Le migrazioni italiane_ITAL510_SP19

Il mio primo arrivo in Italia

Il giorno per andare in Italia finalmente si avvicinava ed ero molto emozionata. Finalmente un sogno che sognava da piccola si diventava realtà.
 
Ho avuto la opportunità di andare in Italia, grazie a il programma di scambio che mia università offre. Sapendo che tutte mie classi dovevano essere in italiano (una lingua che ho studiato ma non usato quotidianamente), mi causava nervi, ma sapeva che tutto sarebbe bene, perché stava per fare questa esperienza con mia amica, Monica.

Era agosto, sarebbe la mia prima volta in Europa e stare lontana da miei genitori e fratelli, sembrava una cosa impossibile. Loro erano contenti ma alla stessa volta errano nervosi al sapere che starebbero in un mondo che loro non conoscevano. Mio padre era preoccupato come potrebbero sopravvivere finanziariamente e mia madre era triste perché non avrà chi la accompagna a fare le spesse o andare in giro. Nell’aeroporto, noi salutiamo e ho dovuto essere forte, e mostrali che non aveva paura. Anche se volevo rimanere, già non aveva un’altra scelta.



Monica ed Io, siamo arrivate a Milano alle 1 della mattina. A questa ora è troppo tardi per arrivare in città, perché ovviamente già non c’erano trasporti e si fa come una ora per arrivare la. Ma per fortuna, abbiamo noleggiato una stanza in un Airbnb e il proprietario è stato abbastanza gentile di prenderci. La casa era in periferia, le strade erano piccoli, e le case molto separati. La casa era tutto lo che immaginavamo, fuori era decorati con fuori e piante verdi che percorrevano la casa, raggiungendo quasi il soffitto. Nel mattino, la signora della casa, noi ha preparato colazione, (un caffè lungo, succo di pompelmo, cornetto o biscotti) nel giardino dove si sentiva il cinguettio degli uccelli e il calore del sole. Tutto sembrava tranquillo, rilassante e perfetto.

Ma dopo questo punto, solo iniziavano le difficoltà che stavamo per vivere.

Prima di raccontare questa parte, voglio situare lo che Monica ed io abbiamo con noi. Ognuna aveva 3 bagagli: 2 grandi e una piccola. 


La signora è stata gentile e lei noi ha aiutati a trovare come arrivare a Milano. Noi ha portato a il treno, dove dovevamo vedere come mettere tutti i bagagli, entrambi e subito. Tutte le persone noi vedevano come se facessimo una criminalità. Abbiamo arrivate a la stazione a lo stesso tempo che il treno è non avevamo tempo di comprare il biglietto. All’arrivare in Italia, ho fatto il più sforzo di parlare Italiano, ma come non aveva pratica, sbagliava molto. Per fortuna abbiamo potuto comprare il biglietto con il signore che controllava i biglietti. Lui non parlava molto inglese e noi non parlavamo molto italiano, non sapevamo cosa dire in paura di sbagliare. Una ragazza fortunatamente parlava inglese e noi ha aiutato.  

All’arrivare a Cadorna, una stazione triennale e fermata di scambi di linee di metri, abbiamo pigra perché un’altra volta dovevamo lottare con i bagagli. Nostra meta era di arrivare alla Stazione Centrale per poter lasciare nostri bagagli mentre andavamo in giro per la citta prima di andare in viaggio un’altra volta. Abbiamo chiesto che metri dovevamo prendere per arrivare alla Stazione, e specialmente dove era l’ascensore.


Nell’ascensore, stavamo parlando spagnolo e una signora si ha messo con noi. Lei ha sentito, e noi a chiesto da dove venivano, perché lei è peruviana. Noi ha raccomandato di fare attenzione e sopra tutto di stare con Dio. Mi ha fatto sentire un po’ di familiarità, che tutto andrà e soprattutto mi ha fatto raccordare a mia nonna che sempre mi diceva quello.  

Solo dovevamo prendere un metro, M3, la linea verde. All’arrivare alla Stazione non si sapeva dove andare perché c’era pieno di persone che andavano in fretta per assicurasse di non perde il metro. È stato una passeggiata lunga perché si doveva andare in un ascensore per poter uscire dal metro, camminare per poter prendere una scala mobile per poter entrare nella Stazione. Le persone che erano in fretta noi vedevano con rabbia ma non abbiamo un’altra scelta e dovevamo seguire. Una volta lasciando i bagagli, nostre mani erano finalmente libere ma mia schiena era sudata per lo zaino che portava, veramente si sentiva il caldo che faceva a Milano.


Un'altra volta abbiamo preso il metro, ma questa volta per andare in Duomo. A quel punto già non voleva fare niente, ero stanca e aveva fame. Abbiamo il tempo stretto, perché dovevamo tornare a l’aeroporto e stava lontano. Una volta che siamo arrivate a alla piazza del duomo ho dimenticato la stanchezza e i problemi che avevamo. Mi ho raccordato la ragione per cui era li, per complire mio sogno e fare a mia famiglia orgogliosa da me. Ed ogni volta che mi trovava li e la galleria Vittorio Emanuele II, mi innamorava ogni volta dalla città e il tempo si fermava.  











 

This page has paths:

Contents of this path:

This page references: