro di Statilio Tauro, e di altre antiche fabbriche circonvicine. Ciò si deduce primariamente dagli avanzi di alcuni Sedili circolari che doveano appartenere al medesimo anfiteatro, e da altri avanzi di antica fabbrica ritrovati 100 palmi sotto lo stesso monte nel gettarvi i fondamenti dell’odierno Palazzo della Gran Curia Innocenziana che gli dà il nome di Citatorio o Citorio. Secondo: dal giro sferico dello stesso palazzo per essere situato sopra una parte de’ fondamenti del detto anfiteatro. Terzo: da altri simili sedili ritrovati 80 palmi sotto il medesimo monte nello scavo fatto l’anno 1705, allorchè furono gettati i fondamenti della chiesa e delle case de’ Signori della Missione. E quarto, dal piano antico su cui era situata la Colonna dell’Apotesi, o Deificazione d'Antonino Pio, estratta nel medesimo scavo da 100 palmi più sotto del piano moderno.
75. Colonna Antonina situata nel mezzo della piazza, che da lei si dice Colonna, e dimostrata nella Tavola XIII di questo Tomo, alla figura I. Ella ha scolpite in un fasciamento dalla cima al fondo le battaglie, e la Vittoria riportata de’ Germani e de’ Sarmati da Marco Aurelio, da cui fu innalzata e dedicata al predetto Antonino Pio suo padre. Ha una interna scala a chiocciola illuminata da feritoje, onde si salisce al piano del gran capitello. Il pontefice Sisto V, fra gli altri ristauri fatti a questo monumento, fece investir di marmo l’antico piedistallo deformato dagli incendj, e fece collocare sulla cima della Colonna la statua erea di San Paolo.
76. Avanzo di una delle parti laterali del Portico che circondava la cella del Tempio del medesimo Antonino Pio, la di cui pianta ed elevazione si vede nel tratto dell'architettura di Andrea Palladio, formata dal medesimo sugli avanzi che al suo tempo esistevano in copia tale da poterne ritrarre il perfetto disegno. L’odierno avanzo consiste in undici colonne di marmo striate, deformate dagl’incendj, e internate nelle moderne pareti della facciata della Dogana di Terra, come si vede nell’anzidetta Tavola XIII , alla figura II. Alcuni hanno falsamente creduto, che questo sia un avanzo delle fabbriche del Foro di Marco Aurelio.
77. Otto colonne di vasta mole le quali si dimostrano nella Tavola XIV di questo Tomo, alla figura I. Sette di esse sono di cipollino, e della stessa grossezza di quelle del Pronao del Pantheon. Queste s’internano per metà parte ne’ muri del cortiletto del palazzo spettante alla Confraternita del Rosario incontro il Teatro Capranica, e parte nelle case circonvicine, e specialmente nella bottega del Saponajo. Esse appartenevano al Tempio di Giuturna. L’ottava poi è di granito, ed internata in un muro del prossimo vicolo Spada, che dalla detta piazza porta al vicolo de' Pastini. Questa colonna apparteneva all’antica fontana dell'Acqua Vergine, e perciò vi si vede l’incavo per un tubo perpendicolare che jaculava l’acqua.
78. Avanzo dei muri laterali del gran vestibolo del Pantheon, corrispondente agli altri avanzi inoggi tolti, e parte notati nella icnografia di Roma del Bufalini, e parte riferiti dal Falconieri nel suo trattato della Piramide di Cajo Cestio. Esso avanzo si vede in un cortile del casamento situato sulla sinistra del medesimo Tempio incontro la fontana della piazza della Rotonda.
79. Pantheon, o sia Tempio di Giove Ultore, consistente in una magnifica Cella, ed in un maestoso Pronao, come si dimostra nella predetta Tavola XIV, alla figura II. Egli fu fabbricato da M. Agrippa, come apparisce dalla seguente iscrizione scolpita sul fregio del medesimo Pronao, notato nella detta figura colla lettera A.
M. AGRIPPA . L. F. COS. TERTIVM . FECIT
Fu poscia ristorato dagli imperadori Settimio Severo, e Caracalla, come apparisce dalla consecutiva iscrizione che si legge nelle fasce dell'Architrave del medesimo Pronao, notato colla lettera B.
IMP. CAESAR. SEPTIMIVS . SEVERVS . PIVS . PERTINAX . ARABIC. ADIABENIC. PARTHIC. PONTIF. MAX.
TRIB. POT. XI. COS. III. P. P. PROCOS. ET
IMP. CAES. MARCVS . AVRELIVS . ANTONINVS . PIVS FELIX . AVG. TRIB. POT. V. COS. PROCOS.
PANTHEVM . VETVSTATE . CORRVPTVM . CVM . OMNI . CVLTV . RESTITVERVNT
Questo, secondo la relazione degli antichi scrittori, era un Tempio de' piu splendidi, ed è l’unico monumento dell'antica magnificenza che sia rimaso illeso nelle sue parti principali. I di lui muri sono di una portentosa grosseza, fabbricati di opera incerta e fermata Ogni quattro palmi con un letto di tevoloni, resi Vieppiù stabili da un’arcuate costruzione parimente di Tevoloni, dimostrata nella detta figura, alla lettera C, ed investiti nell’esterno di tevolozza triangolare. Il Pronao poi ha sedici gravi colonne di granito orientale di smisurata grossezza. Era anticamente coperto con travi e tegole di bronzo, le quali furon tolte al tempo di Urbano VIII, e fatte rifondere per formarne la Confessione de’ Santi Apostoli Pietro e Paolo nella Basilica Vaticana, sendo stato supplito in di loro vece con travi di legno, e con tegole laterizie. Nel timpano del di lui frontespizio segnato colla lettera D sono quantità di buchi, ne’ quali s’internavano de’ perni impiombati per sostegno d’un bassorilievo parimente di bronzo. Le pareti interne ed esterne dello stesso Pronao sono investite fra un pilastro e l'altro di lastre marmoree con più ordini di fregj, ne’ quali sono eccellentemente scolpiti de' fulmini, delle patere, de' candelabri, degli elmi, ed altri simboli che alludevano alle Deità di Giove e di Marte, e delle stesse lastre erano parimente investiti i due nicchioni laterali al grande ingresso del Tempio, dimostrati nella Tavola XV di questo Tomo, alla figura I, colla lettera E, in uno de' quali era la Statua d'Augusto, e nell'altro quella d’Agrippa. II di lui antico pavimento inoggi mancante copriva parte degli orli delle basi delle predette colonne, apparendo tuttavia in alcune di esse basi il segno dell’internamento degli stessi orli, nella guisa appunto che s'internano le basi delle colonne del Tempio; cosicchè il pavimento moderno rimane alquanto più basso, ed è costruito parte con alcune lastre residuali dell'antico, e parte con opera laterizia. L'ingresso poi del Tempio, in vece de' perni conficcati nel muro che inoggi ne sostengono le porte di bronzo, avea sugli angoli interiori dell'uno e l'altro stipite, ora rimaso rozzo, una grossa lamina similmente di bronzo stesa dalla cima al fondo, alla quale erano raccomandati i medesimi perni. Si entra quindi nel Tempio, il di cui piano è alquanto più basso di quello del Pronao: costume usato dagli Antichi per renderne l’entrata grave e maestosa. Veggendosi i muri investiti di marmi con tabernacoli e con tribune frammezzate da architravi sostenuti da colonne di giallo antico striate, gli orli delle di cui basi s’internano come abbiam detto poc’anzi, nel pavimento, che da alcuni scioccamente si crede perciò rialzato, non considerando esser questo stato un costume di que’ tempi per dar gravità alle colonne. Ha la volta convessa con compartimenti, i quali erano investiti da lamine d’argento secondo le antiche tradizioni. La veduta interna dello stesso tempio si dimostra nella detta Tavola, alla figura II, ove si nota l’internamenti degli orli delle basi delle colonne colla lettera F.
Gli scrittori moderni prendono alcuni motivi di ridurre in quistione chi sia stato il fondatore di questo Tempio. Il primo motivo si è la di lui sconnessione col Pronao, il quale sembra perciò costruito in tempi posteriori: il secondo si è la loro debole osservanza sull’ architettura del Tempio, ch’ essi giudicano inferiore a quella del Pronao: ed il terzo si è un passo di Dione, nel libro 53 della Storia Romana ove si dice: Ἀγρίππας; ecc. τότε Πάνθειον ecc. εξετέλεσε: pretendendo eglino, che la parola εξετέλεσε altro non significhi che perfezionò; Laonde deducono, che Agrippa sia stato, non fondatore, ma soltanto perfezionatore del Tempio colla giunta del Pronao; e pretendono con questi mal fondati sofismi di dar la mentita alla surriferita iscrizione che si legge sul fregio dello stesso Pronao: M. Agrippa L. F. Cos. tertium FECIT: e all’ assertiva egualmente precisa di Plinio nel 15 del 36: Pantheon Jovi Ultori ab Agrippa FACTUM. Io però rispondendo a questi loro sofismi, dico in quanto al primo, che la sconnessione del Pronao dalla Cella, dandoci indizio della loro costruzione in diversi tempi, non conclude la diversità del Fondatore dell’uno e dell’altra, imperciocchè può darsi che Agrippa facesse la Cella senza il proposito di adornarla col Pronao, e che terminatala gli venisse in mente di aggiungervelo. In quanto al secondo sull’architettura della Cella e del Pronao, qualunque intendente architetto vedendo le stesse modinature nell’uno e nell’altra, e in conseguenza riconoscendone la medesima eccellenza, fa poco conto del giudizio di diversità che vi fa l’imperizia di tali scrittori. In quanto al terzo sul riferito passo di Dione, la parola εξετέλεσε, la quale fa tutto il forte del loro argomento, nel più stretto significato vuol dire finì, onde non inferisce che Agrippa non avesse potuto fare il Pantheon, essendone stato terminatore. La causa poi non ricercata dagli stessi scrittori, per la quale Dione non abbia detto fece ma finì, deriva dale di lui antecedenti parole: Ἀγρίππας δὲ ἕν τούτω τὸ ἄςυ τοῖς ἰδίοις τέλεσιν ἐπεκόσμησε Agrippa nel medesimo tempo adornò la città a sue spese: sotto la disposizione delle quali venendo le altre: τότε Πάνθειον ἐξετέλεσε: e finì il Pantheon: non potea questo storico dir fece, perché non era vero che Agrippa avesse fatto il Pantheon nel tempo determinato colle precedenti parole, cioè l’anno 727 di Roma essendo egli Consolo la terza volta. Ed in fatti il dir poscia Dione: Hβουληθη μὲν οὖν ὁ Ἀγρίππας καὶ τὸν Αῦγουστο ενταῦθα ίδρύσαι τὴν τε τοῦ έργου έπίκλησιν αύτω δουναι μή δεξαμενου δὲ αύτου μηδέτερον, ἐκεῖ μὲν τοῦ προτέρου Καίσαρος ἐν δὲ τῷ προνάω τοῦ τε Αὑγούστου καὶ ἑαυτοῦ ἀνδράντας ἔστησε: Volle poi Agrippa riporre ivi (nel Pantheon) la statua d’Augusto, e a lui scrivere il nome d’ aver fatta quell’opera ma non accettando (Augusto) nè l’ una nè l’altra di queste cose (Agrippa) pose nel Tempio la statua del primo Cesare, e collocò poi nel Pronao quella d’ Augusto e la propria; che altro ci dichiara se non che Agrippa volea riferir la propria gloria di aver fatto questo tempio ad Augusto e ch’egli col veder riporvi la statua di questo principe usava nello stesso tempio di un dispotismo che non gli sarebbe stato perdonabile qualora egli non ne fosse stato il Fondatore.
80. Avanzi di muri appartenenti a Sisto dello stesso Agrippa, i quali sono aderenti alla parte deretana del detto tempio, e ridotti ad uso del forno, e di altre moderne fabbriche parimente aderenti allo stesso tempio.
81. Altri avanzi del detto Sisto, nell'odierno vicino palazzo dell’Accademia Ecclesiastica.
82. Avanzi delle Terme del medesimo Agrippa, chiamati ora l’Arco della Ciambella.
83. Uno de’ capitelli delle colonne che appartenevano alla cella del Tempio di Minerva fabbricato da Pompeo Magno, questo rimane nella bottega del Facocchio dietro la Cappella della Nunziata della Chiesa di Santa Maria; perciò detta sopra Minerva.
84. Avanzi dello Terme di Nerone nel cortile del Palazzo Madama; le quali si univano con altre fabbriche del Campo di Agrippa. Questi avanzi si vanno attualmente disfacendo per ampliare i comodi di detto palazzo ultimamente comperato per gli uffizj della Dateria Pontificia.
85 e 86. Linee tirate a seconda delle case le quali circondano l'odierna piazza Navona, e che son piantate su i fondamenti de’ Sedili dell’antico Circo Agonale.
87. Piccolo avanzo di muro appartenente alle fabbriche che circondavano l’area di Marte. Questo rimane nel vicolo detto de’ Granari.
88. Avanzo di una delle pile del Ponte Trionfale, composta di grossi travertini, peperini, e di opera incerta. Questo si vede alla ripa del Tevere, molto scoperto ne’ tempi estivi, e si dimostra nella Tavola XIII del Tomo IV.
89. Ponte Elio Adriano, inoggi detto di Sant’ Angiolo.
90. Avanzo del gran tumulo del Mausoleo di Adriano, in oggi detto il Maschio di Castel Sant’ Angiolo. Sì di questo, che del predetto ponte si fanno specifiche dimostrazioni nel Tomo IV della Tavola IV sino alla XII.
91. Avanzi nel Tevere di alcuni muri fabbricati ne’ tempi bassi. Dai moderni scrittori si suppongono spettare al Ponte Trionfale; ma, oltre il vedersi un’avanzo incontrastabile di questo ponte nel luogo riferito al precedente numero 88, sendo stati da me più volte esaminati, e tentata la loro disposizione nel profondo dell'alveo del fiume, non mi hanno somministrato il minimo indizio di ponte, mentre consistono in una spezie di meta rotonda, ed in un rimasuglio di abitazione che in nessun conto poteano formare le pile di un ponte. Questi avanzi inoggi servono a disporre la corrente del Tevere all'uso degli odierni molini situati sulle barche.
92. Avanzi di alcuni cunei della circonferenza inferiore del Teatro di Pompeo, da me dimostrati nel Tomo IV alla Tavola XXXVIII, e corrispondenti alla pianta del medesimo teatro, la quale rimane nel frammento dell’antica Icnografia di Roma contrassegnato intorno alla presente Topografia col numero 22. Questi sono di opera reticolata, e rimangono nell'odierno palazzo del duca Grillo a Campo di Fiori, nella bottega del Fornajo alla contrada detta del Paradiso, dell’Oste, e del Cordaruolo ivi vicini, ed in altre botteghe intermedie, prendendo un giro sferico sulla destra fra il detto palazzo, e la piazza de’ Satiri.
93. Ponte Sisto fabbricato dal pontefice Sisto IV sulle ruine dell'antico Janiculense.
94. Avanzo dell’interno del Tempio d’Apollo, già aderente al Circo Flaminio. Egli consiste in una porzione di parte sferica, nella quale sono alcune colonne ioniche di mezzo rilievo, che sendo già state consumate dall'incendio, furono dagli antichi rivestite di stucco di ottima maniera. Questo avanzo si vede in un cortiletto de’ PPPadri Somaschi di San Niccolò a’ Cesarini.
95. Avanzo del Portico di Filippo, il quale rimane sulla sinistra della facciata della chiesa di S. Maria in Cacaberis. I moderni scrittori lo suppongono per il Portico di Gneo Ottavio, ma nel rapportarci un passo di Plinio, ove si nota che il Portico di Ottavio corinthia sit appellata a capitulis aeris columnarum, smentiscono la loro supposizione, perchè le colonne che inoggi rimangono del Portico in questione, hanno i capitelli dorici di travertino, come dimostro nel Tomo IV alla Tavola XLVI. Che poi un tal Portico sia di Filippo lo dimostrerò nella grande Icnografia di Roma antica che son per dare alla luce.
96. Avanzo, o sia uno de’ cunei del Teatro di Balbo, nella bottega dell’oste situata sotto il palazzo Cenci sulla strada vicina alla porta del Ghetto alla Regola, e precisamente incontro al molino del Tevere. Il monte su di cui è situato lo stesso palazzo, è stato formato dalle rovine del medesimo teatro. Si osservi, che la strada stessa della Regola sembra accennare la circonferenza del di lui andamento, comeppure si vedono in quelle circonvicine botteghe molti pezzi di colonne, capitelli, ed altri ornamenti, i quali doveano appartenere al mentovato teatro.
97. Avanzi del Tempio della Pietà fabbricato sopra il carcere di Claudio. Questi consistono in alcune colonne di peperino, le quali dimostrano d’essere stato investite di stucco, e rimangano in oggi internate ne’ muri della Chiesa di San Niccolò in Carcere.
98. Ripa del Tevere di peperino, la quale investe la pila di uno degli archi del Ponte Fabrizio. Questa fu fabbricata da Augusto contemporaneamente al Teatro di Marcello, e in conseguenza posteriormente alla costruzione del ponte, come si nota nel Tomo IV alla Tavola XX.
