RVF no. 342
lagrime et doglia, il cor lasso nudrisco,
et spesso tremo et spesso impallidisco,
pensando a la sua piaga aspra et profonda.
Ma chi ne prima simil ne seconda
ebbe al suo tempo, al lecto in ch'io languisco
vien tal ch'a pena a rimirar l'ardisco,
et pietosa s'asside in su la sponda.
Con quella man che tanto desiai,
m'asciuga gli occhi, et col suo dir m'apporta
dolcezza ch'uom mortal non senti mai.
" Che val " dice " a saver, chi si sconforta?
Non pianger piu: non m'ai tu pianto assai?
Ch'or fostu vivo, com'io non son morta! "