RVF no. 325
contrario effecto la mia lingua al core,
che vorria far honore
a la sua donna, che dal ciel n'ascolta.
Come poss'io, se non m'insegni, Amore,
con parole mortali aguagliar l'opre
divine, et quel che copre
alta humiltate, in se stessa raccolta?
Ne la bella pregione, onde or e sciolta,
poco era stato anchor l'alma gentile,
al tempo che di lei prima m'accorsi:
onde subito corsi,
ch'era de l'anno et di mi' etate aprile,
a coglier fiori in quei prati d'intorno,
sperando a li occhi suoi piacer si addorno.
Muri eran d'alabastro, e 'l tetto d'oro,
d'avorio uscio, et fenestre di zaffiro,
onde 'l primo sospiro
mi giunse al cor, et giugnera l'extremo:
Inde i messi d'Amor armati usciro
di saette et di foco, ond'io di loro,
coronati d'alloro,
pur come or fusse, ripensando tremo.
D'un bel diamante quadro, et mai non scemo,
vi si vedea nel mezzo un seggio altero
ove, sola, sedea, la bella donna:
dinanzi, una colonna
cristallina, et iv'entro ogni pensero
scritto, et for tralucea si chiaramente,
che mi fea lieto, et sospirar sovente.
A le pungenti, ardenti et lucide arme,
a la vittoriosa insegna verde,
contra cui in campo perde
Giove et Apollo et Poliphemo et Marte,
ov'e 'l pianto ognor fresco, et si rinverde,
giunto mi vidi: et non possendo aitarme,
preso lassai menarme
ond'or non so d'uscir la via ne l'arte.
Ma si com'uom talor che piange, et parte
vede cosa che li occhi e 'l cor alletta,
cosi colei per ch'io son in pregione,
standosi ad un balcone,
che fu sola a' suoi di cosa perfetta,
cominciai a mirar con tal desio
che me stesso e 'l mio mal posi in oblio.
I' era in terra, e 'l cor in paradiso,
dolcemente obliando ogni altra cura,
et mia viva figura
far sentia un marmo e 'mpier di meraviglia,
quando una donna assai pronta et secura,
di tempo anticha, et giovene del viso,
vedendomi si fiso
a l'atto de la fronte et de le ciglia:
" Meco " mi disse , " meco ti consiglia,
ch'i' son d'altro poder che tu non credi;
et so far lieti et tristi in un momento,
piu leggiera che 'l vento,
et reggo et volvo quando al mondo vedi.
Tien' pur li occhi come aquila in quel sole:
parte da' orecchi a queste mie parole.
Il di che costei nacque, eran le stelle
che producon fra voi felici effecti
in luoghi alti et electi,
l'una ver' l'altra con amor converse:
Venere e 'l padre con benigni aspecti
tenean le parti signorili et belle,
et le luci impie et felle
quasi in tutto del ciel eran disperse.
Il sol mai si bel giorno non aperse:
l'aere et la terra s'allegrava, et l'acque
per lo mar avean pace et per li fiumi.
Fra tanti amici lumi,
una nube lontana mi dispiacque:
la qual temo che 'n pianto si resolve,
se Pietate altramente il ciel non volve.
Com'ella venne in questo viver basso,
ch'a dir il ver non fu degno d'averla,
cosa nova a vederla,
gia santissima et dolce anchor acerba,
parea chiusa in or fin candida perla;
et or carpone, or con tremante passo,
legno, acqua, terra, o sasso
verde facea, chiara, soave, et l'erba
con le palme o co i pie' fresca et superba,
et fiorir co i belli occhi le campagne,
et acquetar i venti et le tempeste
con voci anchor non preste,
di lingua che dal latte si scompagne:
chiaro mostrando al mondo sordo et cieco
quanto lume del ciel fusse gia seco.
Poi che crescendo in tempo et in virtute,
giunse a la terza sua fiorita etate,
leggiadria ne beltate
tanta non vide 'l sol, credo, gia mai:
li occhi pien' di letitia et d'onestate,
e 'l parlar di dolcezza et di salute.
Tutte lingue son mute,
a dir di lei quel che tu sol ne sai.
Si chiaro a 'l volto di celesti rai,
che vostra vista in lui non po fermarse;
et da quel suo bel carcere terreno
di tal foco ai 'l cor pieno,
ch'altro piu dolcemente mai non arse:
ma parmi che sua subita partita
tosto ti fia cagion d'amara vita ".
Detto questo, a la sua volubil rota
si volse, in ch'ella fila il nostro stame,
trista et certa indivina de' miei danni:
che, dopo non molt'anni,
quella per ch'io o di morir tal fame,
canzon mia, spense Morte acerba et rea,
che piu bel corpo occider non potea.