99. Avanzi del predetto teatro, detto inoggi il Monte Savelli, su de’ quali è situato il Palazzo Orsini. Egli era composto nell' esterno di quattro ordini. I due superiori sono del tutto rovinati. Parte de' due inferiori che formano i portici d’intorno al teatro, tuttavia esistono, e si vedono fabbricati di grossi travertini. I cunei del medesimo, i quali reggevano i sedili e le scale per uscire nel ne’ vomitorj, sono d’opera reticolata, e di quando in quando legati da pezzi di peperini. Nella cantina della prossima osteria della Campana si vede l’andito colle porte che conducevano ai vomitorj dell’ordine Equestre. Sotto lo stesso andito rimangono le vie de’ Senatori per passare all'orchestra. Queste vie, come anco le scale de' cunei e ‘l medesimo andito, erano in tal maniera separate e disposte, che niuno degli ordini Senatorio, Equestre, e Plebeo, s’incontravano nell’entrare e uscire; come dimostro nel Tomo IV dalla Tavola XXV sino alla Tavola XXXVII.
100. Avanzo del Portico fabbricato da Augusto in onore di Ottavia sua sorella, e ristorato poscia da Settimio Severo, e da Caracalla dagl’incendj sofferti. Questo avanzo abbraccia l’odierna Chiesa di Sant’ Angiolo in Pescheria. I moderni scrittori pretendono, che un tal portico fosse a San Niccolò in Carcere nel luogo indicato col numero 97, ove ho detto esser l’avanzo del Tempio della Pietà, e suppongono, che l’avanzo presente appartenesse al Tempio o di Bellona, o di Giunone Regina, ma parimente senza veruna ragione fondamentale, e smentendo la loro supposizione, mentre confessano, secondo gli antichi scrittori, che il detto portico si protraeva vicino al Circo Flaminio. E che ciò sia vero, basta osservare l’incompatibilità di una tal protrazione; imperocchè incominciando il portico, com’essi vogliono, dal predetto numero97 sino al Circo Flaminio, il qual’era senza controversia situato fra i numeri 94, 95, 101 e 102, bisognerebbe figurarsi chenon vi fosse stato il Teatro di Marcello notato col numero 99, nè la rupe Tarpea, nè il Tevere, i quali non lasciavano alcun luogo a sì fatta protrazione, la quale oltre a ciò sarebbe stata piucchè portentosa e sproporzionata. Che poi questo avanzo appartenga al portico, controverso apparisce alla di lui pianta in uno de’ frammenti dell’antica Icnografia di Roma, da me segnato all’intorno della presente Topografia col numero18; colla qual pianta avendo io confrontato l'avanzo in questione, e l’altro consistente nelle tre colonne indicate col numero101 susseguente di quest'Indice, ne ho riconosciuta la puntuale correspettiva disposizione nella forma e distanza, la quale mi ha somministrata una soda ragione per credere che l’avanzo presente appartenesse al medesimo portico, come dimostro nel Tomo IV dalla Tavola XXXIX alla XLIV.
101. Tre grandi colonne striate di marmo, le quali formavano uno degli angoli del Pronao del Tempio di Giunone, fabbricato da Metello il Macedonio; come si osserva nel succennato frammento dell’Icnografia antica di Roma segnato attorno alla presente Topografia col numero18. Queste colonne rimangono inoggi nelle case dietro la Chiesa di Sant’ Angiolo in Pescheria; e si dimostrano, come ho detto, nelle prenominate Tavole appartenenti al Portico d’Ottavia, e nella XLV loro susseguente.
102. Avanzi della Scuola d’Ottavia, i quali si vedono nel Palazzo Altieri alla piazza Morgana, e nelle cantine del Convento de’ Padri di Santa Maria in Campitelli.
103. Avanzi del Portico di Nettuno, su de’ quali e situata la Chiesa e ‘l Palazzo di San Marco.
104. Avanzo de’ pilastri del Portico anteriore agli steccati o Septi Giulj, fabbricati di travertini da Lepido, e proporzionati da Marco Agrippa, dimostrati nel Tomo IV alla Tavola XLVII, e riconosciuti per essi sul confronto fattone co’ frammenti dell’Icnografia antica di Roma, contrassegnati co’ numeri 31 e 32 attorno alla presente Topografia. Questi rimangono nelle cantine del Palazzo Panfilj al Corso.
105. Altri avanzi de' medesimi pilastri investiti di tevolozza posteriormente alla loro costruzione. E questi restano sotto la Chiesa di Santa Maria in Via Lata.
106. Avanzo di magnifiche scale alle radici del Quirinale, e precisamente nel giardino de' Colonnesi. Per queste si ascendeva ad una magnifica fabbrica d’Elagabalo, congiunta ad un Tempio affatto distrutto, alcuni marmi del quale parimente rimangono nello stesso giardino. Pretendono i moderni scrittori, che questi avanzi appartenghino alle Terme di Costantino e di Costanzo per essere state rinvenute le loro statue nel fabbricarsi il Palazzo Rospigliosi. Ma basta a ricrederli l’osservazione de’ finissimi materiali che inoggi restano del detto Tempio, come anco la considerazione che le dette statue sono state rinvenute negli scavi fatti nel cortile del predetto Palazzo, luogo molto remoto dai detti avanzi.
107. Avanzi della Casa de’ Cornelj di opera reticolata, nel Palazzo de’ Colonnesi sulla piazza della Pilotta.
108. Avanzo di fabbriche sotterranee, spettanti al Campidoglio Vecchio, sulle quali inoggi e situato il Palazzo Grimani a strada Rosella.
109. Avanzi del Portico Miliarense di Aureliano, nella Villa Cesi.
110. Piccolo avanzo delle sostruzioni, o sieno investimenti ch’erano alle falde del Quirinale per assicurar le mura urbane anteriori al novo circondario d'Aureliano, che ricorrevano sopra le medesime falde. Questo rimane negli orti della Madonna della Vittoria verso la Villa Barberina.
111. Altro avanzo delle medesime sostruzioni consistente in un lungo muraglione munito di spessi barbacani dalla cima al fondo, come si dimostra nella Tavola XVI del presente Tomo, alla figura I. Questo avanzo rimane nella Villa Mandosi vicino alla Porta Salaria. Fra il detto muraglione, e ‘l Circo Apollinare indicato nella stessa figura era la via che conduceva al Foro di Salustio.
112. Avanzi della Casa, ede' Bagni del detto Salustio dimostrati parimente nella predetta figura. Vi rimangono peranco i bottini che ricevevano gli scoli de’ tetti, ed una scala dipinta a grotteschi, per cui si ascendeva ai piani superiori; comeppure una fabbrica di forma ottagonale creduta uno de’ templi di Venere sull' indizio di una Statua di questa Deita ivi ritrovata.
113. Avanzi di antiche fabbriche alla falda del Colle degli Ortuli, li quali appartenevano al mentovato Circo Apollinare.
114. Avanzi degli Orti di Salustio inoggi ridotti a uso di sotterranei nella Villa Belloni. Quivi si troverebbono per via di scavi delle cose maravigliose, come si son trovate nella susseguente Villa.
115. Altro residuo degli stessi Orti nella Villa Verospi. Nell'anno 1745 fu questa scassata in parte verso le mura urbane, e al demolirsi di alcune fabbriche furono ritrovate delle statue, e de’ bassirilievi, de’ pezzi di colonne, e molti capitelli di varie sorti con altre rarita.
116. In questo luogo, ora vigna del Noviziato de' Padri Gesuiti dietro le Terme di Diocleziano, era, come ho detto all' antecedente numero 2, il Castro di Tiberio dimostrato in pianta alla Tavola XXXIX di questo Tomo. Costantino lo rovinò allorchè superò Massenzio il tiranno. Sulle di lui rovine rialzò poscia le mura urbane, nell'interno delle quali fece co' materiali dello stesso Castro un lungo ordine di abitazione, forse per quartiere de' suoi soldati. Gli avanzi di tali abitazioni incominciano dal numero 29 e si protraggono sino al 34. Sono esse di opera reticolata, ma però mal connessa, come quella che fin da' tempi di Caracalla non apparendo più nelle antiche fabbriche, era perciò stata posta in disuso, e disimparata dagli artefici nel lungo tratto degli anni che si contano dall' imperio di Caracalla a quello di Costantino; e non per altro rimessa in uso nelle abitazioni di cui si tratta, che per il comodo e per la copia de' quadrelli di simile opera avanzati alle rovine del detto Castro.
117. Avanzo della prosecuzione del Condotto delle Acque Marcia, Tepula e Giulia, riferito sotto l’antecedente numero 23. Non deve sembrare strano il vedersi qui un muro di tevolozza differente da' restanti avanzi del medesimo Condotto, i quali sono di tufi, peperini e travertini; perchè egli appartiene alla doppia investitura che fu fatta al Condotto; o da alcuno de' Cesari riferiti nella iscrizione del monumento indicato al medesimo numero 23, o da altri in tempi posteriori, affine di rimediare alla di lui rovina. Questa doppia investitura si vede primieramente fuori della Porta Maggiore sull' angolo delle mura urbane indicato col numero 20. Entrando poi in Roma, e camminando lungo la traccia de' punti che indicano le vestigia della rovina dello stesso Condotto avanti e dopo il numero 21, se ne vedono gli avanzi internati nelle predette mura, i quali continuano sino al numero 120, ove cessando l'investitura e lasciando nudo il detto monumento, ella comincia di nuovo, come ho riconosciuto in una retrostanza o sia grotta del portinajo della Porta di San Lorenzo, in cui sono gli archi del Condotto doppiamente cinti dalla medesima, corrispondente a retta linea ai suoi avanzi che appariscono nel muro del giardino Gentili, sul quale cammina l’odierna Acqua Felice.
118. Altri avanzi dello stesso Condotto parimente investito di tevolozza, e corroborato da barbacani. Questi si vedono accanto e sotto il Casino Gentili, e si dimostrano col numero4 nella figura I della detta Tavola XI di questo Tomo.
119. Quì i due spechi, o siano canali della Tepula e della Giulia divertono dal Condotto della Marcia, come si dimostra in pianta nella stessa figura I, alla lettera F. Questa diversione sarà stata data loro per qualche tratto facendogli andare sopra l’investitura del Condotto della Marcia, inoggi internata colle mura urbane, affine di allegerire il Condotto medesimo dal loro peso, ov’ egli sarà stato maggiormente indebolito. Il tratto di questa diversione non potea stendersi oltre i due confini accennati col presente numero119, e col 20, perchè quivi ed ivi si vedono i predetti due spechi ricorrere sopra la Marcia.
120. Avanzi dell’investitura del medesimo Condotto, da me riconosciuti per tali dalle vestigia e dai residui del medesimo, i quali rimangono al pari della superficie del piano moderno di Roma.
121. Bottino appartenente alla derivazione di una parte dell’Acqua Marcia nel rivo Erculaneo, e che anticamente rimaneva dietro gli Orti Pallanziani, com’espongo nella spiegazione della Tavola Topografica degli Acquedotti sotto il § 26, alla Nota 17, correlativamente al Commentario Frontiniano. Questo Bottino oltrechè si vede in pianta nella suddetta figura I della Tavola XI di questo Tomo, alla lettera F, si dimostra ancora nella medesima Tavola degli Acquedotti, al numero 22, ove si vede l’andamento della porzione dell’acqua ch’ei derivava; e nella stessa Tavola degli Acquedotti se ne fa inoltre la sezione alla figura II, colla spiegazione delle di lui appartenenze inoggi parte riempiute dalle rovine, parte distrutte, e parte ingombrate da uno de' pilastri del moderno Condotto dell'Acqua Felice.
122. Avanzo del Condotto di una parte dell’Acqua Giulia nella Vigna de’ Padri Celestini. Questo, secondo il Commentario Frontiniano, prendendo parte della Giulia dal Condotto maestro; su cui camminavano, la Marcia, la Tepula e la Giulia medesima, la portava al Castro segnato col numero 230, come dimostro piu sotto alla indicazione dello stesso numero; e quindi l’acqua andava a diffondersi per il Monte Celio.
123. Avanzo, nella Villa Magnani alla Porta Maggiore, del Tempio di Minerva Medica di figura ottagonale come si dimostra nella Tavola XVI di questo Tomo, alla figura II. Vi si vedono alcuni avanzi di muri, che investendo all’intorno la di lui parte inferiore e togliendole il prospetto, ci danno a conoscere di essere posteriori alla fabbrica del Tempio.
124. Avanzo del Castello principale dell’Acque Claudia ed Anione Nuovo, sul quale inoggi è situata la casa del vignajuolo Marco Belardi. Egli rimaneva anticamente alla estremità dell’opera arcuata del suo Condotto e dietro gli Orti Pallanziani, come si dimostra nella Tavola degl’Acquedotti, e nella spiegazione della medesima, relativa al detto Commentario di Frontino. La figura I della Tavola XVII di questo Tomo ci rappresenta lo stesso avanzo nella sua semplicità. Al risarcirsi della detta casa, furon veduti in esso avanzo alcuni incavi che indicavano gli andamenti delle fistole, le quali diffondevano l’acqua per la città. Fra il medesimo ed il monumento dell’Acqua Claudia riferito nel susseguente numero 129, e precisamente nella Vigna di Francesco Belardi, fu ritrovata nello scassare una quantità di pietre di tufo e peperino, che il Ficoroni ci dà a credere, essere stati avanzi dell’antica Porta Esquilina. Ma sendo stato da me interrogato il detto Francesco Belardi sul ritrovamento di tali pietre, mi asserì (indicandomi il luogo, di dove ell’erano state tolte) che queste consistevano in sei grossi pilastri, posti in ordinata prosecuzione. Ond’ebbi tutta la ragion d’arguire, ch’ essi non avessero potuto appartenere alla supposta Porta, come indizio d’una costruzione differente, ma bensì, che dovessero indubitatamente essere avanzi del riferito Condotto che dal quì sotto indicato Monumento portasse l’Acqua al predetto Castello; molto più che il Belardi mi soggiunse, che vi rimangono tuttavia de’ medesimi pilastri da dissotterrare vicino al Castello medesimo, nel quale appariscono peranco i segni, o incavi, ove s’internavano i corsi delle pietre che componevano i pilastri del medesimo Condotto, come si dimostra nella stessa figura.
125. Avanzo nella detta Villa Magnani del Ninfeo di Settimio Severo, in cui appariscono tuttavia le fistole, ed altri forami per il passaggio dell’acqua.
126. Avanzo di una Camera sepolcrale nella medesima Villa. Rimangono peranco in esso i Colombaj per uso di diverse famiglie plebee, come meglio si spiega e si dimostra nel Tomo II alla Tavola XVI.
127. Altra Camera Sepolcrale della famiglia di Lucio Arrunzio parimente in essa Villa. Sono nelle pareti di questa camera de’ Colombaj, e nella volta de’ finissimi stucchi; il tutto dimostrato nel Tomo II dalla Tavola VII fino alla XV.
128. Avanzo di un ricettacolo di acqua, che dalla cattiva maniera della sua costruzione si riconosce essere stato fatto in tempi di gran lunga posteriori alle opere degli Acquedotti. Questo dovea forse ricevere una porzione dell'Acqua Marcia che gli passava accanto.
129. Monumento delle Acque Claudia e Anione Nuovo summentovate, disposto a guisa di Arco trionfale nell’interno delle mura urbane alla Porta Maggiore, come si dimostra nella predetta Tavola XVII di questo Tomo, alla figura II. In questo Monumento appariscono in tre vasti piani le tre seguenti iscrizioni. La prima, dinotante la grand’opera di Claudio che condusse queste Acque in due separati canali, l’uno superiore all'altro. La seconda il ristauro dell’Acquedotto fatto da Vespasiano. E la terza quella di Tito.
TIberius. CLAVDIVS. DRVSI. Filius. CAISAR. AVGVSTVS. GERMANICVS. PONTIFex. MAXIMvs
TRIBVNICIA. POTESTATE. XII. COnSvl. V. IMPERATOR. XXVII. PATER. PATRIAE
AQVAS. CLAVDIAM. EX. FONTIBVS. QVI. VOCABANTVR. CAERVLEVS. ET CVRTIVS. A. MILLIARIO. XXXXV
ITEM. ANIENEM. NOVAM. A. MILLIARIO. LXII. SVA IMPENSA. IN. VRBEM. PERDVCENDAS. CVRAVIT.
IMPerator. CAESAR. VESPASIANVS. AVGVSTvs. PONTIFex. MAXimvs, TRIBvnicia.
POTestate. II. IMPerator. VI. COnSvl. DESIGnatvs. IIII. Pater. Patriae
AQVAS. CVRTIAM. ET. CAERVLEAM. PERDVCTAS. A. DIVO. CLAVDIO
ET. POSTEA. INTERMISSAS. DILAPSASQVE
PER. ANNOS. NOVEM. SVA. IMPENSA. VRBI. RESTITVIT.
IMPerator. Titvs. CAESAR DIVI Filivs. VESPASIANVS AVGVSTVS PONTIFEX MAXIMVS. TRIBVNICia
POTESTATE. X. IMPERATOR. XVII. PATER PATRIAE. CENSOR. COnSvl. VIII.
