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1 2019-05-08T23:52:24-07:00 Gianluca Douros 05f96d7763826c54af2eb377679570bbc90cf355 32746 2 Mari visitando le Torri Gemelle, New York, 1990. plain 2019-05-09T00:34:38-07:00 20160706 Copyright 2019. All rights reserved. 20160706 143808+0000 Gianluca Douros 05f96d7763826c54af2eb377679570bbc90cf355This page is referenced by:
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2019-05-02T01:15:11-07:00
L'emigrante atipica
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di Gianluca Douros
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2019-05-21T20:02:38-07:00
di Gianluca Douros
La mia mamma non è l’emigrante tipica che ha lasciato l’Italia per avere opportunità economiche migliori, è l’opposto. Cioè, la mia mamma ha lasciato l’Italia sapendo che avrebbe perso diverse opportunità che le avrebbero portato successo: ha lasciato l’Italia inseguendo amore e avventura.
Mariangela Bisi (non Douros, mai Douros) è venuta in America per la prima volta nell’estate del 1990, era una studentessa di Economia alla Statale di Milano e voleva imparare l’inglese. Tramite un programma che metteva insieme au-pair e famiglie, Mari e la sua amica Daniela avevano trovato due famiglie a Boston, ognuna con figli giovani. La mia mamma era assegnata a una famiglia abbastanza benestante, la moglie era una ex-fotomodella, e il suo fidanzato, che non viveva in casa con loro, era un uomo d’affari. La casa dove vivevano si trovava nelle periferie suburbane di Boston: era immensa, aveva bagni di marmo, una piscina, una palestra, e una televisione in ogni camera. In quella casa, che oggi Mari chiama “la prigione dorata”, vivevano solo la moglie e la figlia. All’inizio, Mari si era divertita molto vivendo con quella famiglia. Eventualmente, però, lo stupore di vivere in una gran villa era diminuito- per quanto era bella la casa non c’era niente da fare; essendo nei sobborghi non poteva camminare da nessuna parte, non aveva una macchina, e la bambina che doveva curare non era mai a casa.
Fortunatamente, la famiglia ospitante della Daniela era molto diversa: vivevano più vicino alla città, prestavano la loro macchina alle ragazze, generalmente erano molto più piacevoli, e non erano opposti ad ospitare anche mia mamma-- addirittura hanno insistito che lei venisse dopo che hanno sentito quanto era scontenta vivendo nella prigione dorata. Allora Mari ha lasciato l’ex-fotomodella e la sua villona, e finalmente ben sistemate le ragazze hanno cominciato a cercare lavoro a Boston. C’era solo un piccolo problema, nessuna delle due aveva il permesso di lavoro, quindi per forza dovevano trovare un lavoro che le avrebbe assunte illegalmente. Per tre giorni hanno cercato lavoro nei ristoranti di North End, il quartiere Italiano di Boston. La maggioranza dei ristoranti non cercavano lavoratori, e i pochi che avevano bisogno d’aiuto non le volevano assumere illegalmente, allora erano rimaste con poche scelte.
Usando la logica più Italiana possibile, le ragazze decisero che la soluzione migliore era di andare all’ufficio di Social Security e chiedergli se le potevano assegnare un social security number. In Italia, questo trucchetto avrebbe funzionato-- dopo la terza o quarta visita gli impiegati si sarebbero stancati e le avrebbero dato ciò che volevano. Dopo tre visite di civettare con i lavoratori e pregarli di farle dei documenti falsi, Mari e Daniela si resero conto che l’America non funza come l’Italia, e ritornarono a cercare lavoro illegale. Finalmente, trovarono un lavoro come cameriere in un piccolo ristorante Italiano dove tutti parlavano Italiano e il cibo era autentico. Il lavoro era divertente-- i clienti erano entusiastissimi di avere cameriere che erano veramente Italiane. Era se come la gente non avesse mai visto delle vere Italiane, Mari e Daniela erano continuamente invitate a eventi, cene, feste, di tutto. Una coppia Americana persino invitò la Mari a venire in vacanza con loro in Brasile. Coincidentalmente, era in quel piccolo ristorante dove la mia mamma ha conosciuto il mio papà, Bill, che stava visitando il North End di Boston con la sua famiglia per vedere il quartiere dove erano vissuti i suoi nonni quando erano venuti dalla Grecia ottant’anni prima. Arrivato metà agosto, con poche settimane che rimanevano della loro vacanza Americana, Mari e Daniela erano stanche di lavorare nel ristorante. Allora, con i soldi che hanno guadagnato lavorando, hanno fatto un viaggio a Miami, fermandosi prima in New York (la foto inclusa sopra mostra Mari sopra le torri gemelle a New York). A Miami le ragazze hanno vissuto un aspetto diverso della cultura Americana: la cultura costale. Era quel viaggio a Miami, in fatti, che avrebbe ispirato la Mari a ritornare in America nel 1993. Finalmente, alla fine d’agosto sono partite da Boston per Milano con un amore forte per l’America e un desiderio di ritornare.
