The Digital Piranesi

Explanation of the Map of the Aqueducts

This text is taken from Frontinus and relates to the Topographical Map of the Roman Aqueducts. Many of the paragraphs below, numbered 1 - 32, contain references to footnotes, indicated parenthetically. Footnotes, numbered (1) - (28), appear at the end of the text.

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SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA DEGLI AQUEDOTTI

1. NELLA Topografia generale di Roma di sopra esibita, ho esattamente disegnate fralle vestigia delle Antichità le poche reliquie che vi rimangono degli antichi Aquedotti: ma siccome questi, al dire di Sesto Giulio Frontino, considerati nella magnificenza e nell’utile, superavano tutte insieme le fabbriche vane ed oziose degli Egizj e de’ Greci: cosi io, per non omettere in questa mia Opera una delle cose le più rimarchevoli, ho giudicato di dover formare una Tavola separata de’ rispettivi antichi loro andamenti, ristrettivamente però alle vicinanze e al dentro di Roma, essendomi astenuto di linearli da’ loro capi, perchè il mio proposito in questa Opera (alla riserva de’ Sepolcri) è di trattare soltanto delle antiche memorie che abbiamo in oggi nella Città.

2. Affine però che non mi possa essere objettato da chicchessia, che io abbia fatta la detta Tavola a capriccio, stimo a proposito di avvertire, che avendo io, sulla scorta nonmeno degli antichi Scrittori che degli odierni avanzi delle antiche fabbriche, e de’ frammenti dell’antica Icnografia di Roma riportati in principio del presente Volume, formata una gran Pianta icnografica dell’antica Roma, che fra poco darò alla luce; ove rimangono stabiliti i luoghi certi delle fabbriche, delle Porte di Roma e degli Orti, in vicinanza de’ quali, al riferir di Sesto Giulio Frontino, passavano gli Aquedotti: da questa medesima icnografia, da cui si viene anche in chiaro della circonferenza delle XIIII Regioni antiche di Roma enunciate dal medesimo Scrittore, e in tutto corrispondenti agl’Indici di Vittore, e di Ruffo, ho potuto con sicurezza, e lontano da ogn’impostura ricavare gli andamenti de’ medesimi Aquedotti.

3. Avrei desiderato di poter anche delineare tutt’i Castelli per mezzo de’ quali le acque si diffondevano per la Città, e in conseguenza additare le innumerabili distribuzioni delle acque medesime per ogni alveo, e fontana: ma poichè nè Frontino, nè verun’ altro degli antichi Scrittori ce ne definiscono i luoghi; perciò mi son contentato di averle potute determinare rispetto ad ognuna delle Regioni medesime.

4. E parendomi che per la spiegazione della stessa Tavola, e per la ricognizione del vero antico andamento degli Aquedotti ivi esposti nulla possa giovare più di quelche in tal proposito ce ne ha lasciato scritto il detto Frontino; perciò sarà pregio dell’Opera di riportar quivi in Compendio il di lui Commentario, tradotto dal Latino nel volgare Idioma con ogni accuratezza, e coll’ordine stesso da lui tenuto: acciocchè l’amico lettore possa confrontarlo in quanto alle vicinanze e al dentro di Roma colle indicazioni che si leggono nella medesima Tavola.

5. Scrive pertanto Frontino: «Per lo spazio di 441 anni si contentarono i Romani dell’uso delle acque del Tevere, de’ pozzi, e delle sorgenti della Città. La memoria delle sorgenti tuttavia si mantiene in santa venerazione, imperocchè si credono salutevoli agl’Infermi, come rammemora C. Amarranio Apollinare. Ora poi sono state condottate in Roma le Acque APPIA, ANIONE VECCHIO, MARCIA, TEPULA, GIULIA, VERGINE, ALSIETINA, chiamata anche Augusta; CLAUDIA, e ANIONE NUOVO (1).

6. «Sotto il Consolato di Marco Valerio Massimo, e di P. Decio Mure, cioè 31 anni dopo il principio della guerra Sannitica fu condotta l’acqua APPIA dal Censore Appio Claudio Crasso... Ella fu allacciata nel Campo Lucullano fra ’l Settimo miglio e l’ottavo della Via Prenestina, deviandosi in questo frattermine 780 passi sulla sinistra. Il di lei condotto da capo sino al fine, cioè alle Saline che sono vicino alla Porta Trigemina, ha 11 miglia e 190 passi di lunghezza. Cammina sotto terra per il tratto di 11 miglia e 130 passi, e i restanti 60 passi per via di sostruzione e opera arcuata in vicinanza della Porta Capena (2). Si unisce con questo Condotto accanto alla Speranza Vecchia, ove confinano gli Orti Torquaziani un ramo detto dell’Augusta (3) aggiunto in supplimento all’Appia da Augusto: perlochè il luogo del loro congiungimento fu detto le Gemelle (4). Questo ramo nasce da un fonte al sesto miglio della Via Prenestina, deviandosi a questo termine 980 passi sulla sinistra; lochè viene ad essere accanto alla Via Collazia (5). Il di lui Condotto da capo sino alle Gemelle ha 6 miglia e 380 passi di rio sotterraneo. L’Appia poi comincia a distribuirsi appiè del Clivo di Publicio vicino alla Porta Trigemina, nel luogo detto le Saline (6).