AQVAS. CVRTIAM. ET. CAERVLEAM. PERDVCTAS. A. DIVO. CLAVDIO
ET. POSTEA. A. DIVO. VESPASIANO. PATRE. SVO. VRBI. RESTITVTAS
CVM. A. CAPITE. AQVARVM. A. SOLO. VETVSTATE. DILAPSAE. ESSENT
NOVA. FORMA. REDVCENDAS. SVA. IMPENSA. CVRAVIT.
Alcuni de moderni scrittori hanno date al detto Monumento il nome improprio di Castello d’Acqua, poichè non si vede alcun bottino per cui egli possa dirsi tale. Egli è posteriore alla costruzione dell'Acquedotto, ed è stato fabbricato da Tito in questo luogo che rimaneva sul bivio delle Strade Labicana e Prenestina, come si dimostra nella Tavola degl’Acquedotti, al numero 17; affine di disporvi le riferite Iscrizioni, verificandosi con ciò il costume degl’antichi di render magnifico il prospetto degl’Acquedotti sulle vie pubbliche. Si è però molto debilitato per il traforo fatto sotto il pontificato di Sisto V nella grossezza de’ di lui archi dalla inavvertenza dell’architetto per farvi passare il moderno Condotto dell’Acqua Felice.
130. Archi Neroniani, i quali prendevano parte dell’Acqua Claudia, e terminavano al Tempio di Claudio sul Monte Celio, diffondendola sullo stesso Monte, e nel Ninfeo di Nerone, come pure sul Palatino, e sull’Aventino, per via di una successiva prosecuzione di archi, come dimostro nella Tavola degl’Acquedotti coerentemente al Commentario Frontiniano. La congiunzione de’ predetti archi al Condotto della Claudia si dimostra in pianta nella predetta figura II della Tavola XVII di questo Tomo, alla lettera E.
131. Avanzi della Piscina, o sia Tepidario delle Terme di Sant’ Elena nella Villa Conti, ove apparisce la seguente tronca iscrizione:
Domina. Nostra. HELENA . VENerabilis …..AVGugusti. MATer.
AVIA . RATIS …........
THERMA ….... SI..........
Per altro si vede dalla mala connessione de’ frantumi di tale Iscrizione , ch’ella è stata riportata sul muro ove apparisce.
132. Avanzi nella stessa Villa delle fabbriche degli antichi Orti Torquaziani, segnati nella Tavola degli Acquedotti al numero 2, secondo la relazione di Frontino.
133. Archi del surriferito Condotto delle Acque Claudia e Anione Nuovo nella vigna de’ Padri di Santa Croce in Gerusalemme, accanto alle mura urbane, come si dimostra nella predetta Tavola degl’Acquedotti. Inferiormente a questo numero rimane un bottino con delle fistole, il quale dovea servire per difusione dell’Acqua in servizio de’ privati, come narra lo stesso Frontino.
134. Avanzo del Tempio della Speranza Vecchia nella medesima Vigna, segnato nella Tavola degl’Acquedotti in coerenza al Commentario Frontiniano, e dimostrato nella Tavola XVII di questo Tomo, alla figura I.
135. Avanzi del Sessorio, ove solea trattenersi ed adagiarsi il popolo prima di adunarsi agli spettacoli del vicino Anfiteatro Castrense. Sulle rovine dello stesso Sessorio è stato fabbricato il Chiostro de’ medesimi Padri di Santa Croce.
136. Avanzo del detto Anfiteatro Castrense già riferito al numero 15.
137. Avanzi delle Terme Severiane nella Vigna delle Monache de’ SSantissimi Domenico, e Sisto.
138. Rovine di Camere Sepolcrali di famiglie plebee nella Vigna Passerini.
139. Avanzi di altre Camere Sepolcrali per la strada che conduce alla Porta Latina.
140. Avanzi di altre Camere simili per la strada che conduce alla Porta San Sebastiano, e confinanti colla Vigna Moroni.
141. Avanzi sepolcrali nella Vigna Casali. Nello scassar questa Vigna furono ritrovati e demoliti molti sepolcri, fra’ quali una Camera magnifica da me ritratta nella predetta Tavola XVIII, alla figura II.
142. Monumento del Condotto arcuato Antoniano, il quale rimane internamente alla Porta San Sebastiano sull’antica Via Appia, a somiglianza degli altri indicati alle Porte, Maggiore, e di San Lorenzo, come dimostro nella Tavola XIX di questo Tomo, alla figura I. Il Condotto prendeva l’acqua del Fonte Antoniniano aggiunto alla Marcia da Caracalla, come si raccoglie dalla di lei iscrizione alla detta Porta di San Lorenzo, riferita sotto l’antecedente numero 23. Il di lui andamento si vede delineato e destinato nella Tavola degl’ Acquedotti. Il Monumento poi di cui ora si tratta, è composto di spoglie di altri edifizj, ed è rimaso imperfetto in alcuni de’ suoi ornamenti. I moderni scrittori lo suppongono per l’Arco di Druso, ma non lo avrebbono supposto tale, qualora avessero osservato nommeno lo speco del Condotto che tuttavia si vede sullo stesso Monumento, quanto l’andamento del Condotto medesimo nel residuo che rimane sull’angolo esterno delle mura urbane, notato parimente col numero 142, e nel susseguente residuo dentro le mura, notato col numero 145, i quali ne additano la prosecuzione correspettiva. Ed in fatti Niccolò Baglioni Vignajuolo della Casa Casali, nello scasso della vigna ha fatti vedere e tolti via i pilastri degli archi della detta prosecuzione, de’ quali dice rimanere tuttavia gran parte da rimuovere.
143. Avanzi, nella stessa vigna accanto la Porta San Sebastiano, del Colombajo che si dimostra nella Tavola LV, e LVI del Tomo II.
l44. Muri sepolcrali nella Vigna Albanesi. Dalla Vigna del Collegio Clementino sino alla detta Porta furon fatti in varj tempi parecchj scassati, ne’ quali si rinvennero degli avanzi di Mausolei, di Camere sepolcrali, e di vie selciate.
145. Avanzi soprindicati del Condotto Antoniniano, il quale portava l’acqua alla Piscina, o fosse tepidario delle Terme di Caracalla. La figura II dell’anzidetta Tavola XIX di questo Tomo dimostra l’ufizio dello stesso Condotto nelle medesime Terme, come anco la forma del tepidario: il tutto da me ritratto mediante gli scavi fatti da Jacopo Frattoni vignajuolo antecedente all’odierno, detto il Lanajo.
146. Avanzi d’ un Colombajo sepolcrale, che ora serve di tinello nella Vigna Cavalieri.
147. Monte Testaccio chiamato da Vittore Doliolo, consistente in un grande ammasso di frantumi di soli testacei; perlochè ha dato soggetto ai moderni Scrittori di quistionar molto sulla di lui costruzione, ed origine. Ma per venirne in certa cognizione, giova l’osservare dalle reliquie delle antiche fabbriche il diverso uso che si faceva di alcuni minuti materiali nella loro costruzione. Le scaglie di pietra un poco grosse si ravvisano in tutt’ i muri di opera incerta. Quelle più picciole, comeppure i frantumi de’ testacei si vedono nei lastrici di tutt’ i piani degli edifizj, di tutti gli spechi degli aquedotti, e talvolta ancora de' tetti delle fabbriche pubbliche, composti nella maniera dimostrata nella Tavola XLVIII del Tomo IV alle lettere N, O, P, Q, Cosicchè si deve credere senza dubbio, che il Monte o sia l’ammasso di cui si tratta fosse fatto di proposito dalle figuline, che furono trasportate ivi vicino sin da’ tempi di Tarquinio Prisco in occasione della fabbrica del Circo Massimo, affine di servirsi de’ detti testacei ne’ riferiti lastrici. Nè parrà inverisimile che un’ammasso così portentoso di testacei che ha meritato il nome di monte fosse stato fatto apposta per il fine da me suggerito, qualora si rifletterà non solo ai lastrici delle innumerabili opere che accadevano di farsi, o di risarcirsi frequentemente nella Città, ma a un solo edifizio che, a similitudine della Casa Neroniana, de' Bagni di Caracalla e di Diocleziano, dell'Anfiteatro Flavio, e di tante altre superbe opere; il lusso avesse ispirato agli antichi Cesari e Magnati di fabbricare; ove sarebbe rimaso poco men che assorbito lo stesso Monte.
148. Avanzo, nella Vigna Cesarini, de’ muri del circondario del Portico fabbricato da Marco Aurelio Lepido, e P. Emilio Paolo sull’Emporio alla ripa del Tevere. Questo avanzo si dimostra in prospettiva nella Tavola XX di questo Tomo alla figura I, e si dà in pianta alla Tavola XVII del Tomo IV. La composizione de’ detti muri nell’esterno è triviale, cioè di tufi composti a guisa di cunei con lati disuguali a similitudine de’ selci delle vie antiche. Fra questo numero, ed il 149 susseguente, vicino alla ripa del Tevere, furono negli anni scorsi fatti gli scavi, ove si rinvennero parimente degli avanzi de’ muri di alcune fabbriche che doveano esser botteghe di antichi Scultori, per esservisi ritrovati molti ferri del loro mestiere, degli abozzi marmorei di statue, ed altri marmi.
149. Avanzi de’ Magazzini dell’Emporio predetto, nelle Vigne dirimpetto alle falde dell’Aventino.
150. Avanzi di una Pila del Ponte Sublicio, rifabbricato già da Emilio, e ristorato dai Cesari. Questi rimangono alla riva del Tevere incontro la Ripa-grande.
151. Altro avanzo del detto Ponte sulla Ripa-grande, ove si vedono nelle decrescenze del fiume de’ pezzi di peperini, travertini, e tufi della pila opposta alla predetta.
152. Massi precipitati, nel Tevere dal Colle Aventino, su de’ quali fu fabbricato ne’ tempi bassi un ponticello per commodo della navigazione.
153. Altri massi precipitati, come sopra, su de’ quali furono fatte delle fabbriche ne’ tempi bassi.
154. Ponte Rotto dimostrato nella predetta Tavola XX di questo Tomo alla figura II. Egli fu fabbricato da Gregorio XIII su le rovine dell'antico Ponte Senatorio o Palatino. Le pile dell’antico furono fatto dal Censore Marco Fulvio, e gli archi dai Censori Scipione Affricano, e Lucio Mummio; uno de’ quali archi, cioè il primo dalla ripa del Trastevere rimane peranco in essere, come anche una porzione delle antiche pile sulla ripa opposta.
155. Piccola Sanza typo: Stanza, ovvero Sudatorio attenente alla casa di Santa Cecilia. Vi si vedono de’ tufi nelle pareti, e de’ fornelli sotto il lastrico, per mezzo de’ quali si riscaldava il Sudatorio; a similitudine di quei delle Terme di Caracalla, dimostrati alla figura II. della Tavola XIX di questo Tomo alle lettere L, M, N, O, e P. Vi rimane anco un coperchio di bronzo che anticamente copriva il Lacoonio dell’acqua bollente.
156. Avanzi, lateralmente al casino della Villa Spada, dell’Emissario dell’Acqua Alsietina, la memoria del quale si legge in una moderna lapide collocata sul prospetto del casino medesimo in occasione che per dar luogo alla moderna fabbrica fu devastate lo stesso Emissario. Questo corrispondeva alla Naumachia la quale fu fabbricata da Cesare Augusto nel Trastevere (come diffusamente io riferisco nel compendio del Commentario Frontiniano dopo la già indicata Tavola degli Aquedotti) e della quale peranco rimangono le vestigia nella Vigna delle Monache di Santa Caterina da Siena sottoposte alla detta Villa, come si ravvisa nella presente Topografia generale. Negli scassati che presentemente si fanno in essa Vigna se ne rinvengono de’ piccioli avanzi di opera reticolata.
157. Avanzi sotto la Cappella di Sant’ Antonio di Padoa, delle sostruzioni della Rocca Janiculense, fortificata e racchiusa dentro di Roma da Anco Marcio col di lei più antico circondario notato nella presente Topografia generale colla lettera A coerentemente alle relazioni di Tito Livio nel 1, e di Dionigi d’Alicarnasso nel 3. In questi avanzi si ravvisa peranco parte dell'opera reticolata: maniera di costruire che da ciò si deduce essere stata antichissima.
158. Ponte Ferrato, fabbricato da Valentiniano, Valente, e Graziano. Questo si dimostra nel Tomo IV dalla Tavola XXI sino alla XXIV.
l59. Estremità dell’isola Tiberina, ove appariscono gli avanzi di una porzione di Nave di Travertini costruitavi anticamente in memoria della favolosa Nave che trasportò ivi il Serpente d’Esculapio da Epidauro. Alla stessa estremità sono aderenti gli avanzi del Tempio della detta deità. Le memorie antiche che inoggi restano in quest’Isola si dimostrano nelle Tavole XIV e XV del Tomo IV.
160. Si nota la separazione in due parti dell’Isola Tiberina, cagionata ne’ tempi bassi dall’escrescenze del Tevere.
161. Alla estremità di questa isoletta, separata come sopra, si ravvisano gli avanzi delle antiche sostruzioni dell’isola Tiberina, sulle quali era collocata la casa de’ tre fratelli Anicj; comeppure gli avanzi di un riparo fatto ne’ tempi bassi alle ulteriori devastazioni dell'isola, e costruito di macigni, travertini, e tufi tolti dalle accennate sostruzioni.
162. Ponte de’ Quattro-Capi, detto anticamente Fabrizio, perchè fu fabbricato nella decadenza della Repubblica da Lucio Fabrizio Curatore delle Vie. Fu poi fortificato di novi barbacani dai Consoli Marco Lollio, e Quinto Lepido sotto l’Imperio d’Augusto, come dimostro nel Tomo IV dalla Tavola XVI alla XX. Orchè abbiamo terminato il giro fra l’odierno circuito delle mura urbane, ed il Circondario anteriore ad Aureliano, notato co’ punti, e indicato colla lettera A; proseguiremo le perquisizioni de’ Monumenti antichi entrando per la Porta Carmentale, colla consecutiva scorta de’ numeri.
163. Picciolo avanzo di case plebee vicino la ripa del Tevere.
164. Casa di Niccolò di Lorenzo, chiamato volgarmente Cola di Rienzo, fabbricata nel Secolo XIV con gentilissime spoglie di edifizj antichi, e dimostrata nella Tavola XXI di questo Tomo alla figura I. Ella, per la bizzaria della sua costruzione, e per l’unione bene accordata delle dette Spoglie, fu la maraviglia de’ suoi tempi come accennano le seguenti iscrizioni. Da lei presero motivo gli Architetti del Secolo XVI di concepir nuove idee ne’ soprornati delle colonne, ed è visitata dagli Studiosi per una plausibile curiosità: lo che mi ha mosso ad annoverarla fralle antichità, e a ritrarne il prospetto. Nella cornice rovesciata della di lei porta, contrassegnata nella detta figura colla lettera A si legge la sottoposta iscrizione:
+ NON FVIT IGNARVS CVJVS DOMVS HEC NICOLAVS. QUOD NIL MOMENTI SIBI MVNDI GLORIA SENTIT ..
N.T.S.C.L.T.F.G.T.S.
VERVM QUOD FECIT HANC NON TAM VANA COEGIT GLORIA QVAM ROME VETEREM RENOVARE DECOREM. IN DOMIBVS PVLCRIS MEMORES ESTOTE SEPVLCRIS. CONFISQVE TIV NON IBI STARE DIV MORS VEHIT PENNIS NVLLI SVA VITA PERENNIS MANSIO NOSTRA BREVIS CVRSVS ET IPSE LEVIS. SI FVGIAS VENTVS SI CLAVDAS OSTIA CENTUM. LIS GOR MILLE JVBES NON. SINE MORTE CVBES SI MANEAS CASTRIS EE ME error: FERME VICINUM. ET ASTRIS. OCIVS INDE SOLET TOLLERE QVOSQVOLIBET. SVRGIT IN ASTRA DOMVS SVBLIMIS CVLMINA CVJUS PRIM. DE PRIMIS MAGNAS NICOLAVS AB IMIS EREXIT PATRVM DECUS. OB RENOVARE SVORVM. STAT PATRIS CRESCENS MATRISQVE. THEODORA NOMEN. HOC CVLMEN CLARVM CARO PIGNORE GESTA DAVIDI TRIBVIT QVI PATER EXHIBVIT.
Nell’architrave curvo di una delle finestre, contrassegnato nella medesima figura colla lettera B, si legge ADSVM ROMANIS GRANDIS HONOR POPVLI.
165. Tempio della Fortuna Virile il quale essendo arso, fu dagli Antichi, per supplire alla deformità causatagli dall'incendio, ricoperto di stucco, come si dimostra nel Tomo IV dalla Tavola XLIX alla LII. Questo Tempio è stato convertito in Chiesa di Santa Maria Egizziaca.
