RVF no. 66
compressa intorno da rabbiosi venti
tosto conven che si converta in pioggia;
et gia son quasi di cristallo i fiumi,
e 'n vece de l'erbetta per le valli
non se ved'altro che pruine et ghiaccio.
Et io nel cor via piu freddo che ghiaccio
o di gravi pensier' tal una nebbia,
qual si leva talor di queste valli,
serrate incontra agli amorosi venti,
et circundate di stagnanti fiumi,
quando cade dal ciel piu lenta pioggia.
In picciol tempo passa ogni gran pioggia,
e 'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio,
di che vanno superbi in vista i fiumi;
ne mai nascose il ciel si folta nebbia
che sopragiunta dal furor d'i venti
non fugisse dai poggi et da le valli.
Ma, lasso, a me non val fiorir de valli,
anzi piango al sereno et a la pioggia
et a' gelati et a' soavi venti:
ch'allor fia un di madonna senza 'l ghiaccio
dentro, et di for senza l'usata nebbia,
ch'i' vedro secco il mare, e' laghi, e i fiumi.
Mentre ch'al mar descenderanno i fiumi
et le fiere ameranno ombrose valli,
fia dinanzi a' begli occhi quella nebbia
che fa nascer d'i miei continua pioggia,
et nel bel petto l'indurato ghiaccio
che tra del mio si dolorosi venti.
Ben debbo io perdonare a tutti venti,
per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi
mi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio,
tal ch'i' depinsi poi per mille valli
l'ombra ov'io fui, che ne calor ne pioggia
ne suon curava di spezzata nebbia.
Ma non fuggio gia mai nebbia per venti,
come quel di, ne mai fiumi per pioggia,
ne ghiaccio quando 'l sole apre le valli.