7. «Quarant’anni dopo essere stata condottata l’Acqua Appia, cioè 481 anni dall’edificazione di Roma, sotto il Consolato di Spurio Garvilio, e di L[ucio] Papirio, il Censore Manio Curio Dentato.... fece dar mano al Condotto dell’Acqua, ora chiamata l’ANIONE VECCHIO, colla spesa del ritratto dalle spoglie prese nella guerra contro di Pirro. E due anni dopo.... essendo morto Curio.... fu un tal Condotto perfezionato da Fulvio Flacco. L’Anione Vecchio fu derivato dal fiume del suo nome, cioè sopr’ a Tivoli 20 miglia lontan da Roma....Il Condotto di quest’ Acqua ha 43 miglia di lunghezza a cagione delle tortuosità che si dovette fargli avere per il di lei allibramento. Ella cammina 42 miglia e 779 passi in rio sotterraneo, e 221 passi per via di sostruzione (7)….

8. « L’anno 612 di Roma, sotto il Consolato di C[aio] Lelio, e di Q[uinto] Servilio, fu condotta in Campidoglio l’Acqua MARCIA dal Pretore Q. Marcio Giudice sulle differenze de’ Cittadini e Forestieri.... Quest’Acqua fu allacciata 36 miglia lontan da Roma, camminandosi sulla Via Valeria, e deviandosi a tal termine 3 miglia sulla diritta: ch’ è lo stesso che dire: 36 miglia lontan da Roma, camminandosi perla Via Sublacense.... e deviandosi a un tal termine 200 passi sulla sinistra. Il Condotto della Marcia da capo sino a Roma ha 61 miglia e 710 passi e mezzo di lunghezza cioè 54 miglia e 247 passi e mezzo di rio sotterraneo, e 7 miglia e 463 passi di opera sopr’ a terra, compresivi in più luoghi.. lontan da Roma 463 passi di opera arcuata: e vicino a Roma, cioè di quà dal settimo miglio si contano 528 passi di sostruzione, e 6 miglia e 472 passi di opera arcuata (8).

9. « L’anno 627 di Roma, essendo Consoli M. Plauzio Ipseo, e Fulvio Flacco, i Censori Gneo Servilio Cepione, e L. Cassio Longino, fecero condurre in Roma e nel Campidoglio l’Acqua che si chiama TEPULA, dal Campo Lucullano, o Tusculano, come credono alcuni. Questa Tepula fu allacciata 10 miglia lontan da Roma, camminandosi sulla Via Latina, e deviandosi a questo termine per il tratto di 11 miglia sulla diritta. Ella fu condotta in Roma per un rio particolare; ma l’anno 729 di Roma, sotto il secondo Consolato di Cesare Augusto Imperadore, e di L[ucio] Volcazio, M[arco] Agrippa Edile raccolse, 12 miglia lontan da Roma, camminandosi sulla Via Latina, e deviandosi a un tal termine 2 miglia sulla diritta, l’Acqua GIULIA, così da lui chiamata in onore d’Augusto, ed a questa aggiunse la Tepula divertendola dal detto rio particolare. Il Condotto della Giulia ha 15 miglia e 426 passi di lunghezza, fra’ quali si comprendono 7 miglia di opera sopr’ a terra; e dal settimo miglio in qua 528 passi di sostruzione, e 6 miglia e 472 passi di opera arcuata (9)…..

10. «Lo stesso Agrippa, essendo già stato Consolo la terza volta, cioè sotto il Consolato di Cajo Senzio, e di Q. Lucrezio; lochè viene a essere l’anno tredicesimo dacchè egli avea condotta l’Acqua Giulia; condusse in Roma parimente l’Acqua VERGINE, così chiamata, perchè una Verginella ne avesse dimostrate le vene ai Soldati che ne cercavano, a seconda delle quali avendo cavato gli Zappatori, ritrovarono un gran capo d’acqua. La Pittura fatta nella Cappelletta fabbricata accanto a questa sorgente insegna commella è stata ritrovata. Ella fu allacciata in luoghi paludosi mediante un circondario o sia muro fatto di calcina e di mattoni che si fabbricano nel territorio di Segni. Nasce 8 miglia lontan da Roma camminandosi per la Via Collazia, e viene con molti accrescimenti di polle per il tratto di 14 miglia e 505 passi di rio sotterraneo; e di un miglio e 240 passi di sostruzioni in più luoghi; e di 700 passi di opera arcuata (10).

11. « Cesare Augusto poi.... condusse in Roma l’Acqua ALSIETINA, chiamata Augusta, forse per uso della Naumachia da lui fatta nel Trastevere, e in quanto al sopravanzo per inaffiamento degli orti, e per uso de’ Privati, giacchè quest’Acqua, come poco salubre non serve per gli usi domestici del Popolo, se non in caso di necessità, cioè quando mancano le acque provegnenti dall’altra ripa del Tevere a cagione de’ ristauri de’ ponti. Ella vien presa dal Lago Alsietino, 14 miglia lontan da Roma, camminandosi per la Via Claudia, e deviandosi a questo termine sulla diritta per il tratto di sei miglia e 500 passi. Il di lei condotto ha 22 miglia e 572 passi di lunghezza, compresivi 358 passi di opera arcuata (11).

12. «Lo stesso Augusto vedendo il bisogno che vi era di supplire in tempo di siccità alla decrescenza dell’Acqua Marcia, condusse per via di opera sotterranea sino al di lei rio un’altr’ Acqua di ugual bontà detta parimente AUGUSTA. Questa nasce di là dalla sorgente della Marcia, e il di lei Condotto sino alla Marcia è di 800 passi.

13. «L’anno 789 di Roma, sotto il Consolato di M[arco] Aquilio Giuliano, e di P[ublio] Nonio Asprenate, C[aio] Cesare Caligola, essendo nel II anno del suo Imperio... diè principio a due altri Aquedotti, la qual’opera fu poscia con somma magnificenza perfezionata e dedicata da Claudio sotto il consolato di Sulla, e di Tiziano, l’anno di Roma 803 addì primo d’Agosto. L’una di queste Acque, che procedeva dalle Sorgenti Cerula e Curzia, si chiama CLAUDIA, che nella bontà uguaglia la Marcia. L’altra, più alta di tutte le Acque cominciò a esser chiamata l’ANIONE NUOVO, per distinguerla dall’Anione antecedente, a cui perciò fu aggiunto il cognome di Vecchio. La Claudia fu allacciata 38 miglia lontan da Roma, camminandosi per la Via Sublacense, e deviandosi a questo termine sulla sinistra per il tratto di 300 passi. Riceve eziandio una sorgente detta Albudina, la qual è così buona, che supplisce secondi il bisogno alla decrescenza della Marcia senz’alternarne la qualità. Il Fonte dell’Augusta, che prima entrava nella Marcia fu quindi fatto entrare nella Claudia, perché fu riconosciuto che la Marcia è bastante da se medesima, tuttochè vi rimanga un canale per occorrere ai di lei bisogni fortuiti. Il Condotto della Claudia ha 46 miglia e 230 passi di rio sottorraneo, e 10 miglia e 176 passi di opera sopr’ a terra; compresevi 3 miglia e 76 passi di opera arcuata in più luoghi lontan da Roma; e dal settimo miglio verso Roma 609 passi di sostruzione, e 6 miglia e 491 passi di opera arcuata (12). L’Anione nuovo fu derivato dal fiume Anione….42 miglia lontan da Roma camminandosi per la Via Sublacense. Ha alle fauci del Condotto una piscina limaria, cioè fra il fiume e lo speco per purificazione dell’acqua….Gli si congiugne il rio Erculaneo, il quale ha origine dalla contrada ove sorge l’Acqua Claudia, di là dal fiume e la detta Via Sublacense, cioè 38 miglia lontan da Roma camminandosi per la stessa Via. Il Condotto dell’Anione Nuovo ha 58 miglia e 700 passi di lunghezza, compresevi 49 miglia e 300 passi di rio sotteraneo, e 9 miglia e 400 passi di rio sopr’ a terra, nel qual tratto si comprendono 2 miglia e 300 passi fra sostruzioni e opera arcuata in più luoghi lontan da Roma; e dal settimo miglio verso Roma 609 passi di sostruzione, e 6 miglia e 391 passi di archi (13) i quali sono altissimi, avendo in alcuni luoghi sino a 109 piedi d’elevazione.

14.«Moli così portentose e necessarie per i Condotti di tante Acque sono certamente più apprezzabili di quelche sieno le Piramidi dell’Egitto, e le opere de’ Greci tanto famose, ma del tutto oziose ed inutili...

15. «Tutte le dette Acque vengono in Roma sostenute in diverse altezze, onde alcune scorrono da luoghi più alti, ed alcune non possono innalzarsi tanto, spezialmente su’ colli cresciuti per le rovine degli Edifizj cagionate dai frequenti incendj. Cinque son quelle che dominano ogni eminenza della Città, e fra queste quali vengono più impetuose, e quali meno. La più alta di tutte è l'Anione Nuovo. La Claudia ha il secondo luogo, la Giulia il terzo, la Tepula il quarto, la marcia il quinto....l’Anione Vecchio il sesto....la Vergine il settimo, l’Appia l’ottavo...e l’Alsietina l’ultimo (14)....

16. «Ve ne sono sei, che al settimo miglio della Via Latina entrano in piscine coperte per purificarvisi.....Fra esse la Marcia, la Tepula, e la Giulia dalle dette piscine vanno sopra un medesimo Condotto arcuato. Lo speco più alto di queste è quel della Giulia: il mezzano è quel della Tepula: e l'inferiore, quel della Marcia. Tutt'e tre queste Acque sommergendosi incontro al Colle viminale giungono sino alla Porta dello stesso nome, dove nuovamente scaturiscono (15). Ma prima parte della Giulia (16) entrando in diversi castelli alla Contrada della Speranza Vecchia, va a diffondersi fino sul Celio. Parte anche della Marcia dietro gli Orti Pallanziani (17) scende parimenti per il Celio per mezzo di un rio chiamato Erculaneo, il quale perch’è profondato, non somministra acqua agli usi del Monte, e termina sopra la Porta Capena (18).

17. «L’Anione Nuovo, e la Claudia dalle piscine summentovate vengono in Roma parimente sopra uno stesso Condotto arcuato, più alto di tutte le altre Acque, ed in rivi separati, restando superiore l’Anione. I loro archi terminano dietro gli Orti Pallanziani (19) e quindi per via di fistole le acqua scorrono per gli usi della Città. Prima però parte della Claudia alla Speranza Vecchia va sugli archi Neroniani, i quali indirizzati per il Monte Celio terminano accanto al Tempio di Claudio (20). Lasciano la quantità della loro Acqua intorno allo stesso Monte, sul Palatino (21) sull'Aventino, e nella Regione di Trastevere.