166. Fornice quadrilatera vicino la Chiesa di San Giorgio in Velabro, dimostrata nella Tavola XXI di questo Tomo alla figura II. Ella è una delle due fabbricate di Stertinio nel Foro Boario, ed è ornata di due ordini di nicchie, nelle quali erano i segni dorati secondo la relazione di Tito Livio nel 3 della 4 decade. Sono sul piano A della cornice delle di lei quattro basi alcuni buchi corrispondenti sotto la gola dela cornice medesima, stativi fatti o contemporaneamente alla Fornice, o almeno in tempi ne’ quali ella era rispettata, atteso l’esser eglino disposti in ugual distanza e simetria. Vi mancano fra le nicchie dell'uno e l’altro ordine le colonne e le cornici, ed è deturpata negli altri suoi ornamenti. I molti forami che viepiù la sfigurano, vi furon fatti da’ Barbari ne' tempi bassi per porne i perni di ferro e di bronzo, come ho detto altrove. Negli stessi tempi fu ridotta a uso di torre, come si vede dall’avanzo e dalla maniera de’ muri riportati sopra il second' ordine delle nicchie, i quali si notano nella figura fra le lettere B, e C.
167. Monumento antico eretto nel Foro Boario dai Cambiatori della moneta, e dai Negozianti de’ buoi, a Settimio Severo, a Marco Antonino Caracalla, ed a Giulia Madre dello stesso Antonino, come apparisce dalla seguente iscrizione.
IMP. CAES. L. SETIMIO . SEVERO . PIO . PERTINACI . AVG. ARABIC. ADIABENIC. PARTHIC. MAX. FORTISSIMO . FELICISSIMO. PONTIF. MAX. TRIB. POTEST. XII. IMP. XI COS. III. PATRI . PATRIAE . ET. IMP. CAES. M. AVRELIO . ANTONINO . PIO . FELICI. AVG. TRIB. POTEST. VII. COS. III. P. P. PROCOS.FORTISSIMO. FELICISSIMOQVE . PRINCIPI . ET. IVLIAE . AVG. MATRI . AVG. N. ET . CASTRORVM . ET . SENATVS . ET . PATRIAE . ET . IMP. CAES. M. AVRELII.
ANTONINI . PII . FELICIS . AVG. PARTHICI . MAXIMI . BRITANNICI . MAXIMI.ARGENTARII . ET. NEGOTIANTES . BOARII . HVIVS LOCI QVI INVEHENT. DEVOTI . NVMINI . EORVM
Questo monumento è situato vicino alla summentovata Fornice, come si dimostra nella predetta figura II della Tavola XXI di questo Tomo alla lettera E.
168. Porzione della Cloaca Massima scoperta e quasi riempiuta dal dirupamento del piano di Roma ov'è la cartiera, vicino alla detta Chiesa di San Giorgio. Entrano in questa parte della Cloaca due acque provegnenti dal Palatino: L'una che sorge quasi appiè del detto dirupamento, e che si vede nelle decrescenze del Tevere; allorchè la Cloaca non la soverchia ricevendo il rigurgito delle di lui acque: l’altra condottata per uso della cartiera in rivo sottoraneo da me fatto visitare da un garzone della cartiera medesima, il quale mi ha riferito, che internatovisi per lungo tratto l’ha ritrovata procedere dalla parte verso la Chiesa di Sant’ Anastasia, sin dove gli è stato facile l’avanzarsi per il largo transito di molte stanze sotterranee per le quali passa la dett’acqua; cosicchè queste procedono dal Palatino secondo la naturale produzione che ne fanno i monti, e gli altri colli di Roma; e queste sono di quelle acque, di cui al riferire di Frontino si servirono i Romani, oltre quelle de’ pozzi e del Tevere, per lo spazio di 441 anni dall’edificazione di Roma, allorchè non aveano le condottate da luoghi lontani, come riferisco contestualmente al Commentario dello stesso Scrittore nella spiegazione della Tavola degli Aquedotti al § 5. Mi sia lecito pertanto di riprendere la supposizione de' moderni Scrittori, che queste due sorgenti provvenissero dai laghi di Giuturna e spezialmente di Curzio, non solo colla predetta indicazione della loro origine, ma col testimonio di Ovidio nel VI de’ Fasti, ove dice:
Haec ubi nunc Fora sunt, udae tenuere paludes;
Amne redundatis fossa madebat aquis
Curtius ille lacus, siccas qui sustinet aras.
Nunc solida est tellus, sed lacus ante fuit.
Dalche si deduce chiaramente, che siccome il Foro Romano era dapprincipio inondato dal Tevere, il laco di Curzio ch’era nel Foro fosse formato dalla stess’alluvione, la quale sendo dipoi stata ripressa, venisse anche a cessare il lago, e che cessato questo non vi rimanessero vene di acqua provegnenti da una cosa la quale non era più in essere.
169. Tempio di Cibele di forma rotonda nel Foro Boario, inoggi Chiesa detta di Santa Maria del Sole. La figura I della Tavola XXII di questo Tomo ce n’esibisce le antiche semplici vestigia, così disegnate di proposito per dimostrarne la Cella. Quindi si vede esser questa circondata da un Portico di colonne co’ loro capitelli, mancante ora dell’architrave, e di tutti gli ornamenti che lo rendevano compiuto; e si vedono nelle quattro facce de’ medesimi capitelli invece delle rose le pine, le quali erano il distintivo della Dea.
170. Sbocco nel Tevere della mentovata Cloaca Massima, la quale secondo Tito Livio serviva di ricettacolo a tutti gli spurgi della Città. Essa incominciando dall’Arco di Settimio Severo segnato nella Topografia col numero 270 si protraea per via sotterranea a seconda de’ punti distinti dai numero 281, 282, 168, 169, e 170, ov'è il predetto suo sbocco. Fu fabbricata sotto il Regno di Tarquinio Superbo, e guarnita di tre raddopj di archi; dal quale fu anche fortificata in questa parte la ripa del Tevere con più corsi di grossi peperini, come si dimostra nell’anzidetta Tavola XXIII di questo Tomo alla figura II, e detta perciò “pulchrum litus.” Colla quale opera, unita a quella del Circo Massimo fatta dallo stesso Tarquinio, dice Tito Livio, che appena erano paragonabili le magnificenze fatte in progresso di tempo dai Romani. Lochè servirà di objezione ad alcuni de’ moderni Scrittori, i quali hanno defraudata ai Romani di’ primi tempi la gloria nella maestà delle opere.
171 e 172. Due altre Cloache minori, fabbricate dai Censori Marco Catone e Valerio Flacco. La prima inoggi resta inutile, e la seconda tramanda nel Tevere l’Acqua Crabra o sia Marana indicata al numero 11, la quale si vede passare lungo il Circo Massimo, ed internarsi nella stessa Cloaca al numero 311 per direzione datale dai Moderni.
173. Avanzo del Sacrario di Saturno composto di grossi macigni, peperini, e travertini. Questo rimane dentro i molini incontro la Basilica di Santa Maria in Cosmedin.
174. Colonne di marmo striate avanzate dal Portico che circondava la Cella del Tempio della Fortuna e di Matuta. Parte sono internate nell'interiori delle pareti della detta Basilica.
175. Avanzi delle Saline antiche i quali inoggi servono di magazzino di legname verso la strada di Marmorata, e precisamente dirimpetto all' odierno spaccio del sale. Questi si dimostrano nella Tavola XXIII di questo Tomo alla figura I colla lettera A.
176. Prosecuzione degli avanzi delle medesime Saline sulla ripa del Tevere sotto il Priorato. Del 1749 quivi vicino, e precisamente nel luogo notato colla lettera B nella stessa figura, si vedeva lo speco dell’antico Condotto dell’Acqua Appia, il quale terminava appiè del Clivo di Publicio nel luogo detto le Saline vicino alla Porta Trigemina, come si dimostra nella Tavola degli Aquedotti, e ai §§ 6, e 19 della di lei spiegazione relativa al Commentario Frontiniano ivi da me compendiato. Nello stesso anno Monsignor Casoni allora Presidente delle strade, per raccoglier l’acqua ch’ esce da questo speco e che proviene dalle gocce che vi cadono dentro le viscere dell’Aventino, ne fece riformar l’orificio, e ridurlo in forma di picciola fontana, come si dimostra parimente nella detta figura I della stessa Tavola XXIII di questo Tomo alla lettera C.
177. Muraglione con barbacani, il quale reggeva le falde dell’Aventino superiormente al Clivo di Publicio, come si dimostra nella stessa figura alle lettere D, ed E.
178. Avanzi delle sostruzioni del Tempio di Giunone Regina, parte delle quali ora sostengono i muri della Chiesa di Santa Sabina. Questo Tempio era anticamente famoso nell’Aventino, ed avea la Cella circondata da un maestoso Portico, le di cui colonne ora sostengono gli architravi della navata della medesima Chiesa.
179. Linee della circonferenza del Circo Massimo, la di cui traccia apparisce negli orti della contrada detta de’ Cerchj.
180. Avanzo circolare de’ cunei, i quali reggevano i sedili di marmo del medesimo Circo. Questo rimane sulla strada de’ Cerchj confinante col muro dell’orto di Santa Caterina da Siena, e precisamente dirimpetto ai molini.
181. Altro avanzo circolare de’ detti cunei opposto al predetto. E questo rimane nella vigna dietro agli stessi molini.
182. Altro avanzo de’ cunei laterali del mentovato Circo.
183. Avanzo di muro antico fra le vigne Cavalletti, e Coridori, fabbricato per sostener la strada interposta al Circo e alle falde dell’Aventino.
184. Avanzi, o sia termine, nella vigna Cavalletti, degli Archi che tramandavano porzione dell’Aqua Claudia sull’Aventino, derivata dal suo condotto medianti gli Archi Neroniani, come si legge nel summentovato Commentario Frontiniano, e come riferisco nella nota 21 della spiegazione della Tavola degli Aquedotti, nella quale si vede dilineato l’antico andamento di questi Archi ai numeri 33, 34, 35, 36 e 37. Gli stessi avanzi, e insieme colle relique del Castello della dett’Acqua (dietro al quale restano anco gli avanzi de’ Bagni privati di Trajano) si dimostrano nella suddetta Tavola XXIII alla figura II colle lettere A, B, e C.
185. Avanzi de muri del grande Atrio della Libertà, ornati di nicchie. Questi rimangono nella vigna incontro la Chiesa di Santa Prisca.
186. Avanzi delle Terme di Decio nella medesima vigna.
187. Altri avanzi delle stesse Terme nelle vigne confinanti colla medesima.
188. Avanzi di uno de’ Bagni venali consistente in quattro stanze. Questi restano nella vigna Maccarani sul confine della predetta Vigna.
189. Avanzi in essa vigna Maccarani di sostruzioni corroborate da barbacani, le quali agevolavano da questa parte la salita o sia clivo dell’Aventino.
190. Avanzi di altre sostruzioni alle falde del medesimo monte, le quali erano investite di tufi, e sostenevano uno de’ Templi di Ercole. Questi rimangono accanto all’avanzo di un bastione moderno nella vigna Colonna, la quale è incontro alla predetta Maccarani.
191. Avanzi di muri che dai moderni si pretendono essere appartenenti al Tempio di Diana, ma sendo stati da me esaminati gli ho riconosciuti per opera de’ tempi bassi. In mezzo di questi rimane la Chiesa di Santa Sàbba.
192. Avanzi nella vigna Cerruti del Mutatorio di Cesare delineato nel frammento 46 dell'Icnografia antica riportato attorno alla presente Topografia generale, descritto nel rispettivo Indice allo stesso numero.
193. Avanzo del Tempio della Buana Dea Subsaxana, nella vigna Boccapaduli, incontro l’alberto typo: albergo?, oltre il Circo Massimo.
194. Piccioli avanzi di un’altro de’ Bagni venali, alle falde dell’Aventino nell'orto detto del Carciofolo.
195. Avanzi di muro fabbricato da Caracalla con barbacani architettati e nicchioni per sostegno delle falde dell’Aventino, alle quali erano sottoposte le Terme dello stesso Imperadore. Questi si vedono nella vigna del Reverendissimo Capitolo di San Pietro in Vaticano, detta del Lanajo.
196. Avanzi de’ muri della Piscina attenente alle stesse Terme, e situata al primo piano di esse, come si dimostra nella Tavola LX di questo Tomo. Questi avanzi restano nel predetto orto del Carciofolo.
197. Avanzi nello stess’orto di una tribuna la quale facea testa ai Portici di Alessandro Severo.
198. Terme predette di Antonino Caracalla, la pianta delle quali si dimostra supplita nella detta Tavola LX di questo Tomo, colla loro individua spiegazione. I loro avanzi oltrechè si veggono nella detta vigna del Lanajo, sono anche in quella del Collegio Romano, e in altre vigne circonvicine.
199. Linee di punti indicanti il primo piano delle stesse Terme, parte inoggi interrato nelle rovine. Si entra nel detto piano per la vigna del Lanajo, ed anche per l’altra del Collegio Romano. I rispettivi possidenti vanno tuttora riempiendo di terra questo piano per mezzo degli abbaini, affine di pareggiare il terreno de’ loro predj, e perciò pochi ora sono gli abbaini i quali rimangono scoperti, avendone io veduti di molti negli anni scorsi.
200. Avanzi, nella vigna Cornovaglia, di fabbriche intorno alle due grandi circonferenze de’ muri fatti da Nerone per investire le falde del Monte Celio sulle quali si estendeva il di lui Ninfeo.
201. Giardino de’ Signori della Missione, ov’era lo stesso Ninfeo, dimostrato in pianta nella Tavola XLI di questo Tomo.
202. Valle fatta da Domiziano coll’appianamento in figura di Circo di una parte del Monte Celio per disporvi il suo Stadio, come si dimostra nella medesima Tavola XLI al numero 11. Questa valle rimane ora occupata dalla vigna de’ detto Signori della Missione, e dalla villa Casali. Ne’ cavi fatti in questo luogo fu ritrovata porzione di una meta simile a quella de’ Cerchi, forse appartenente al mentovato Stadio.
203. Si vede parimente nella detta vigna Cornovaglia, e si dimostra nella Tavola XXVI di questo Tomo alla figura I, la prosecuzione da un’altra banda della predetta investitura del Ninfeo, la quale consiste in un muro architettato a nicchioni; e che insiememente serviva di ornamento al predetto Stadio, il quale gli rimanea sottoposte, come meglio si dimostra e si spiega nella predetta Tavola XLI di questo Tomo al numero 12. Si vede sopra ai detti muri uno speco che girava e portava l’acqua all’intorno dello stesso Ninfeo, comeppure al Palatino medianti gli archi ch’erano appoggiati agli stessi muri, l’avanzo de’ quali archi inoggi rimane soltanto per la via che dall’Arco di Costantino conduce alla Chiesa di San Gregorio come riferisco al susseguente numero 300.
204. Avanzo de’ pilastri delle fornici che sostenevano, l’atrio e le cordonate del medesimo Ninfeo.
205. Avanzo del serraglio di una parte delle fiere per uso dell’Anfiteatro Flavio. Questo avanzo si dimostra in tutte le sue parti nel Tomo IV dalla Tavola LIII alla LVI. Esso fu fabbricato da Domiziano con due ordini di archi. L’ordine inferiore è del tutto ricoperto dal moderno rialzamento del piano di Roma. Ne’ cavi da me fattivi fare negli anni scorsi, viddi, che non v’è alcuna comunicazione di porte da un arco all’altro; che i muri degli archi dalla parte interna s’appoggiano al terren vergine del monte investito di parete e scavato per le grotte delle suddette fiere. Gli archi dell’ordine superiore mostrano nella grossezza del muro i segni di essere stati chiusi da pareti le quali forse avranno avuto le loro finestre barrate da ferri per ricettacolo de’ volatili, o di altre spezie di bestie. E qui poi sono le communicazioni da un arco all’altro per mezzo di porticelle con architravi di grossi travertini, ne’ quali come anco negli stipiti delle dette porticelle non si ravvisa il menomo segno de’ perni che avessero dovuto regger gli usci di legno o di ferro; onde si debbe supporre, che questo fosse un serraglio di bestie o di volatili sociabili.
206. Chiesa de’ SSanti Giovanni e Paolo fabbricata ne’ tempi bassi sulle rovine della loro casa, di cui si sono scoperti ultimamente gli avanzi mediante uno scavo di cento palmi dal piano moderno della Chiesa sino al piano antico di Roma. Gli archetti che rimangono a uno de’ fianchi della stessa Chiesa, non solo per la loro mala costruzione, ma anco per esser fondati su ‘l rialzamento del predetto piano antico, dimostrano di esser parimente stati fatti ne’ tempi bassi per corroborazione e appoggio della medesima come fondata sulla istabilità del detto rialzamento.
207. Avanzi della casa di Scauro al lato della detta Chiesa.
208. Avanzi sul clivo di Scauro della casa dell’antichissima famiglia Anicia, dalla quale discese San Gregorio Magno. Questi rimangono nella vigna de’ PPadri Camandolesi.
209. Avanzo, e termine degli Archi Neroniani soprindicati al numero 130. Questo avanzo resta nella vigna de’ Signori della Missione, ove si vedono parte delle fistole, per le quali, al dir di Frontino si diffondeva l’acqua per il Monte Celio, come si dimostra nella Tavola XXIV di questo Tomo alla figura II, e come si spiega nella Tavola degli Aquedotti al numero 38.