Per i prossimi due anni, Mari ha vissuto a Milano, finendo il suo diploma e lavorando. Nel 1993, Mari ritornò all’America per visitare Bill, un Californiano che ha conosciuto a Boston mentre lavorando al ristorante. Bill l’ha invitata a Santa Barbara, dove stava vivendo, e Mari ha speso tre mesi a Santa Barbara, lavorando in un’altro ristorante Italiano e sfruttando tutto ciò che la California aveva da offrire. Ritornando più seriamente nel 1994, Mari ha deciso che questa volta le cose sarebbero state diverse: lavorare come una cameriera mentre visitava in vacanza bastava, ma adesso era laureata e stava cercando una carriera legittima. Però, trovare una carriera che avrebbe applicato la sua laurea, e che l’avrebbe assunta senza un permesso di lavoro, ha dimostrato di essere difficile. Senza il permesso di lavoro, Mari era limitata ai lavori che non chiedevano il permesso, come quelli nell’industria dell’ospitalità. Eventualmente, dopo lavorare in vari ristoranti, ha trovato lavoro con una compagnia che produceva e distribuiva documentari per National Geographic.
Dal 1994 al 1995 Mari ha continuato ad avere problemi con i lavori. Come gli emigrati che vennero agli Stati Uniti nella prima metà del ventesimo secolo, Mari si sentiva che il suo talento, la sua maestria, le era negata dovuto al suo status migratorio. Anche se era spesso più qualificata degli altri candidati, le compagnie non la assumevano perché non aveva il permesso legale per lavorare. Senza questo foglietto il suo diploma non valeva niente: era invalido e inutile. Allora, stanca di lavorare in un'industria poco emozionante, e desiderosa di qualcosa stimolante, incominciò a lavorare come traduttrice. In effetti, non era neanche un lavoro terribile: lavorando da traduttrice ha migliorato il suo inglese, e mantenuto la sua connessione con l’Italia. Mari traduceva tutto che le veniva offerto- contratti legali, storie, documenti, pubblicità… di tutto. Eventualmente, incominciò a fare traduzioni medici, cioè dove faceva da traduttrice personale per pazienti che venivano operati da un dottore che non parlava l'Italiano. Uno dei suoi assegnamenti preferiti era tradurre per un chirurgo plastico di Montecito. Questo chirurgo, per qualsiasi motivo, era molto popolare fra le ragazze Italiane del sud California. Quando la Mari traduceva per lui, usava un set di libri che mostravano tutti i nasi, seni, labbra e guance diverse che potevano essere create dal chirurgo. Anche quando i clienti erano antipatici o snob, Mari si divertiva sempre, ridendo a se stessa mentre le ragazze sceglievano i loro nuovi nasi.
Ora che arrivasse l’estate del 1995, tutto stava andando bene per la Mari. Stava vivendo in Santa Barbara con il suo fidanzato Bill, aveva finalmente trovato un lavoro che non la annoiava, e aveva trovato un bel gruppo di amiche e amici Italiani a Santa Barbara. Essendo nati in Italia anche loro, quasi tutti i suoi amici erano nella stessa posizione in cui era lei con il lavoro. Tutti si sentivano insoddisfatti dovuto al fatto che non potevano utilizzare le loro lauree. Senza status legale erano come gli emigranti della prima onda: alla mercè dei loro datori di lavoro. Tuttavia, alla differenza di quei primi emigrati, Mari e i suoi amici avevano una paura un pò più tangibile che il disuso del diploma: la deportazione. Anche se ICE (Immigration and Customs Enforcement) non era ancora stato fondato, la deportazione arrivava eventualmente a chi non aveva un permesso di soggiorno. Per evitare la deportazione, Mari ritornava in Italia ogni tre mesi alla scadenza del suo visto turistico, anche se solo per un fine settimana. Poi, nuovo visto in mano, ritornava per altri tre mesi.
Eventualmente, pero, Mari si stancò di sempre ritornare all’Italia per avere un visto, e di dover preoccuparsi di essere deportata. Bill, il suo fidanzato, sapeva questo e lo prese come opportunità perfetta per proporle di sposare. Ovviamente Mari accettò (se no io non ci sarei oggi) e la coppia si sposò il 18 di Febbraio, 1996 di fronte alle loro famiglie in una chiesa spagnola a Santa Barbara. Adesso, essendo sposata, Mari poteva fare domanda per il permesso di soggiorno permanente, o la cosiddetta “green card”. Dopo altri due anni in Santa Barbara, si spostarono a Monterey, dove sarei nato io due anni dopo. Ma la storia migratoria della Mari non finisce a Monterey, finisce alla Corte di San José, dove in 2006, con grande orgoglio, Mari divenne cittadina Americana, finalmente.
per l'intervista completa con mari, cliccate qui.