18 «L’Anione Vecchio di qua dal quarto miglio.....ha parimente la sua piscina. Dentro il secondo miglio poi una parte dell’Acqua dello stesso anione camminando per via di uno speco chiamato Ottaviano, giunge alla Contrada della Via nuova presso gli Orti Asiniani (22) e si distribuisce per quel contorno. Il condotto retto poi venendo dentro la Porta aquilina lungo la contrada della Speranza Vecchia si dirama in altri rivi per la Città (23).

19. «La Vergine, l’Appia, l’Alsietina, non hanno piscine. Gli archi della Vergine cominciano sotto gli Orti Luciliani (24) e terminano nel Campo Marzo lungo la facciata de Septi (25). Il condotto della Appia nascondendosi sotto il Celio e l’Aventino, come abbiam detto (26) va a riuscire sotto il Clivo di Publicio. Il condotto dell’Alsietina termina dietro alla Naumachia, per uso della quale sembra essere stato fatto (27).

20. «Avendo raccontato quali sieno stati gli autori di tutte le suddette Acque, in quali anni elle sieno state condotatte e quale fosse il viaggio et la lunghezza de’ loro condotti; mi sembra di dover soggiugnere, quanta sia l’acqua che si distribuisce, non solo per gli usi e bisogni privati, ma anche per le delizie, e per via di quanti castelli, ed in quali Regioni: quanta dentro, e quanta fuori di Roma, cioè quanta se ne diffonda negli alvei, quanta a uso degli spettacoli, quanta per le opere pubbliche, quanta a nome di Cesare, e quanta per gli usi privati. Ma prima di nominar le Quinarie.....colle quali si notano le dette distribuzioni, stimo ragionevole l’indicare che misura sia questa, e da che abbia tratta l’origine.

21. «Pensano alcuni, ch’ella sia stata inventata da Agrippa, ed altri dai Piombari per suggerimento dell’Architetto Virtuvio. Quei che ne fanno autore Agrippa, asseriscono, che sendo state per l’innanzi usate nella distribuzione dell’acqua, quando ve n’era scarsezza, cinque picciole misure: furono queste tutt’e cinque comprese in una fistola, la quale fu perciò detta Quinaria. Quegli poi che ne fanno inventore Vitruvio, e i Piombari, vogliono ch’ella sia chiamata così da una lamina di piombo piana, larga 5 dita, e che volta poi in rotondo, faccia la misura di questa fistola.....Ma la ragione la più probabile si è, ch'ella sia stata detta Quinaria dal diametro di 5 quadranti.....

22. «Tutta l’Acqua descritta ne’ Commentarj de’ Principi ascendeva a 12755 Quinarie; e tutta quella che si distribuiva, montava a 14018: cosicchè se ne contavano 1263 Quinarie in uscita, di più di quelche ve ne fosse per così dire in patrimonio.....Onde fu duopo misurar ciascuna delle Acque.....e così fu ritrovato che elle ascendevano circa a 10 mila Quinarie di più di quelch’ è scritto ne’ Commentarj....essendo ciò avvenuto per fraude nommeno de’ Fontanieri, i quali le derivano per uso de’ privati, quanto de’ possessori de’ campi per dove passano le acque, i quali forano le forme de’ loro rivi.....

23. «Ma si deve ora accennare ove si distribuiscono le 14018 Quinarie notate ne’ Commentarj...Di queste pertanto, 4063 si dividono fuori di Roma, cioè 1718 a nome di Cesare, e 2345 fra i privati. Le rimanenti 9955 di distribuiscono dentro di Roma in 247 Castelli, dandosene 1707 Quinarie, e mezza sotto nome di Cesare: 3847 ai privati: e 4401 per gli usi pubblici, cioè a dire 279 Quinarie a 19 castri, 2401 Quinarie a 95 opere pubbliche, 386 Quinarie per 39 luoghi destinati agli Spettacoli e a giuochi, e 1335 Quinarie per 591 alvei.

24. «Questa dispensa però suol farsi per le Regioni a nome di ciascun’ Acqua: cosicchè ascendendo la distribuzione di tutto, come abbiamo distinto, a 14018 Quinarie, se ne danno a nome dell’APPIA fuori della Città 5 sole Quinarie, non essendosi quest’Acqua potuta derivare per la bassezza del Condotto, e 699 Quinarie, che rimangono, si dividono dai misuratori dentro di Roma PER LE REGIONI II, VIII, IX, XI, XII, e XIV, IN XX CASTELLI, da’ quali se ne danno a nome di Cesare 151 Quinarie; per gli usi privati 194 Quinarie, per gli pubblici 354 Quinarie, cioè 3 Quinarie a un castro, 123 Quinarie a 14 opere pubbliche, 2 Quinarie a un luogo destinato agli Spettacoli, e 226 Quinarie a 92 alvei.