210. Fornice presso la Chiesa di San Tommaso in Formis fabbricata di Travertini dai Consoli Publius Cornelio Dolabella, e Caius Giunio Sacerdote di Marte, come apparisce dalla presente iscrizione che si legge:
Publius. CORNELIUS . P. F. DOLABELLA
Caius. JUNIUS C. F. SILANUS . FLAMEN . MARTIALis
COnSules
EX . Senatus. Consulto
FACIENDVM . CVRAVERVNT . IDEMQVE . PROBAVERUNT.
Questa serviva d’ingresso nel Campo Celimontano, ove si celebravano l’Equirie di Marte qualora l’escrescenze del Tevere indicavano il Campo Marzio, Nerone fece ricorrer sopr’a questa Fornice la predetta sua arcuazione, come si dimostra nella Tavola XXV di questo Tomo alla figura I.
211. Altro avanzo degli Archi Neroniani, dimostrato parimente nella detta figura I della Tavola XXV, ed in cui appariscono le lettere riportate nella summentovata Tavola XLI di questo Tomo alla figura II. Accanto a questo avanzo se ne vede un’ altro appartenente agli antichi alloggiamenti de’ Pellegrini, e su di cui fu eretta ne’ tempi bassi una fabbrica alla saracinesca.
212. Altri avanzi degli Archi Neroniani, che andavano lungo il Campo Celimontano, e ne’ quali appariscono de’ ristauri fatti in diversi tempi. Dalla parte per dove s’entra nel cortile della Chiesa di Santo Stefano Rotondo, fra un’arco e l’altro rimane un bottino coll’apertura dello speco che gli dava l’acqua. Queste parimente era uno de’ castelli, i quali, come ho detto di sopra, prendendo parte dell’acqua degli Archi Neroniani la diffondevano per il Celio.
213. Seguono gli avanzi de’ medesimi Archi tra le ville Casali, e Salviati.
214. Tempio di Santo Stefano di forma circolare, come si vede nella predetta Tavola XXV di questo Tomo alla figura II, la quale ne dimostra l’interno, comeppure nella succennata Tavola LXI di questo stesso Tomo al numero 27, la quale dimostra la pianta della di lui primiera forma in cui fu edificato dal Pontefice San Simplicio l'anno di nostra salute 467, mutata poscia dal Pontefice Niccolò V col demolire il tetto e parte delle parete che circondavano le colonne del di lui portico, e col fabbricare fra gl’ intercolonnj il muro dell’odierna circonferenza esteriore. Tali colonne sendo disuguali nella grandezza, e abbellite di diversi ornamenti, dimostrano di essere spoglie di antichi edifizj. Posano su i di loro capitelli de travertini, in due facce di alcuni de’ quali è scolpito il segno della Croce. L’altra circonferenza, che sostiene i muri primieri dell’interno del Tempio, è composta di colonne di maggior grandezza, le quali posano sopra basi tolte parimente da altri edifizj antichi. I capitelli e l’architrave sono di una maniera molto grossa, e fatti contemporaneamente alla fabbrica del Tempio. I muri non son composti col buon’ ordine costumato dagli Antichi, e i tegoloni che compongono gli archi delle finestre non sono della solita antica grandezza. Ma nondimeno l’aspetto interno di questo Tempio ha un idea della maestà delle fabbriche de’ tempi buoni: lochè mi ha indotto a ritrarne la succennata figura.
215. Avanzi della Casa di Filippo Augusto nelle vigne di San Giovanni Laterano, Salviali, e Fonseca.
216. Avanzi de’ muri laterali del Campo ove si celebravano Equirie riferite al precedente numero 120. Questi sono nella vigna confinante colla strada de’ Santi-Quattro.
217. Avanzi delle Terme pubbliche che si suppongono essere state fabbricate da Nerone. L’aver veduto le stanze e i fornelli a uso de’ bagni ne’ cavi de’ fondamenti del Monastero de’ SSanti Pietro e Marcellino ultimamente fabbricato, mi fa credere, che questi avanzi appartenghino alle Terme indicateci da Ruffo e Vittore nella seconda Regione.
218. Avanzi della Casa di Marco Aurelio, ove fu ritrovata la di lui Statua equestre, inoggi esistente sulla piazza del Campidoglio. Questi si vedono nelle vigne di San Giovanni Laterano, Mandosi, e Gasina.
219. Avanzi, dietro al Battisterio detto di Costantino, della Casa della Famiglia Laterana, la quale occupava una gran parte della odierna Basilica di San Giovanni. Nel cavarsi i fondamenti della moderna facciata della stessa Basilica si ritrovo una parte di quei della predetta Casa, con delle stanze, de’ labri, e de’ tubi di piombo, appartenenti ai di lei bagni.
220. Battisterio predetto denominato di Costantino. Questo e fabbrica de’ tempi bassi fatta colle spoglie della detta Casa dentro la di lei antica estensione, e rimodernata da’ Sommi Pontefici.
221. Altro avanzo degli Archi Neroniani summentovati.
222. Avanzo del Ludo Gallico tra le vigne Astalli, e Falconieri.
223. Avanzo di fabbrica appartenente al Ludo Mattutino, nella vigna Altieri confinante colla Via Felice che da Santa Maria Maggiore conduce a Santa Croce in Gerusalemme.
224. Avanzi sulla medesima Via di opera incerta, appartenente alle Terme pubbliche, le quali erano contigue ai predetti Ludi Gallico e Mattutino.
225. Avanzi di opera reticulata, appartenenti alla Casa Merulana. Questi rimangono nella vigna Righini, e nel giardino Gaetani, poco distanti dalla Chiesa di San Matteo perciò detta in Merulana.
226. Avanzo circolare de’ monumenti di Mario nell’orto Altieri.
227. Altri avanzi degli stessi monumenti nella vigna della Parrocchiale di Santa Maria in Campo Carleo.
228. Avanzo della prosecuzione del Condotto di una parte dell’Acqua Giulia, accennato al numero122.
229. Avanzi nella villa Palombara delle fabbriche appartenenti al Ludo Magno.
230. Avanzo, vicino alla Chiesa di Sant’ Eusebio, del primo de’ Castelli, i quali, secondo il Commentario Frontiniano, riferito in compendio, come già dissi nella spiegazione della Topografia degli Aquedotti, ricevevano una parte dell’Acqua Giulia. Questo avanzo si dimostra nella Tavola XXVI del presente Tomo alla figura I. Un tal Castello, fra gli altri ornamenti, fu insignito de’ Trofei d’Augusto che ora si veggono sul Campidoglio, da Marco Agrippa, allorchè questi, al dire di Frontino, pluribus salientibus instruxit Urbem. Alcuni de’ moderni Scrittori lo suppongono dell’Acqua Marcia, altri della Claudia. Onde io, attesa questa discordia di pareri, per venire in chiaro della vera appartenenza di questo Castello, stimai opportune le di lui livellazioni cogli avanzi de’ due Aquedotti che dall' uno e dall’ altro partito si dicono appartenergli. Avendo perciò fatta una livellazione diligentissima dello speco del Castello controverso collo speco della Marcia, trovai quello del Castello 14 palmi più alto dell'altro, e in conseguenza riconobbi, ch’ei non poteva essere appartenuto alla Marcia Livellato poi lo stesso speco con quello della Claudia al monumento della Porta Maggiore, ed anco coll’altro degli Archi Neroniani, che anticamente ricevevano una parte della medesima Claudia, e che da Monsignore Fabretti si dicono a livello dello speco del Castello in questione, ritrovai questo speco 16 buoni palmi più basso di quello della Claudia e degli Archi Neroniani, e in conseguenza riconobbi non esser vera la di lui asserzione, e la inverisimilitudine dell’appartenenza del Castello alla Claudia, argumentando fra me, che sarebbe stata vanità da non attribuirsi agli Antichi, quella di mantenere con tanta spesa di più alla Claudia un livello di altezza così prodigiosa, come si vede al predetto di lei monumento, non già affine d'introdurla in Roma così alta, ma solamente di darle subito un declivio precipitoso, qual’è quello di 16 palmi nella breve distanza di poco più di mezzo miglio che corre dal preteso Castello al di lei monumento. Cosicchè riconosciuta la pari insussistenza delle surriferite supposizioni circa il medesimo, rivolsi l’animo a rintracciarne la vera appartenenza; e quindi avendo fatta la livellazione del di lui speco con quello de’ due avanzi dell’opera arcuata che gli son dietro, e che sono stati indicati cogli antecedenti numeri 228 e 122, la ritrovai ugualissima. Vedendo poi, che questi due avanzi mi scortavano al monumento delle Acque Marcia, Tepula, e Giulia alla Porta di San Lorenzo, proseguii la livellazione, o la trovai corrispondente, per l’appunto collo speco della Giulia. Visitai perciò lo stesso monumento per riconoscere un qualche segno della da me tosto supposta diversione della stessa Giulia verso il Castello controverso, ma viddi, che il di lei speco, servendo inoggi all’Acqua Felice proseguiva retto assieme cogli spechi inferiori della Tepula e della Marcia verso il numero 118 lungo il giardino Gentili. Feci nondimeno ulteriori ricerche, ed osservai sul lato destro del monumento l’avanzo del muro antico appoggiatogli, contrasegnato colla lettera D nella figura I della Tavola XI di questo Tomo, e che supposi tosto essere il termine della detta arcuazione provegnente dal Castello controverso, secondo il disegno della pianta data nella medesima figura alla lettera G. Ed in fatti non mi opposi male, perchè quantunque questo avanzo di muro sia inoggi rovinato nell’alto, pur riconobbi ch’ ei doveva innalzarsi sino allo speco della Giulia, dacchè, sendo stato lo stesso speco da me scoperto lateralmente nell'esterno alla dirittura del detto muro, vi riconobbi la luce, che ora è chiusa a cagione dell’Acqua Felice, e che dovea ricevere la parte dell’Acqua mentovata di sopra. V’è tra’ seguaci del Fabretti chi tiene, essere un’assurdo il dire, che un Castello così grande, qual’è quello di cui si tratta, appartenesse a una parte della Giulia; ma si risponde, che se la di lui grandezza si deduce dallo speco, questa è una frivola riflessione in paragone della verità surriferita, giacchè la grandezza dello speco essendo irregolare e maggiore nelle diramazioni dentro il Castello, come si vede dalla di lui pianta riportata nella detta figura I della Tavola XXVI, non deve servirci di norma per dedurne il recevimento o di una parte, o di tutta l’acqua. Se poi la grandezza del Castello si deduce dalla di lui mole, replico io, qual magnificenza si riconosce mai in questo avanzo, che potess’eccedere il merito di una parte dell'Acqua Giulia? Dunque ci dobbiamo maravigliare di un Castello che ci sembra troppo eccedente per una parte della Giulia? Eppure ci dovrebbemo ricordare che Frontino narra, che le porzioni delle Acque avevano anticamente più Castelli, come gli avea la presente: ecco le di lui parole: pars Juliae etc. excepta Castellis Caelii Montis diffunditur. Qual’è maggior maraviglia, domando io, un castello grande, o più castelli benchè piccioli? Certamente non farebbemo caso del mirabile avanzo di questo Castello, se avessemo veduta la magnificenza de’ Castelli antichi dell’Acque.
231. Avanzi di fabbrica de’ tempi bassi, su quali inoggi è costruito il Monastero di Santa Lucia in Selce. I moderni Scrittori dalla memoria, che Simmaco Papa edificò la vicina Chiesa di San Martino de’ Monti sulle Terme di Trajano, deducono, che i presenti avanzi spettino alle medesime; ma la mala costruzione di essi esclude il supposto. Rimangono bensì sotto la detta Chiesa alcuni pilastri con fornice appartenenti al tepidario di queste Terme, e contrassegnati nella presente Topografia generale coll’asterisco *. Si avverte però, che non sono quei che si spacciano comunemente per tali, e che restano nel primo sotterraneo, essendo questi opera parimente de’ tempi bassi, appartenente alla prima forma della Chiesa edificata dal detto Papa; ma sono bensì gli altri inferiori, che rimangono sotto gli abbaini del pavimento del medesimo primo sotterraneo, ove sono le grotte per uso de’ Padri della stessa Chiesa. Si avverte inoltre, che la spezie di colonna di granito orientale interrata nella via maestra accanto al predetto Monastero di Santa Lucia in Selce, non è altro che un pezzo di colonna alto due palmi, da me osservato in tempo delle riattazioni della medesima via.
232. Arco eretto all’Imperador Gallieno da un tal Marco Aurelio suo adulatore, come apparisce dalla seguente iscrizione la quale si legge sulle fasce del di lui architrave,
GALLIENO CLEMENTISSIMO PRINCIPI
CVJVS INVICTA VIRTVS SOLA PIETATE SVPERATA EST
M. AVRELIVS DEDICATISSIMVS NVMINI
MAJESTATIQVE EJVS
Questo rimane accanto alla Chiesa di San Vito, e si dimostra libero dagli ingombri de’ moderni edifizj nella predetta Tavola XXVI di questo Tomo alla figura II.
233. Avanzi di stanze fornicate appartenenti agli alloggiamenti de’ Miseni. Questi rimangono nella vigna Cicolini, e nel giardino Ruspoli vicino alla Chiesa de’ SSanti Pietro, e Marcellino. Dai moderni Scrittori si suppongono essere appartenenti alle Terme di Filippo Imperadore sull’indizio della seguente tronca iscrizione che si dice ritrovata nella loro vicinanza:
L. RVBRIVS GETA CVR…… P….
CCXXII….. D. N. PHILIPPI AVG.
THERM….
ma l’opera reticolata di cui son composti i muri di tali avanzi ne smentisce l’opinione, non solo perchè quest’opera era ita in disuso, come abbiam detto, fin da’ tempi di Caracalla molto anteriori a Filippo, ma anco perchè le stanze fornicate di quest’opera la enunziano de’ tempi di Cesare Augusto, ne’ quali furono costituiti i detti alloggiamenti nella III Regione, ove rimangono tali avanzi.
234. Avanzi della Piscina, o sia Tepidario delle Terme di Tito nella vigna de' PPadri di San Pietro in Vincoli. Egli è composto di due piani, il primo de’ quali è del tutto interrato dal moderno rialzamento del piano di Roma. L'altro superiore, che rimane in gran parte scoperto, e si dimostra nella Tavola XXVII di questo Tomo alla figura I, è diviso da' muri, i quali formano nove anditi ampli, che però riempiuti dalle rovine, onde ne restano scoperti sette, detti volgarmente le Sette Salle. Si vedono ne' muri di uno di questi anditi alcuni spechi, per dove l’aqua del Condotto inoggi rovinato scendeva nel Tepidario, nella guisa che abbiam detto del Tepidario delle Terme di Caracalla. La costruzione del presente edifizio era per quel che si vede di molta consistenza. I muri sono di tevolozza riempiuti di opera incerta, con fodera di grosso lastrico. È osservabile la disposizione delle porte essendo elleno fatte a bella posta alternativamente in luoghi, ove non isminuissero co’ loro vacui, e soppravvacui la robustezza de' muri i quali erano sempre investiti dalle acque. Gli anditi son ricoperti, per attestato del lusso antico, di lastrico lavorato a musaico. Tempo fa nello scassare della detta vigna entrarono i cavatori nel primo piano, e trovarono ne' di lui muri alcuni condotti e fistole, le quali inducevano l'acqua tepida ne’ bagni.
235. Avanzi della Casa di Tito nella vigna Gualtieri vicina alla predetta de' Padri di San Pietro in Vincoli. Questa Casa fu fabbricata prima delle predette Terme, perchè una di lei parte s'interna col loro primo piano, senza uguagliar gli anditi, e i muri delle medesime, come si vedrà nella sotto enunziata figura.
236. Avanzi dello Terme di Tito nelle vigne de' Canonici Regolari di San Pietro in Vincoli, Laureti, e Galtieri. Queste Terme si danno in pianta nella figura II della detta Tavola XXVII. Le linee de' punti notate sulla Topografia generale indicano gli anditi del primo piano, i quali conducevano ai bagni; lochè si vede con maggior distinzione nella elevazione del loro avanzo alla figura I della Tavola XXVIII di questo Tomo. Le presenti Terme, col Tepidario, e colla Casa di Tito surriferiti, occupavano certamente una parte degli orti di Mecenate cotanto celebri, ma sinquì incogniti presso i moderni Scrittori in riguardo alla situazione. Per tralasciare tanti e tanti documenti degli Scrittori antichi, co’ quali si conclude che il luogo occupato da queste Terme apparteneva agli Orti di Mecenate, basterà riferirne alcuni.
Svetonio nella vita di Nerone racconta che questo Imperadore domum a Palatio ESQUILIAS USQUE fecit, quam primo transitoriam, mox incendio absumptam restitutamque, auream nominavit.
E Tacito nel XV degli Annali al § 39 parlando di questo incendio, dice: Eo in tempore Nero, Antii agens, non ante in Urbem regressus est, quam domui ejus, qua Palatium, et MAECENATIS HORTOS continuaverat, ignis propinquaret, etc. Sexto demum die apud imas Esquilias finis incendio factus.
Dal detto di Svetonio si raccoglie che la Casa di Nerone si protraeva dal Palatino sino all’Esquilie, e dall’altro di Tacito, ch’ella si estendeva dal Palatino sino agli Orti di Mecenate. Dunque il dire che la Casa di Nerone si protraeva dal Palatino sino agli Orti di Mecenate, era la stessa cosa; sicchè deve vedersi per quanto tratto si estendesse la medesima Casa sull’Esquilie, affine di ritrovar gli Orti di Mecenate che l’erano aderenti. La precisione del luogo parimente si deduce dal detto di Svetonio, imperocchè dicendo egli: Esquilias usque, s'inferisce che la Casa giungeva soltanto sino all'Esquilie, non già ch'ella vi si protraesse sopra; ed infatti essendo, secondo Tacito giunto il fuoco sino appiè dell'Esquilie: apud imas Esquilias; ed avendo, secondo Svetonio consumata del tutto (come spiega la parola absumptam) la Casa transitoria di Nerone; bisogna necessariamente confessare che questa Casa si estendesse soltanto sino alla costa dell’Esquilie, imperocchè non sarebbe rimasa consumata del tutto qualora ella si fosse stesa più oltre, ove il fuoco non giunge. Ond'è ch'ella fu detta transitoria come quella che dava il passo dal Palatino all’Esquilino, occupando fra l'uno e l'altro colle lo stretto della valle indicato nella presente Topografia generale col numero 287.
Provato adunque che la Casa Neroniana si protraeva soltanto fino all'Esquilie, e precisamente sino al loro angolo il quale forma lo stretto della valle accennata, ne viene in necessaria conseguenza, che su quest' angolo confinassero gli Orti di Mecenate, e che le Terme di Tito occupassero una parte degli stessi Orti; ed ecco verificato, rispetto alle Terme il passo di Acrone, che il Nardini ha avuto il coraggio di sospettare di falsità: Antea Sepulcra erant in loco in quo sunt horti Mecenatis; ubi sunt modo Thermae.
Dimostrati piucchè ad evidenza gli Orti di Mecenate, riman superfluo il riportar qui il pregiudizio formato dai moderni Scrittori, per cui non gli han potuti sinora rinvenire. Sembra nondimeno, che mi si possino objettare gl’ indici di Ruffo e di Vittore, i quali descrivono le Terme di Tito nella Regione III, e gli Orti di Mecenate nella V; ma siccome questi Orti, secondo il riferito passo d'Acrone, occupavano il luogo de' Sepolcri i quali erano nel Campo Esquilino; così la restrizione che ne fanno Ruffo e Vittore nella Regione V, non si deve intendere di tutta l’antica loro estensione, imperocchè sendone stata occupata una gran parte sin da' tempi de' primi Cesari con iscambiovoli fabbriche, fralle quali erano le dette Terme; ed avendo questi due Autori compilati i loro Indici sulla decadenza dell' Imperio, non poterono considerare per Orti di Mecenate se non la porzione rimasane nella Regione da essi assegnata ai medesimi. Si può pertanto arguire che il Tepidario delle Terme di Tito, e la di lui Casa sopra indicati, non fossero altrimente opera dello stesso Tito, ma di Mecenate, e che pervenissero a Tito, come successore nell' Imperio ad Augusto, a cui pervennero i beni di Mecenate, giacchè questi due avanzi non corrispondono nell'odierno, nettampoco nella struttura colle Terme anzidette, che anzi queste si estendono da una parte sopra la detta Casa, come si è riferito al numero precedente, e come si è dimostrato nella loro pianta alla figura I della Tavola XXVIII di questo Tomo. Onde è supponibile, che siccome Mecenate al dire di Dione nel LV della Storia Romana πρῶτός τε κολυμβήθρα θερμού ύδατος εν τη πολει χατεσκευασε cioè: Fu il primo istitutore nella Città de' Bagni di acqua calda; avesse, per porre in uso questa sua nuova invenzione, fabbricati quivi i suoi bagni, i quali fossero poi ampliati da Tito in quella forma di cui appariscono dalle loro vestigia.
237, e 238. Avanzi della estensione della Reggia di Nerone alle falde del Convento di San Francesco di Paola, e sotto l’Arco della salita di San Pietro in Vincoli. Nel fabbricarsi il detto Convento furono ritrovati de’ bagni con alcuni labri di piombo, le loro pareti investite di vetro di varj colori, è delle lamine di metallo con altri vaghi ornamenti. Questo edifizio si dà supplito in pianta nella Tavola Icnografica del Foro Romano in ordine la XLVIII di questo Tomo al numero 49.
239. Avanzi sotto la Chiesa di San Lorenzo in Fonte de’ Bagni ch’erano aderenti alla Casa di Pompeo Magno. Questi consistono in una scala a chiocciola, e in un’andito con una picciola stanza d’opera incerta investita con opera reticolata, essendo il rimanente interrato dall'odierno rialzamento del piano di Roma.
240. Avanzi delle pareti esterne della detta Casa di Pompeo Magno parimente di opera incerta, e investite di opera reticolata. Le rovine di questa Casa formano inoggi il grande ammasso che si vede nell’Ospizio de’ Benfratelli Spagnuoli, e si estende negli orticelli circonvicini, e appie della moderna Suburra.
241. Avanzi di muri di tevolozza in un cortile di una della case della prima scesa della via che da Santa Maria Maggiore conduce a Monte Magnanapoli, e poco lungi dalla stessa Basilica. Questi appartenevano a bagni privati.
242. Fabbrica de’ tempi bassi inoggi granajo de’ Signori di Sant’ Antonio Abate. Questa viene falsamente denominata il Tempio di Diana, mentre la forma dell’Architettura, e i muri non corrispondono allo stile, e alla buona maniera de’ tempi antichi, e gli Ornamenti sono del tutto gotici. Si vedono nelle pareti alcuni frammenti di marmi d' opera tassellata ch' esprimono varie cacce, e die sono l’unico e debole indizio a supporla per Tempio di Diana.
243. Avanzi delle Terme di Novato, su i quali fu fabbricata l’odierna Chiesa di Santa Pudenziana. Altri avanzi delle medesime rimangono nelle cantine delle case convicine alla detta Chiesa, e in un giardino dirimpetto alla Chiesa del Bambin Gesù.
244. Avanzi delle Terme d’Olimpiade di opera reticolata, dietro all'orto delle Monache di San Lorenzo in Pane e Perna.
245. Altri avanzi delle stesse Terme, nel vicolo detto della Caprareccia vicino alla Chiesa di San Lorenzo in Pane e Perna.
246. Altri avanzi delle medesime i quali protraendosi disotto al muro dell’orto delle Monache di San Lorenzo in Pane e Perna attraversavano la via di Santa Maria Maggiore, e che dal Pontefice Sisto V furono sgombrati per appianamento della medesima via, vedondosene ora i residui sotto il predetto muro, e in un Lavatojo per la scesa del vicolo di Cimara incontro San Lorenzo in fonte.
247. Avanzi delle sostruzioni che investivano le falde del Colle Viminale e servivano insieme di muro al Lavacro d’Agrippina, che restava negli odierni orti dirimpetto alla Chiesa di San Vitale, ove rimangono i detti avanzi.
248. Avanzo di un picciolo Tepidario di bagni privati, composto di due piani a similitudine di quei delle Terme di Tito, e di Caracalla. Questo rimane nella cantina di una Casa alla strada del Boschetto.
249. Avanzi delle Terme Diocleziane e Massimiane, dimostrati nella Tavola XXVIII di questo Tomo alla figura II. Questi sono in gran parte occupati dalle Chiese, dai Conventi, e dagli orti de’ Padri Certosini, e di San Bernardo, dai granaj della Camera Pontifizia, e dalle case convicine alla piazza detta perciò delle Terme. La Tavola XLII di questo Tomo n’esibisco la pianta secondo l’antica loro esistenza, colle respettive indicazioni numeriche.
250. Linee indicative de’ muri del Tepidario delle medesime Terme. I di lui avanzi parte furono atterrati, e parte riempiti di terra. Questo Tepidario si comprende parimente nella predetta pianta al numero 25.
251. In questo luogo rimane sotterrata un antica via fornicata, la quale dalle dette Terme si protraeva sino al Castro Pretorio, passando sotto l’argine di Servio e Tarquinio, come si dimostra nella già detta Tavola XXXIX del presente Tomo. Ella fu scoperta ultimamente, e poi ricoperta col far gli scassati nella vigna de’ detti Padri Certosini, e ne fu trovato il principio negli orti deretani al loro Monastero, e l’estensione verso la vigna a questi vicina, che occupa il luogo del mentovato Castro. In proposito dell'Argine di Servio, e Tarquinio, che nella presente Tavola Topografica, e nell’altra degli Aquedotti si vede delineate secondo l'odierna apparenza, si debbe avertire, che questo, giusta le assertive degli antichi scrittori, e spezialmente di Strabone nel 6, della Geografia, si protraeva από της Κολλίνας πύλης μέχριτης Ησχυλίνης dalla Porta Collina sino all’Esquilina, lungo la traccia delle mura del recinto interiore, le quali furono fabbricate dall’una all’altra porta sopra il medesimo argine: καί επέβαλον τεεῖχος καί πύργους vi furono collocate sopra e le mura e le torri, Cosicchè, non potendosi ridurre in quistione che la Porta Esquilina rimanesse anticamente nel luogo indicato nelle medesime Tavole mentr’ella secondo il Commentario Frontiniano era compresa nella contrada della Speranza Vecchia che non s’impugna essere stata in quelle parti ne viene in conseguenza, che il deviamento dell’odierno argine verso i numeri 242, e 231, non appartiene ai predetti Servio e Tarquinio, ma è stato da me notato come tale in grazia soltanto dell’odierno continuo rialzamento del terreno, e della comune opinione.
252. Avanzi del Tempio di Venere Calva negli orti de’ PPadri Carmelitani di Santa Maria della Vittoria.
253. Avanzi del Ninfeo di Diocleziano i quali attraversano i giardini delle Monache di Santa Susanna e della Casa Barberini. Nel Convento de’ predetti PPadri Carmelitani scorre sotterranea un’acqua leggerissima e salubre, la quale passando pe’l giardino d’Acquasparta, pe’l Convento de’ PPadri di San Niccolò di Tolentino, e per le case prossime a Sant’Ildefonso a Capo-le-case (i respettivi possessori de’ quali fondi se ne servono per via di pozzi) prosegue il cammino per forma incognita. La Sua Maestà di Clemente XII, attesa nommeno la salubrità che la copia di quest’acqua propose d’imboccarla nel Condotto della Vergine, ma ne fu tralasciata l’impresa, perchè portava seco la rovina di tanti edifizj sotto a’ quali ella passa. V'è perciò il fondamento di credere, che questa sia l'acqua che Diocleziano fece ritrovare e ricettare in pozzo per uso del mentovato Ninfeo, come apparisce dalla seguente iscrizione raccolta dal Grutero.
IMP. DIOCLETIANVS . C. AVG. PIVS . FELIX
PLVRIMIS . OPERIBVS . IN . COLLE . HOC . EXCAVATO . SAXO
QVAESITAM . AQVAM . IVGI . PROFLVVIO . EX . TOFO . HIC
SCATENTEM . INVENIT . MAR . SALVBREM . TIBER
LEVIOREM . CVRANDIS . AEGRITVDINIBVS . STATERA . IVDICAT
EIVS . RECEPTVI . PVTEVM . AD . PROX. TRICLIN. VSVM
IN . HOC . SPHAERISTERIO . VBI . ET . IMPERAT
NYMPHAEVM . FACENDUM. CURAVIT
254. Avanzi della Casa di Domiziano e di Sabino Vespasiano, parimente nel giardino Barberino.
255. Avanzi del Tempio di Cerere negli orti fra le Chiese di Sant’ Andrea a Monte Cavallo e di San Vitale.
256. Avanzi delle Terme di Costantino nel giardino Rospigliosi. Ne’ tempi scorsi fondandosi un muro del Palazzo di questa Famiglia, furono ritrovate alcune stanze adorne di stucchi, pitture, e grotteschi.
257. Avanzi de’ Bagni di Claudio nel giardino del Palazzo Panfilj a Monte Magnanapoli. Questi avanzi attraversando per l’odierna Via di Santa Maria Maggiore, si protraggono sin sotto il Monastero de’ SSanti Domenico e Sisto.
258. Torre delle Milizie, attribuita falsamente a Trajano, essendo ella opera de’ tempi bassi fatta dai Conti Tusculani, o sia degli Antenati della Casa Conti. Ella rimane nel Monastero di Santa Caterina da Siena fra gli avanzi del Foro di Trajano.
259. Avanzi del medesimo Foro, oggi sottorranei, e sostenenti una parte del Monte Magnanapoli.
260 e 261. Avanzi della fabbrica circolare o calcidica dello stesso Foro, i quali si dimostrano nella Tavola XXVIII di questo Tomo alla figura I. Ella è di tre ordini il primo de’ quali è interrato nelle rovine. Nella Tavola Icnografica del Foro Romano XLIII di questo medesimo Tomo, se ne dà la pianta secondo la sua antica esistenza dal numero188 sino al 210, e vi si vede supplita l’altra calcidica corrispondente. L’estensione circolare de’ detti avanzi rimane nella casa di ritiro delle Vedove, in altre case convicine a Santa Maria in Campo Carleo, nel Palazzo Ceva, e nel Convento di Santa Caterina da Siena. Alcuni de’ moderni Scrittori suppongono, che questa estensione appartenesse ai Bagni di Paolo da loro cognominato Emilio. Ma s’eglino avessero osservato la forma emiciclica della detta fabbrica, e la di lei continuazione nelle cantine delle predette case sino a Santa Maria in Campo Carleo nella guisa ch'io dimostro colla tinta più nera nella mentovata Icnografia del Foro Romano, e se avessero avuto riflesso alla iscrizione, che rapporte al seguente numero 263, posta nel piedistallo alla Colonna Trajana, dove si legge l’appianamento fatto appunto per dar luogo alla vastità del Foro Trajanense, attorniato in questo lato dal medesimo emiciclo; certamente essi non avrebbono dato nel doppio assurdo di riferir questa fabbrica al loro supposto Paolo Emilio, e di crederla spettante ai di lui Bagni, quando i di lei avanzi la dimostrano opera affatto differente dalle maniere de’ bagni. Oltredichè fralle memorie delle Antichità non si trovano menzionati veruni Bagni di Paolo Emilio, bensì semplicemente di Paolo, che Ruffo e Vittore ci riferiscono essere stati, non già nella Regione VIII, ov’è la fabbrica in questione, ma nella VI.
262. Colonna Trajana innalzata dal Senato e dal Popolo in onore dell’Imperador Trajano per la vittoria da esso riportata nella guerra Dacica ed in cui furon riposte le di lui ceneri. Questa si dimostra nella detta Tavola XXIX del presente Tomo alla figura II, ed è un de’ più antichi monumenti che siano rimasi interi fralle opere maravigliose degli antichi Romani. Sembra essere striata e ricoperta poi dalla cima al fondo dal rivolgimento d’una fascia che la rende coclide, ed ove sono effigiate in bassirilievi eccellentissimi le gesta del medesimo Cesare nella guerra predetta. Ha interiormente una scala a chiocciola, per cui si ascende alla di lei cima, ove inoggi è la statua enea di San Pietro collocatavi dal Pontefice Sisto V, il quale fece sgombrare all’intorno della stessa Colonna il rialzamento del moderno piano di Roma, che ricopriva il di lei gentilissimo piedistallo, mirabile nelle cornici gentilmente intagliate a foglie di quercia, e negli altri ornamenti. II di lui dado sembra anch’egli ricoperto d’un tapeto intessuto di trofei scolpiti in rilievi così bassi, che non confondino le linee le quali compongono un’architettura cotanto vaga. A una delle di lui faccie è la porta per cui s’entra alla predetta scala, e su di cui apparisce la seguente iscrizione.
SENATVS . POPVLVSQVE . ROMANVS
IMP. CAES. DIVI . NERVAE . F. NERVAE
TRAIANO . AVG. GERM. DACICO . PONT
MAXIMO . TRIB. POT. XVII. IMP. VI. COS. VI. P. P
AD . DECLARANDVM . QVANTAE . ALTITVDINIS.
MONS . ET . LOCVS . TANtis . operiBVS . SIT . EGESTVS
Il supplimento delle parole tantis operibus manca alla iscrizione per essere stata offesa ne’ secoli barbari da un’ intaglio di figura angolare fatto nel piedistallo sì da questa che dalla parte opposta, affine di appoggiarvi i tetti d’alcune taberne forensi, allorchè il piano di Roma non era quivi peranco rialzato.
263. Avanzi del Foro di Nerva all’Arco detto inoggi de’ Pantani, dimostrato nella Tavola XXX di questo Tomo alla figura I. Egli era chiamato Transitorio per le molte di lui fornici che davano l’adito ai convicini Fori di Augusto, di Cesare, di Trajano, e Romano, come si dimostra nella Tavola Icnografica dello stesso Foro Romano, e nella consecutiva di lei spiegazione, ove rimane supplito in pianta il Foro di cui si tratta, e contrassegnato dal numero 211 sino al 220, distinguendosene l’odierno avanzo colla lettera a. Fu, al dire di Svetonio, incominciato da Domiziano, e compiuto da Nerva di cui ritenne il nome. Da questo avanzo si raccoglie una magnifica idea de’ Fori antichi.