25. « Dell’ANIONE VECCHIO si dispensavano fuori di Roma 104 Quinarie a nome di Cesare, e 404 ai privati : e 1102 Quinarie e mezza che le restavano, si dividevano dentro la Città PER LE REGIONI I, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, XII, XIV, IN XXXV CASTELLI, da’ quali si distribuiscono 60 Quinarie a nome di Cesare, 490 Quinarie per gli usi privati, 552 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 40 Quinarie a un castro 196 Quinarie a 16 opere pubbliche, 88 Quinarie a 9 luoghi destinati agli Spettacoli, e 218 Quinarie a 94 alvei :

26. « Della MARCIA si dispensavano fuori di Roma 269 Quinarie a nome di Cesare, e 568 per i privati : 1098 Quinarie che le restavano, si dividevano dentro di Roma PER LE REGIONI I, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X e XIV, IN LI CASTELLI, da’ quali si distribuiscono 116 Quinarie a nome di Cesare, 593 Quinarie per gli usi privati, e 439 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 41 Quinarie a 4 castri, 41 Quinarie a 15 opere pubbliche, 104 Quinarie a 12 luoghi destinati agli Spettacoli, e 253 Quinarie a 113 alvei.

27. « Della TEPULA si dispensano fuori di Roma 58 Quinarie a nome di Cesare, e 56 ai privati: e 331 Quinarie che le rimangono si dividono dentro la Città PER LE REGIONI IV, V, VI e VII, IN XIV CASTELLI, da’ quali si distribuiscono 34 Quinarie a nome di Cesare, 247 Quinarie per gli usi privati, e 50 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 12 Quinarie a un castro, 7 Quinarie a 3 opere pubbliche, et 31 Quinarie a 13 alvei.

28. « Della GIULIA si dispensavano fuori di Roma 85 Quinarie a nome di Cesare, e 121 Quinarie ai privati: e 597 Quinarie che le rimanevano si dividevano dentro di Roma PER LE REGIONI II, III, V, VI, VIII, X e XII, in XVII CASTELLI, da’ quali se ne distribuiscono 18 Quinarie a nome di Cesare, 196 Quinarie ai privati, e 339 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 69 Quinarie a tre castri, 182 Quinarie a 10 opere pubbliche, 67 Quinarie a tre luoghi destinati agli Spettacoli, e 65 Quinarie a 28 alvei.

29. « A nome della Vergine si dispensavano fuori di Roma 200 Quinarie, e 2304 Quinarie, che le rimanevano, si dividevano in Roma PER LE REGIONI VII, IX e XIV, IN XVIII CASTELLI, da’ quali se ne distribuivano 909 Quinarie a nome di Cesare, 338 Quinarie ai privati, e 1417 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 26 Quinarie a 2 luoghi destinati agli Spettacoli, 61 Quinarie a 25 alvei, 1330 Quinarie a 16 opere pubbliche, fralle quali si comprendono 460 Quinarie che riempiono la fossa, a cui dà il nome la stess’ Acqua.

30. « Trecento novantadue Quinarie si attribuiscono all’Alsietina. Questa si consuma tutta fuori di Roma, cioè 254 Quinarie a nome di Cesare, e 138 Quinarie pe’ privati (28).

31. «La CLAUDIA, e l’ANIONE NUOVO si dispensavano fuori di Roma separatamente; dentro di Roma poi si confondevano. La Claudia dava fuori di Roma 217 Quinarie a nome di Cesare, e 439 Quinarie ai privati. L’Anione Nuovo 731 Quinarie a nome di Cesare, e 414 ai privati. Le rimanenti Quinarie dell’una e dell’altra erano 3824, le quali si dividevano dentro di Roma PER LA REGIONE XIIII IN XCII CASTELLI, dai quali se ne davano 779 Quinarie a nome di Cesare, 1839 Quinarie ai privati, e 1206 Quinarie per gli usi pubblici, cioè 104 Quinarie a 9 castri, 522 Quinarie a 18 opere pubbliche, 99 Quinarie a 12 luoghi destinati agli Spettacoli, e 481 Quinarie a 226 alvei.

32. « La suddetta quantità di Acque seguitò a distribuirsi nella descritta maniera sino ai tempi dell’Imperadore Nerva Trajano; ma adesso la provvidenza di questo diligentissimo Principe v’ha accresciuta quella ch’era pervertita per frode de’ Fontanieri, o per vizio degli Aquedotti, dimodochè sembra, aver’egli acquistate nuove Fonti, e provveduta Roma di acqua ad esuberanza; con averne dipoi fatta una esatta distribuzione, acciò le Regioni fossero provvedute di più delle solite acque, e specialmente i Monti Celio, e Aventino, ove non andava che l’Acqua Claudia per mezzo degli Archi Neroniani; dal che avveniva, che quando se ne risarciva il condotto, questi colli celeberrimi avevan sete; ai qualipero sono ora state concedute più Acque, e spezialmente la Marcia, che per via di un’ampla opera scorre dal Celio nell’ Aventino. Comeppure in ogni parte della Città gli alvei si nuovi che vecchj, perlopiù hanno due Fontane di Acque diverse, acciocchè se l’accidenle impedisse l’una, l’altra ne supplisse al difetto. » ......Sin quì Frontino.

FOOTNOTES

(1) De’ Condotti di tutte queste Acque esistono inoggi dentro di Roma diversi avanzi riferiti nell’Indice generale delle Vestigia di Roma antica.

(2) Questi 60 passi di opera arcuata sono distinti nella Tavola al num[ero] 1 vicino alla stessa Porta ivi parimente notata fra quelle del più antico circondario delle mura urbane.

(3) Tre furono le Acque da Frontino chiamate Auguste, cioè l’Alsietina: I’altra aggiunta in supplemento alla Marcia: e la qui descritta: ma tutt’ e tre procedenti da diversa origine, come si vedrà più sotto ai §§ 11 e 12.