264. Altro avanzo dello stesso Foro a Tor de’ Conti denominato inoggi le Colonnacce, dimostrato nella predetta Tavola XXX alla figura II e distinto in pianta nella mentovata Icnografia del Foro Romano colla lettera b. Sono ammirabili in questo monumento i finissimi intagli delle cornici, i bassirilievi nel fregio, colla considerazione degli ornamenti di bronzo che si argomenta esservi stati soprapposi, dai forami che rimangono ne' pilastrelli attici, fra i quali si vede una Pallade scolpita in marmo. Quivi vicino, e precisamente nel luogo contrassegnato nella medesima Icnografia col numero 217, era il Tempio di Nerva, i di cui avanzi furono tolti dal Pontefice Paolo V per costruirne la magnifica fontana dell’Acqua Paola presso San Pietro in Montorio. Alcuni de’ moderni Scrittori suppongono per Tempio di Nerva gli avanzi della di lui Curia contrassegnati nella stessa Icnografia colla lettera a; ma son ripresi del loro abbaglio da Andrea Palladio, il quale sendo vissuto molto prima del predetto Pontefice, ritrasse la pianta, l’elevazione, e le parti di questo Tempio nel suo trattato dell’Architettura, additandone la situazione nel luogo da me prescritto, e dichiarandolo per tale colla seguente tronca iscrizione, la quale si leggeva nell’architrave del di lui pronao.
IMPERATOR . NERVA . CAESAR. AVG. PONT. MAX
TRIB. POT. II. IMPERATOR. II. PROCOS…
265. Chiesa de’ SSanti Cosimo e Damiano, fabbricata dal Pontefice Felice IV sulle rovine e colle spoglie del Tempio di Romolo e Remo, dato in pianta nell’Icnografia del Foro Romano ai numeri 250 e 251. Nel detto Tempio furono ritrovati i frammenti dell' antica pianta marmorea di Roma. Rimane al di dietro della Chiesa un pezzo di muro, che apparteneva al Sacrario dalle Aste Marzie. Le due colonne che restano innanzi all’Oratorio della Via Crucis ultimamente fabbricato al lato sinistra della detta Chiesa, furono da me riconosciute, allorchè si gettarono i fondamenti dell’Oratorio medesimo, essere spoglie di antichi edifizj, quivi trasferite a uso di una fabbrica contemporanea alla detta Chiesa; primieramente perchè la loro grossezza soverchia nella proporzione l'altezza, cosicchè argumentai ch’elle fussero state tagliate. Secondo, perch' elle posano sopr' a basi eziandio sproporzionate. Terzo, perchè il capitello e la cornice che rimangono sopra una di esse, sono parimente sproporzionati per la loro picciolezza. E quarto, perchè sendosi ne’ detti fondamenti scoperta una scala con una porzione di muro, gli riconobbi di una costruzione infelice, e in conseguenza da non supporsi de tempi antichi.
266. Avanzo del Pronao, e del Tempio d’Antonino e Faustina, dimostrato nella Tavola XXXI di questo Tomo alla figura I. Egli rimane innanzi alla Chiesa di San Lorenzo in Miranda, e sul fregio dello stesso pronao sostenuto da magnifiche colonne di un sol pezzo, apparisce la seguente indicativa della predetta appartenenza del Tempio.
DIVO . ANTONINO . ET
DIVAE . FAVSTINAE . EX . S. C
Le pareti laterali di peperini che inoggi rimangono rozze, erano investite di marmi. La di lui pianta si esibisce nella Icnografia del Foro Romano al numero 243 insieme col di lui Vestibolo, i di cui avanzi restavano ai tempi del mentovato Palladio, il quale lo ritrasse nel suo trattato dell’Architettura.
267. Avanzi dell'antico Erario inoggi Chiesa di Sant’ Adriano fabbricato ne’ tempi della Repubblica. La di lui facciata era ricoperta di stucco. Il Pontefice Alessandro VII quindi fece torre e rifondere la gran porta principale di bronzo della Basilica Lateranense.
268. Colonna rimasa in piedi della Grecostasi rifabbricata dopo gl’incendj di Antonino Pio, e dimostrata in pianta nella detta Icnografia al numero...sic.
269. Arco di Settimio Severo e d’Antonino Caracalla a piedi del Campidoglio, dimostrato nella detta Tavola XXXI alla figura II. In esso apparisce la seguente iscrizione.
IMP. CAES. LVCIO . SEPTIMIO . M. FIL. SEVERO . PIO . PERTINACI . AVG. PATRI . PATRIAE . PARTHICO. ARABICO ET
PARTHICO . ADIABENICO . PONTIFIC. MAXIMO . TRIBVNIC. POTEST . XI. IMP. XI. COS. III. PROCOS. ET
IMP. CAES. M. AVRELIO . L. FIL. ANTONINO . AVG. PIO. FELICI . TRIBVNIC. POTEST. VI. COS. PROCOS. P. P
OPTIMIS . FORTISSIMISQVE . PRINCIPIBVS
OB . REMPVBLICAM . RESTITVTAM . IMPERIVMQVE . POPVLI . ROMANI . PROPAGATVM
INSIGNIBVS . VIRTVTIBVS . EORVM . DOMI . FORISQUE . S. P. Q. R.
Egli è composto di grossi pezzi di marmo, ed ornate di colonne e di bassirilievi. L’ordine attico dello stesso Arco era adorno ne’ pilastrelli, e in altre parti di festoni in metallo sostenuti da perni, come si osserva dai loro forami. Aveva i caratteri della iscrizione riportati in bronzo, ed un cocchio sopprapposto tirato da cavalli. Tutti questi ornamenti però non rendevano l’opera pregievole, mancandole la buona maniera dell’Architettura e della Scultura.
270. Avanzo del Pronao del Tempio della Concordia vicino al suddetto Arco, dimostrato nella Tavola XXXII del presente Tomo alla figura I. Questo edifizio dacchè fu arso per gl’incendj del Campidoglio, fu rifatto di spoglie di altre fabbriche, parimente incendiate, come apparisce dalla seguente iscrizione che si legge sull'architrave del medesimo Pronao:
SENATVS . POPVLVSQVE . ROMANVS
INCENDIO . CONSVMPTVM . RESTITVIT
La di lui pianta si vede nella predetta Icnografia del Foro Romano al numero1 71.
271. Tre Colonne rimase in piedi del Tempio di Giove Tonante, dimostrate nella detta Tavola XXXII alla figura II. Questo Tempio si dà in pianta al numero 174 della predetta Icnografia del Foro Romano. Fu eretto da Augusto alle radici del Campidoglio, e ristorato dai predetti incendj, come peranco accennano le lettere ESTITVER, cioè restituerunt, appartenenti alla iscrizione ch’era nell’architrave del pronao.
272. Avanzi di botteghe, composte di travertini e peperini, le quali appartenevano al Foro di Augusto date in pianta nella medesima Icnografia dal numero 222 sino al numero 228. Questi avanzi rimangono vicino alla Chiesa di San Giuseppe de’ Legnajuoli, e precisamente in un cortile al primo ingresso del vicolo tortuoso che rimane sulla destra della salita di Marforio.
273. Avanzi del Carcere Mamertino (inoggi San Pietro in Carcere) dato in pianta nella stessa Icnografia ai numeri 180 e 181, nel di cui fregio apparisce la seguente tronca iscrizione.
C. VIBIUS . C. F. M. COCCEIVS . NERVA. EX . S. C.
274. Avanzi dell’Atrio pubblico e del Tabulario riedificato da Vespasiano, o, secondo altri, da Domiziano, e dimostrato in pianta nella predetta Icnografia al numero 176 e 177. Esso era situato sulla sostruzione fatta al Monte Capitolino in questa parte, ove fu tagliato per dar luogo al piano del Tempio di Giove Tonante surriferito.
275. Avanzi di case antiche sul clivo Capitolino, e nel vicolo Mamertino vicino al detto Carcere.
276. Avanzi del prospetto del Sepolcro di Cajo Publicio Bibulo, al principio della salita di Marforio dalla parte del Macel de’ Corvi, dimostrati nel Tomo II alle Tavola IV e V.
277. Avanzo del Sepolcro della Gente Claudia. Tanto questo sepolcro che l’anzidetto, rimanevano fuori di Roma, prima che Trajano ne dilatasse le mura per comprendervi il suo Foro. E siccome questo Imperadore è stato il primo a ricevere la sepoltura dentro la Città, non si smentisce tal proposizione dal sapersi che i detti due sepolcri sieno stati veduti in Roma prima della di lui morte, perchè egli vi ebbe la tomba per derogazione alla legge proibitiva, e i ridetti sepolcri furono inclusi in Roma per incidenza.
278. Una delle sommità del Monte Capitolino, ov’ erano i Templi di Giove Feretrio e di Marte, sulle rovine de’ quali è inoggi edificata la Chiesa e’ ‘l Convento d’Ara-Coeli. Questi Templi si danno in pianta nella Tavola Icnografica del Monte Capitolino in ordine la XLIV di questo Tomo ai numeri 25 e 26.
279. Avanzi delle mura della Rocca Capitolina fabbricate sulla rupe Tarpea opposta alla predetta sommità, e dimostrate nella figura II della medesima Tavola alle lettere A, B, C, D, E, ed F. Questi avanzi rimangono nel giardino e sotto la scuderia della Casa Cafferelli. La pianta delle antiche fabbriche della detta Ripa si esibisce nella stessa Tavola Icnografica del Monte Capitolino col loro indice consecutivo.
280. Tre Colonne rimase in piedi del Tempio di Castore, e Polluce vicino a Santa Maria Liberatrice, e dimostrate nella già detta Tavola XXXIII di questo Tomo alla figura I. Caligola coll’edifizio della sua casa trasfigurò questo Tempio in di lei vestibolo, come narra Svetonio nella di lui vita al capitolo 22, e come si ravvisa nella mentovata Icnografia del Foro Romano al numero 78.
281. Avanzi di muri dello stesso vestibolo ne’ granaj al didietro della detta Chiesa di Santa Maria Liberatrice, e dimostrati nell’accennata figura I della Tavola XXXIII.
282. Avanzi del Tablino della Casa Aurea di Nerone, consistenti in alte e gravi mura con tre fornici ornate di compartimenti, come si dimostra nella figura II della predetta Tavola XXXIII, e suppliti in pianta nella Tavola Icnografica del Foro Romano al numero 58. Questo Tablino avea cinque ingressi corrispondenti col di lui atrio scoperto, riferito nel seguente numero 284 di questo Tomo, tre de’ quali ingressi inoggi rimangono in piedi, e son segnati nella detta figura II colle lettere A, B e C. Il di lui prospetto ornato di bozze di stucco addittate colla lettera D, rimaneva superiore allo stesso atrio, ed avea due ordini di finestre, di due delle quali (l’una appartenente all’odierno inferiore, l’altra all’odierno superiore, cioè al timpano) vi restano peranco gli stipiti laterali segnati colle lettere E, ed F. La gran volta di mezzo inoggi rovinata ed accennata nel suo residuo, colla lettera G, era sostenuta da magnifiche colonne, una delle quali allora residuale fu dal Pontefice Paolo V fatta torre dal luogo indicate colla lettera H, e collocare dirimpetto alla Basilica di Santa Maria Maggiore per sostegno della Statua enea di Nostra Signora. Vi rimane eziandio l’avanzo del Tribunale notato colla lettera I, e parimente dimostrato nella mentovata Icnografia del Foro Romano. E sotto alle predette tre fornici si veggono varie nicchie ove dovevano esser le immagini d’uomini illustri solite collocarsi ne’ Tablini. I moderni Scrittori suppongono, che i predetti avanzi appartenessero al Tempio della Pace, ma senz’averne considerata la forma, la quale sarebbe bastata a ricredergli dalle loro supposizioni. Primieramente perch’essi non hanno alcuna somiglianza ai templi stati sempre gli stessi, o poco varj appresso gli antichi Romani, giacchè non vi si vede veruna figura di cella, nè di portico nè di pronao sostenuto da colonne, come si raccoglie avere avuto il Tempio della Pace dalla Medaglia dell’Erizzo riportata nella stessa figura II della predetta Tavola XXXII. Secondariamente, perchè non aveva alcun’ aja all’innanzi, come avevano tutt’i templi, imperocchè il di lei prospetto era inferiormente impedito dal predetto atrio scoperto, come dimostra la detta Icnografia, e come andiamo a indicare nel seguente numero.
283. Avanzi di muri che formavano una delle ale del predetto atrio scoperto, negli orti di Santa Francesca Romana, dimostrati nella stessa figura II della Tavola XXXIII alle lettere L, ed M, e suppliti in pianta nella Icnografia del Foro Romano al numero 57.
284. Avanzi, al di dietro del Convento di Santa Francesca Romana, di due Triclini che rimanevano laterali al Cavedio della detta Casa Aurea, dimostrati nella stessa figura II della Tavola XXXIII alle lettere N, e O, e suppliti in pianta nella detta Icnografia del Foro Romano al Numero 62. I moderni Scrittori gli tengono per i templi d’Iside e Serapide, ovvero del Sole e della Luna. Ma ricorre contro di loro la medesima ragione di non vedersi in tali avanzi alcuna forma di tempio. Nè si dica che una nicchia o abside sia bastevole a canonizzare un muro deforme per avanzo di un tempio, perchè questo sarebbe un’ aver poca scienza delle maniere tenute dagli antichi ne’ loro edifizj, dacchè eglino quasi in tutti facevano degli emicicli e delle nicchie, ed in ispezie negli eci, nell’esedere, e ne’ triclinj. Oltredichè si vedono nell’esterno de' muri de' predetti tricilinj le vestigia di un tetto, indicate nella detta figura colla lettera P, il qual teto copriva le celle contigue agli stessi triclinj; comepurre vi rimangono i segni, ove si appogiavano le travi che coprivano le medesime celle, indicati nella stessa figura. colla lettera Q. L’uno di questi triclinj, il quale riguardava il Levante, serviva per l’estate. L’altro rivolto a Ponente serviva il verno.
285. Parte de’ muri della Reggia di Nerone, nella villa Mattei, a San Pietro in Vincoli, e incontro al Palazzo Sinibaldi.
286. Avanzi de’ muri appartenenti alle celle della detta Casa Aurea negli odierni orti delle Monache di Tor de' Conti; sotto delle quali celle per mezzo di fornici passava la Via Sacra.
287. Arco trionfale eretto sul Clivo Sacro alle glorie di Tito dopo la di lui morte in memoria della distruzione di Gerosolima, come apparisce dalla seguente iscrizione che si legge nell’odierno attico del medesimo:
SENATVS
POPVLVSQVE ROMANVS
DIVO TITO DIVI VESPASIANI F.
VESPASIANO AVGVSTO
Questo si dimostra nella Tavola XXXIV di questo Tomo alla figura I. Ha nelle partizioni della volta l’Apoteosi dello stesso Imperadore, e ne' due laterali rappresenta in bassorilievo il di lui trionfo colle spoglie del Tempio di Gerosolima, consistenti nel gran Candelabro, trombe ed altri arredi sacri, notati colla lettera A.
Seguono adesso gli avanzi del Palazzo Imperiale sul Palatino, le di cui vicende nommeno per le variazioni e gli accrescimenti fattivi dai Cesari, che gl’incendj da esso sofferti, hanno sinquì renduta difficile la individua denominazione degli stessi avanzi; per non errar nella quale mi è stato d’uopo di consultare maturamente queltanto che ne riferiscono gli antichi Scrittori. Gioverà perciò premettere in generale, che questo Palazzo si estendeva per tutto il Palatino, e che quantunque ei fosse un solo, come racconta Flavio Giuseppe nel capitolo I del libro 19 delle Antichità Giudaiche:
Συνημμένη δὲ εκείνη, δια το εν τό βασίλειον ον, ὲπ’ οίκοδομίαις έκαστου των εν τη ήγεμονία γεγονότων άσκηθέν άπό μερους όνοματι των οίκοδομησαμένων, η καί τι μερῶν οίκησεως αρξαντων την έπωνυμίαν παρασχεσθαι.
Queste (cioè le abitazioni di Germanico) erano contigue al Palazzo: il quale era uno, ma adorno e distinto con particolari edifizj da tutti gl’ Imperadori, de quali portavano il nome; cosicchè non era di una ordinata figura, ma disuguale nella sua estensione e nelle sue appartenenze, come ben dimostrano le di lui reliquie, le quali sono state da me riportate in forma più ampla nella summentovata Icnografia del Foro Romano per maggior discernimento di quelche se ne abbia nella presente Topografia generale.
Ciò premesso, succedono nella stessa Topografia generale gli avanzi indicati co’ numeri 289, 290, 291, e 305, corrispondenti alle lettere c, d, e, f della citata Icnografia; l’appartenenza de’ quali avanzi si deduce dal di viaggio che nella elegia 1 del 3 de Tristi fa il libro d’Ovidio allo stesso Palazzo, dicendo:
Paruit: et ducens, haec sunt Fora Caesaris, inquit;
Haec est a Sacris quae via nomen habet.
Hic locus est Vestae, qui Pallada servat, et ignem;
Haec fuit antiqui Regia parva Numae.
Inde petens dextram, Porta est, ait, ista Palati,
Hic stator, hoc primum condita Roma loco est.