(4) Gli Orti Torquaziani son delineati nella Tavola al num[ero] 2, mediante una matura consulta degli antichi Scrittori intorno al loro certo luogo (come si vedrà nella grande Icnografia dell’antica Roma, che son per dare alla luce) e ciò affine di fissare il luogo delle Gemelle, e del suddetto congiungimento al num[ero] 3.

(5) Si osservi la diversità dell’origine di questo ramo dell’Augusta dall'altre due Auguste, che si riferiranno in progresso ai detti §§ 11 e 12.

(6) Questo Clivo si vede notato nella Tavola col num[ero] 4, come parimenti è segnata la contrada delle Saline, e la Porta Trigemina fra quelle del più antico circondario delle mura urbane.

(7) Questi 221 passi di sostruzione sono indicati nella Tavola fra i num[eri] 5 e 6 per le ragioni dedotte nell’Indice generale delle Vestigia dell’antica Roma sotto il num[ero] 20.

(8) Parte di quest’arcuazione si vede nella Tavola dai num[eri] 7 e 8 protratta secondo la traccia de’ di lei odierni avanzi, dimostrati nell’Indice generale dell’antica Roma ai num[eri] 20, 23, 117, 118, 119 e 120.

(9) Dal settimo miglio verso Roma il Condotto della Giulia era lo stesso che quel della Tepula, e della Marcia, come si vedrà ai §§ 9 e 16, e come abbiamo dimostrato nell’Indice generale delle Vestigia dell’antica Roma ai predetti num[eri] 20, 23, 117, 118, 119 e 120.

(10) Questi passi di opera arcuata si dimostrano nella Tavola dal num[ero] 9, al 10. Che fossero nel luogo in cui sono segnati, abbastanza lo mostra l’apparenza di una loro parte fralle Vestigia dell’antica Roma ai num[eri] 72 e 73 dell’Indice generale. L’andamento poi di questo Condotto notato nella Tavola coi num[eri] 10, 11 e 12, è noto a tutti gli odierni Fontanieri di Roma.

(11) Quest’arcuazione si dimostra nella Tavola dal num[ero] 13, al 14, attesi i di lei odierni avanzi, che le corrispondono.

(12) Parte di quest’arcuazione fino al suo termine si dimostra nella Tavola coi num[eri] 15, 16, 17 e 18, attesi gli odierni di lei avanzi, e vestigia, e ‘l monumento della stessa Claudia, che rimane fra i num[eri] 16 e 17, come si accenna nell’Indice generale ai num[eri] 124, 129, e 133, ed atteso altresì quel che si deduce alla susseguente nota 13.

(13) Dal settimo miglio verso Roma questi erano i medesimi archi della Claudia, come si vedrà al susseguente § 17.

(14) L’altezza correspettiva di ciascuna di queste Acque si vede nella Tavola alla figura I, ritrovata coIla più esatta Livellazione che mi è riuscito di farne; rispetto alle due Anione Nuovo, e Claudia, ai loro spechi, che si vedono nel Monumento della Porta Maggiore : rispetto alla Giulia, calcolando l’altezza del di lei speco internato nelle mura urbane fuori della stessa Porta, collo speco della Claudia: rispetto alle Tepula, e Marcia; calcolandole colla Giulia al loro monumento alla Porta di S[an] Lorenzo: rispetto all’Anione Vecchio, calcolando il di lui speco (che si vede internato nelle mura urbane nel luogo accennato al num[ero] 20 dell’Indice generale) con quello della Marcia fuori dell’ anzidetta Porta Maggiore: rispetto alla Vergine calcolando a Monte Cavallo colla odierna Acqua Felice (la quale è a Livello della Giulia, nel di cui speco ella cammina sopra al monumento della detta Porta di S[an] Lorenzo) e defalcandone i gradi sino allo stesso Anione: rispetto all’Appia, livellando I’andamento della Vergine collo speco della stessa Appia, che in oggi apparisce sotto il Clivo di Publicio ove ella si diffondeva, come si dirà al § 20, o vogliam dire incontro la Ripa Grande, come abbiamo riferito al num[ero] 176 dell’Indice generale. Rispetto poi all’Alsietina, del di cui speco non abbiamo in oggi alcuno avanzo nel Trastevere ov’ella scaricava la sua quantità; pure non ho voluto tralasciare di farne un calcolo a un dipresso, dandole al luogo della Tavola ove si vede situata la Naumachia (e precisamente al num[ero] 32) un Livello discretamente più alto della ripa del Tevere.

Sembrerà intanto ripugnare al detto di Frontino, e alla presente livellazione dell’Alsietina, che si propone per la più umile di tutte le Acque, il veder poi nella presente Tavola il di lei alto andamento sul Gianicolo: ma le vestigia incontrovertibili del di lei Condotto fuori della Porta di S[an] Pancrazio, e la loro direzione verso Roma, non ci lasciano dubitare, ch’ella camminasse secondo il disegno distinto nella Tavola co’ num[eri] 13 e 14. Onde per torre ogni inverisimilitudine giova riflettere che Frontino, parlando della bassezza di quest’Acqua non ebbe riguardo all’alto Livello in cui ella era sul Gianicolo, ma soltanto alla bassezza della di lei emergenza accanto alla Naumachia; poichè Augusto non si era curato di mantenere il Livello alto ad un’Acqua, la quale, come poco salubre, non dovea servire che alla stessa Naumachia, e all’inaffiamento degli Orti ivi adjacenti, come si è detto al § 11.

(15) Questa sommersione dovett’essere poco distante dalla odierna sommersione del Condotto dell’Acqua Felice, come quella che doveva essere parimenti cagionata dalla eminenza dell’argine di Servio, dietro a cui si deduce l’indirizzo del Condotto di queste antiche tre Acque da’ di lui avanzi descritti ai num[eri] 117 e 118 dell’Indice generale. E perciò io faccio cominciare tal sommersione nella Tavola al num[ero] 8 delineandola sin dentro la Porta Viminale termine sicuro della medesima, per quel che si legge nel Testo Frontiniano surriferito.

(16) Il luogo di questa derivazione della Giulia si accenna nella Tavola al num[ero] 19, proseguendola con opera arcuata sino al Castello indicato col num[ero] 20 per le ragioni dedutte diffusamente nell’Indice generale al num[ero] 230.

(17) Nella Tavola son delineati gli Orti Pallanziani al num[ero] 21, non solo mediante una matura consulta degli antichi Scrittori da me fatta intorno alla fissazione del loro certo luogo, come dissi da principio, ma anche atteso il bottino che tuttavia rimane dietro agli stessi Orti fra gli avanzi del Condotto, come si accenna nell’Indice generale al num[ero] 121, e che però si segna nella Tavola al corresponsivo num[ero] 22; dimostrando poi lo stesso bottino in sezione alla figura II, ove si vede la maniera della di lui costruzione, e il di lui ufizio. Cossicchè gli Orti, ed il bottino confermano i loro rispettivi, uso ed esistenza.

(18) II Rio Erculaneo di cui ora si tratta, era differente dall’altro descritto al § 13, come si osserva dalla diversa origine dell'uno e dell’altro. Il termine di questo Rio si vede notato nella Tavola col num[ero] 23 nel luogo ov’è parimente segnata la Porta Capena fra quelle del più antico circondario delle mura urbane.

(19) Il termine di questi archi, e con essi dell’andamento del Condotto si vede notato nella Tavola al num[ero] 18 nel luogo, ove rimangono tuttavia alcuni avanzi del Castello del Condotto medesimo, come si accenna nell’Indice generale al num[ero] 124.

(20) Questi archi sono protratti nella Tavola dal num[ero] 16 al 38 a seconda de’ loro odierni avanzi descritti nell’Indice generale ai num[eri] 130, 209, 212, 213 e 221; ed essi medesimi mi hanno servito di scorta, colla consulta eziandio degli antichi Scrittori, a determinare il Tempio di Claudio nel luogo notato nella Tavola col num[ero] 24.

(21) Questa tramandazione di acqua rispetto al Palatino si faceva mediante gli archi, il di cui avanzo si descrive al num[ero] 300 dall’Indice generale, e che perciò son segnati nella Tavola coi num[eri] 24 e 26 nel luogo corrispondente allo stesso avanzo; e rispetto all’Aventino, mediante gli archi segnati nella Tavola co’ num[eri] 33, 34, 35, 36 e 37 e corrispondenti al loro avanzo notato nell’Indice generale al num[ero] 184.

(22) Gli Orti Asiniani, aperti da Frontino nella contrada della Via Nuova segnata nella Tavola, e indicati da Vittore nella Regione XII comprensiva della stessa contrada, sono stati da me posti nella medesima Tavola nel luogo segnato col num[ero] 27 mediante un’esattissima discretiva degli antichi edifizj, che occupavano la stessa Regione, come dimostrerò nella grande Icnografia di Roma che sono per dare alla luce.

(23) Notando Frontino soltanto l’ingresso di questo Aquedotto dentro la Porta Esquilina lungo la Speranza Vecchia, e quindi la di lui diramazione per la Città; perciò il di lui termine si vede notato nella Tavola al num[ero] 28 lungo la medesima contrada, e dentro la detta Porta segnata nel più antico recinto delle mura urbane.

(24) Gli Orti Luciliani sono notati nella Tavola al num[ero] [?? check original] ove corrispondono alla relazione che se ne fà al num[ero] 66 dell’Indice generale.

(25) La posizione de’ Septi segnata nella Tavola al num[ero] 30, è stata confrontata cogli odierni avanzi del portico ch’era loro aderente, come si vede nel frammento dell’antica Icnografia di Roma delineato nella Tavola prima di quest’ Opera al num[ero] 31, e come si è riferito al num[ero] 104 dell’Indice generale.

(26) E come si è spiegato alla nota 6.

(27) Le vestigia della Naumachia, e gli avanzi dell’Emissario dell’Alsietina sono stati da me riferiti al num[ero] 156 dell’Indice generale, l’une e gli altri correlativi ai num[eri] 31 e 32 della presente Tavola.

(28) Mi sia lecito col rispetto dovuto alla grand’erudizione del Signor Marchese Poleni di objettare contro una pretesa dichiarazione ch’ei fa di due proposizioni di Frontino, le quali dovendo esser correlative sembrano fra loro contrarie.

La prima proposizione si legge nell’art[icolo] 18 del Commentario illustrato dal medesimo Signor Marchese, ed è: Alsietina est, quae Transtiberinae Regioni, et maxime jacentibus locis servit.

La seconda è la surriferita nel nostro Compendio, e che presso il Signor Marchese cade sotto I’art[icolo] 85. Eccone le parole: Alsietinae quinariae 392: haec tota extra Urbem consumitur.