In questo viaggio ci si para innanzi primieramente il Foro di Cesare Augusto (e non di Giulio Cesare, come altri credono, imperciocchè Ovidio perlopiù chiama Augusto antonomasticamente col solo nome di Augusto). La pianta di un tal Foro rimane nella predetta Icnografia contrassegnata col numero. 222; perlochè succedendo nell’itinerario la Via Sacra se ne vede l’andamento notato con picciole linee, o distinto col numero242 accanto allo stesso Foro. Si enunzia in secondo luogo il Tempio di Vesta, e la picciola Reggia di Numa correlativamente all’Epigramma di Marziale nel libro I:
Quaeris iter? dicam: vicinum Castora canae
Transibis Vestae, virgineamque domum.
Inde sacro veneranda petes Palatia clivo;
Plurima ubi summi fulget imago ducis.
e ‘l Tempio di Vesta, e la picciola Reggia di Numa parimente si ravvisano nella Icnografia ai numeri 78, 75, e 72. Si parla in terzo luogo della deviazione della Via Sacra a mano destra: a questa deviazione si nota nella Iconografia colla lettera g. Si enunzia in quarto luogo la porta del Palazzo cioè di Roma quadrata, o sia del Monte Palatino, chiamato Palazzo indifferentemente, come furono poi dette Palazzo le Case Imperiali (al che parimente corrisponde il detto Epigramma di Marziale, ove si parla del Clivo Sacro, e del Palazzo medesimo) e questo Clivo comeppure la Porta, si notano nella Icnografia col numero 67, ricordandosi, che a’ tempi d’Ovidio il viaggio dalla predetta lettera g sino al numero 67 non era ingombrato dalla fabbrica Neroniana che si accenna col numero 59. Si enunzia in quinto luogo il Tempio di Giove Statore alle radici del Palatino: e questo si ravvisa supplito e contrassegnato nell'Icnografia col numero 66.
Cosicchè, additandosi quivi il Palatino, e vedendoci scortati ai succennati avanzi notati nella Topografia generale co' detti numeri 289, 290, 291, e 305, si debbe concludere, che questi appartenessero ad Augusto, giacchè in que’ tempi non vi era altra Casa Imperiale che la sua. Il secondo Imperatore ch’edificò sul Palatino fu Tiberio, come si raccoglie da Svetonio in Ottone, e con maggior precisione da Tacito nel primo delle Istorie, ove si parla del medesimo Ottone, il quale per Tiberianam domum in Velabrum, inde ad milliarium Aurem sub Aedem Saturni perrexit. Dunque gli avanzi della Casa Tiberiana sono i segnati nella Topografia generale co’ numeri 293, 294, e 295, corrispondenti nella Icnografia del Foro Romano colle lettere h, i, k, l, giacchè questi rimangono sull’angolo il quale riguardava il Velabro, notato nella stessa Icnografia fra i numeri 100, 101, 102, e 103.
Cajo Caligola fu il terzo edificatore sul Palatino, come si ha da Svetonio al capitolo 22 della vita di questo Imperadore: Partem Palatii ad Forum usque promovit, atque Aede Castoris et Pollucis in vestibulum transfigurata, etc., super Augusti Templum ponte transmisso, Palatium, Capitoliumque conjunxit. Dal che si deduce, che la parte del Palatino ove Caligola edificò la sua casa, riguardava il Foro e ‘l Campidoglio, a cui fu congiunta col ponte; e in conseguenza, che gli avanzi delle antiche fabbriche del Palatino riguardanti il Campidoglio, (e notate nella Topografia generale co’ numeri 282, e 292, i quali corrispondono nell’Icnografia alle lettere m, n, o, p) appartenessero alla stessa casa. Il ponte poi con cui Caligola congiunse il Campidoglio col Palatino, si vede notato in pianta nella detta Icnografia colle lettere q, r, s, ove passava sopr' al Tempio d’Augusto, ivi parimente notato col numero82 il qual tempio investiva il Palatino, come si raccoglie delle parole: quod est in Palatium, cioè erga Palatium, appartenenti alla seguente iscrizione ritrovata nel Colombajo di Livia, e da me rapportata fra le altre nella Tavola XXVII del Tomo II. Dis Manibus Augusti. Libertus. Bathyllus Aedituus Templi divi Augusti. et Divae Augustae, quod est IN PALATIUM immunis et honoratus.
Essendo stato il Palatino ingombrato dalle riferite tre fabbriche Imperiali di Augusto di Tiberio e di Cajo, ed essendo tutto il rimanente del Colle occupato da edifizj popolari, e da templi, accadde sotto di Nerone il famoso incendio, il quale, come racconta Tacito nel xv degli Annali, initium in ea parte Circi ortum, quae Palatino Coelioque montibus contigua est (cioè dal luogo notato nella Icnografia del Foro colla lettera t). Ubi per tabernas, quibus id mercimonium inerat quo flamma alitur, simul coeptus ignis et statim validus, ac vento citus longitudinem Circi corripuit (cosicché giunse sino al luogo notato nella Icnografia colla lettera u). Neque enim domus munimentis septae, vel templa muris cincta, aut quid aliud morie interjacebat. Impetu pervagatum incendiam, plana primum (cioè il piano del Circo Massimo) deinde in edita assurgens (cioè al Palatino dalla parte del Circo) et rursus inferiora populando, anteiit remedia velocitate mali, etc. Eo in tempore, Nero, Antii agens, non ante in Urbem regressus est, quam domui ejus, qua Palatium et Maecenatis hortos (da me riferiti al precedente numero236 di quest’ Indice) continuaverat, ignis propinquaret. Neque enim sisti potuit, quin et Palatium et domus (cioè la casa transitoria accennata allo stesso numero 236) et cuncta circum haurirentur. Sed solatium populo exturbato et profugo (una gran parte del qual popolo era quella che abitava nel Palatino ne’ luoghi che non erano stati ingombrati dalle preaccennate tre fabbriche, di Augusto, di Tiberio, e di Cajo) Campum Martis, ac monumenta Agrippae, hortos quin etiam suos patefecit. Dal che necessariamente si argumenta, che sendo arso il Palatino, ed avendo Nerone conceduto al Popolo il Campo Marzio, e i suoi orti, fabbricasse poi la sua Casa sullo stesso Monte in quella estensione abitata prima dal Popolo, e notata nella Icnografia del Foro Romano alle lettere x, y, z, bb, cc, ff, gg, corrispondenti nella Topografia generale ai numeri 296, 297, 298, 301, 302 e 307, ristorando dall’incendio le tre Case suddette. Cosicché il Palatino rimase per la maggior parte ingombrato dalle fabbriche Imperiali, le quali portarono il nome di un sol Palazzo. Si sa inoltre dagli antichi Scrittori, che queste fabbriche furono ampliate, ridutte in diversi usi, e ristorate da altri incendj da’ successivi Cesari; ma queste ampliazioni e ristauri non furono tali che togliessero alle medesime le primiere denominazioni.
Dimostrata pertanto in generale l’appartenenza degli avanzi delle fabbriche del Palatino, riassumeremo le denominazioni di essi in particolare, e indicheremo i luoghi precisi, ove rimangono presentemente, ponendo in ordinanza i predetti respettivi numeri.
288 e 289. Avanzi di alcune delle Celle della Casa Augustana; parte de’ quali rimangono dentro la fabbrica della Polveriera superiormente all’Arco di Tito, e parte formano i di lei muri esteriori.
290. Altri avanzi, negli orti Farnesiani, delle dette Celle, corrispettivi ai predetti del muro esterno della Polveriera, i quali insieme circondavano l’area anteriore alla Casa Augustana, come meglio si discerne nella detta Icnografia del Foro alle lettere d, e.
291. Avanzi degli anditi, delle officine, e de' ristauri della Casa di Cajo Caligola, consistenti in una porzione di tre piani i quali si estendono per lungo tratto sotto il rialzamento del Palatino, come meglio si vede nella stessa Icnografia alle lettere m, n, o. Parte di essi rimane sull’angolo dello stesso Monte, corrispondente alla Chiesa di Santa Maria Liberatrice, e parte ne’ predetti orti Farnesiani.
292. Avanzi della Casa Tiberiana consistenti in grosse e lacere pareti confuse dalle rovine delle fornici ch’esse sostenevano. Questi rimangono negli orti deretani a Sant’ Anastasia, e ne’ predetti Farnesiani, e meglio si ravvisano nella Icnografia del Foro alla lettera K. L’anno 1720 nel farvi uno scavo vicino a San Teodoro, furono ritrovati de’ gran pilastri di travertini, de’ pezzi di colonne, gli stipiti d’una parte di marmo, quantità di metalli, come anco le stanze attenenti alla fonderìa Palatina. Ma non fu proseguito lo scavo per timore della rovina de’ muraglioni de’ detti orti, che per esso s’indebolivano.
293. Avanzi delle officine de’ piani inferiori della medesima Casa Tiberiana. Questi rimangono alle falde del Palatino, e servono di Bottega al Facocchio della casa Piccaluga.
294. Altri avanzi delle abitazioni de’ Servi e de’ Liberti, le quali appartenevano al secondo piano della stessa Casa Tiberiana. Questi avanzi sono disposti in figura di anditi ornati di grotteschi e di figurine dipinte a minio, e rimangono nel giardino del Signor Cavalier Natoire Pittore Regio, e Direttore dell’Accademia di Francia.
295. Avanzi del Teatro fabbricato da Nerone superiormente alla gran Loggia Palatina che riguardava gli spettacoli dei Circo Massimo. Questi restano nell’orto Ronconi confinante colla villa Spada, e si dimostrano con maggior distinzione nella Icnografia del Foro fra il numero121, e la lettera y. La figura II poi della Tavola XXXIV di questo Tomo ne rappresenta l’elevazione.
296. Avanzi delle Logge della Casa Neroniana, lungo le quali erano disposte le porte de’ cubicoli, delle celle, degli ecj, dell’esedre, de’ bagni, e di altro gran numero di abitazioni, in molte delle quali resta impedito l’ingresso dalle rovine. Questi avanzi rimangono ne’ fienili vicini alla suddetta vigna Ronconi, e si dimostrano in pianta più ampia nella Icnografia del Foro alla lettera ff, e in elevazione nella figura I della Tavola XXXV di questo Tomo alla lettera A.
297. Altre Logge parimente di Nerone, risarcite da diversi Principi. Queste servono di fienili confinanti colla vigna del Collegio Inglese.
298. Piccioli avanzi del Settizzonio di Settimio Severo, confinanti col muro della stessa vigna. Questo Settizzonio fu distrutto dal Pontefice Sisto V, che ne fece trasferir le colonne in uso della Basilica Vaticana, dietro la quale se ne vedono peranco i residui.
299. Avanzi dell’opera arcuata che proveniva dal Monte Celio, e che prendendo porzione dell’Acqua Claudia condottata sullo stesso Monte per gli Archi Neroniani, la portavano sul Palatino. Essi avanzi rimangono accanto alla via che dall’Arco di Costantino conduce alla Chiesa di San Gregorio: si dimostrano in elevazione alla figura II della predetta Tavola XXXV, e si danno suppliti in pianta ai numeri 25 e 26 della Topografia degli Aquedotti.
300. Avanzo nell’orto Ronconi del Peristilo della Casa Neroniana sul Palatino, dimostrato nella Tavola XXXVI di questo Tomo alla figura I.
301. Altri avanzi delle fabbriche Neroniane nella vigna Magnani.
302. Avanzi de’ Bagni domestici di Nerone corrispondenti alla lettera h della Icnografia del Foro. Questi furono scoperti l’anno 1728 con aprire una cava lateralmente alla loro fodera. Nell’entrare che vi fecero i cavatori, scuoprirono sette celle ornate di marmi preziosi, di metalli, di stucchi dorati, e di pitture a grottesco. Nella stanza oggi rimasavi fu ritrovato un gran labro di piombo innanzi a una sede parimente di marmi preziosi, fra' quali erano due colonnette d’alabastro orientale, che han servito ad alcune impelliciature della Capella Odescalchi nella Chiesa de’ SSanti XII Apostoli.
303. Avanzi di una gran sala, discoperta l’anno 1726 con un cubicolo accanto. Questa era una giunta fatta da Domiziano alle fabbriche Neroniane, ed era architettata con colonne, architravi ed altri ornamenti i quali sono stati trasportati superiormente alla Fontana de’ predetti orti Farnesiani. Vi rimane eziandio un’altra sala contigua ricoperta dagli scarichi delle rovine scavate nel discuoprimento dell’anzidetta.
304. Avanzi de’ muri che circondavano le celle del Peristilo della Casa Augustana. Questi restano nell’orto Barberini fra la Chiesa di San Bonaventura, e la summentovata Polveriera.
305 e 306. Avanzi de’ piani inferiori della Casa Neroniana dalla parte orientale. Questi rimangono nella vigna de’ Benfratelli accanto all’orto de’ PPadri di San Bonaventura.
307. Arco di Costantino, fabbricato in parte con ispoglie degli edifizj del Foro di Trajano e dimostrato nella Tavola XXXVI di questo Tomo alla figura II. Appariscono in esso le seguenti iscrizioni
Nell’ordine attico
IMP. CAES. FL. CONSTANTINO . MAXIMO
P. F. AVGVSTO . S. P. Q. R.
QVOD . INSTINCTV . DIVINITATIS . MENTIS
MAGNITVDINE . CUM . EXERCITV . SVO
TAM . DE . TYRANNO . QVAM . DE OMNI . EIVS
FACTIONE . VNO . TEMPORE . IVSTIS
REMPVBLICAM . VLTVS . EST . ARMIS
ARCVM . TRIVMPHIS . INSIGNEM . DICAVIT
Da una parte sotto l’architrave
VOTIS . X Votis decennalibus
Parimente
VOTIS . XX Votis vicennalibus
Dall’altra parte sotto lo stesso architrave
SIC. X
Parimente
SIC. XX
E sotto l’Arco di mezzo
Da una parte Dall’altra
LIBERATORI . VRBIS FVNDATORI . QVIETIS
La scultura di quest’Arco prescindendo dagli ornamenti, o spoglie Trajanensi, mirabili in se medesime, è di una infelice maniera. Il fregio e gli specchj fra i bassirilievi circolari erano impellicciati di porfido, e i vacui de’ caratteri erano investiti di metallo, lochè ancora doveva essere degli altri ornamenti ove mancano le investiture.
308. Avanzo delta Meta Sudante dimostrato nella stessa figura II alle lettere A e B. Questa Meta era simile a quelle de Circhi, e fu fabbricata da Tito, o da Domiziano per ornamento dell’aja, e delle fabbriche Flaviane, e per uso dell’Anfiteatro. Gli anni scorsi nello scavare intorno a questo avanzo fu scoperto il canale dell’acqua che imboccava nel gran tubo della stessa Meta.
309. Anfiteatro Flavio detto il Colosseo, dimostrato nella Tavola XXXVII di questo Tomo alle figure I e II. Esso fu incominciato da Flavio Vespasiano, e terminato da’ suoi figli Tito e Domiziano. Fabbrica la più magnifica delle antiche che sia rimasa ne’ tempi nostra.
310. In questo luogo s’immerge la Marrana, o sia Acqua Crabra, la quale, come narra Frontino, fu riprovata dai Romani, e conceduta ai possessori dell’Agro Tusculano. Ma avendone i moderni possessori del medesimo territorio per utile de’ loro predj protratto l’andamento verso Roma, ella si vede inoggi condotta dentro la Città, impura, e non servibile ad altro che ad innaffiar gli orti; dopodichè ella si scarica nel Tevere mediante l'imbocco fattone da’ Sommi Pontefici nella Cloaca riferita al numero172.
311. Avanzi sull’Aventino della Casa de’ Santi Aquila e Priscilla, i quali ricettarono San Pietro allorch’ ei venne in Roma a predicare il Vangelo. Su questi avanzi e fondata la Chiesa di Santa Prisca.
312. Avanzo di Case plebee nella già detta Vigna Cavalletti. Egli è antichissimo, ed il più intatto fra gli avanzi di tali case, e perciò rimarcabile per avere una idea delle antiche abitazioni della plebe.
313. Avanzi degli anditi del Cortile della Casa di Faberio Scriba, di opera reticolata ed incerta. Questi rimangono nella già detta vigna incontro Santa Prisca.
314. Avanzi di muri, che appartenevano al Portico lastricato di selci, che Tito Livio nel 5 della 5 Deca dice, che fuori della Porta Trigemina si protraeva sull’Aventino, oltrepassando le mura urbane. Ed in fatti si osserva negli stessi muri uno degli archi del detto Portico che serviva di transito accanto alle mura del più antico circondario della Città. Questi avanzi sono per la strada di Marmorata oltre il già accennato Clivo di Publicio, ov'è il Romitorio.
Il sinora riferito è tutto ciò che rimane scoperto in Roma delle antiche fabbriche. Si avverte però, che la disposizione de’ Colli è diversa in molte parti dall’antica, atteso il loro accrescimento sì in altezza che in estensione per le rovine delle medesime fabbriche. Mi serbo pertanto di dimostrare la primiera loro costituzione nella grande Icnografia di Roma antica che sto in procinto di dare alla luce.