Dunque, dic’ egli alla nota 2 IIII del predetto art[icolo] 18 :«Se quest’Acqua si consumava tutta fuori della Città, come mai potea servire alla Regione di Trastevere ch’era dentro della Città? Imperocchè non credo, che debbano tenersi per Regione Trasteverina i campi di là dal Tevere.»

Per togliere ogni difficoltà, e per ispiegare queste due proposizioni, egli c’insinua, che due dovessero essere le quantità di quest’Acqua: L’una incerta, la quale servisse per la Naumachia, e pe’ luoghi adjacenti : L’altra determinata nelle dette 392 Quinarie, la quale si consumasse tutta fuori della Città.

Deduce la quantità incerta da un’altra proposizione di Frontino, la quale si legge nell’art[icolo] 71, ed è questa: Alsietinae conceptionis modus nec in commentariis adscriptus est, nec in re praesenti certus inveniri potuit; cum ex lacu Alsietino, et deinde circa Carejas ex Sabatino, quantum Aquarii temperaverunt, habeat.

Il ripiego è argutissimo, e sarebbe ottimo se la Proposizione che cade sotto l’art[icolo] 85 non parlasse indistintamente di tutta I’erogazione dell’Alsietina, come dimostrano le parole : haec tota extra Urbem consumitur: Le quali non sono certamente riferibili alla porzione certa suggeritaci dal Signor Marchese, ma bensì alla dispensa di tutta la quantità dell’Alsietina, la quale comunemente si supponeva consistere in 392 Quinarie. E ciò per più ragioni.

La prima, perchè Frontino al predetto art[icolo] 7 parlando in genere della erogazione di quest’Acqua, le attribuisce parimente Ie stesse 392 Quinarie, sole e senza veruna distinzione : Alsietina erogat Quinarias 392.

La seconda, perchè egli in tutto il suo Commentario non fa alcuna menzione delle due pretese quantità, e molto meno per il fine suggerito dal Signor Marchese. Lochè egli avrebbe dovuto fare, quando le questionate due proposizioni non fossero state o non fossero potute sembrar chiare in se stesse al giudizio di chi vedeva in que’ tempi come andavano le cose.

La terza, perchè se fosse stato vero, che consumandosi fuori di Roma le dette 392 Quinarie, si fosse altresì consumata dentro di Roma la quantità incerta di quest’Acqua per la Naumachia, e pe’ luoghi ad essa adjacenti, Frontino non avrebbe tralasciato di dirlo, in vista della esibizione ch’egli ci fa all’art[icolo] 77 di riferire la distribuzione e ’I consumo delle acque tali e quali erano, cioè in quella quantità o determinata o incerta ch’elle si fossero, e specialmente per le Regioni, come dichiarano le parole : Superest, ut erogationem, quam confectam, et, ut sic dicam, in massam invenimus, imo etiam falsis nominibus positam, per nomina Aquarum, UTI QUAEQUE SE HABET, ET PER REGIONES URBIS digeramus.

Si dirà pertanto, che col mio dire io intorno le due quistionate proposizioni di Frontino nella oscurità da cui sembrava averle cavate il Signor Marchese; ma per dar loro la vera dichiarazione giova ripetere e tor di mezzo I’amarezza, che questi vi ritrova. Egli dice : «Se quest’Acqua si consumava tutta fuori della Città, come mai potea servire alla Regione di Trastevere? Imperocchè non credo, che debbano tenersi per Regione Trasteverina i Campi di là dal Tevere.

Qual difficoltà ha mai distolto il Signor Marchese dal credere, che il consumo di tutta l’Alsietina fuori di Roma non potesse farsi insiememente nella Regione di Trastevere? Eppure, come Antiquario, dovea ricordarsi, che non tutte le Regioni di Roma come si vede nella presente Tavola si contenevano dentro le mura, ma che vi erano la I, la II, la V, la VI, la VII, la XI, la XIII, e la XIV di cui si tratta, le quali si estendevano indefinitamente fuori della Città? Dal che doveva inferire, che la Naumachia, e gli orti ad essa adjacenti potessero essere stati fuori delle mura.

Ed in fatti ella è cosa dura a supporsi, che Cesare Augusto trovasse nella Regione di Trastevere, per quanto ella era compresa dalle mure urbane, un luogo vacuo, capace della Naumachia, e molto più con orti all’intorno dacchè si sa che il Trastevere murato era, come antichissimo, abitato da numeroso popolo, che non vi avrebbe lasciato un palmo di vano per ritrovarvi i suoi comodi.

Cosicchè essendo stata la Naumachia nel luogo accennato nell’Indice generale dell’antica Roma al num[ero] 156, e dovendo esser rimasa cogli orti adjacenti fuori del circondario delle mura, e nondimeno nella Regione Trasteverina, si fanno chiare le due proposizioni di Frontino : l’una, che l’Alsietina servisse per la Regione Trasteverina, cioè per la Naumachia, e per gli orti adjacenti; l’altra, che si consumasse tutta fuori di Roma; molto più che dicendo Frontino nella seconda proposizione : haec tota extra Urbem consumitur : e soggiungendo immediatamente : nomine Caesaris Quinariae 254, Privatis Quinariae 138, si deve credere, che le Quinarie le quali si consumavano a nome di Cesare, servissero per la Naumachia, e le concedute ai privati per gli orti ad essa adjacenti.

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