RVF no. 142
corsi fuggendo un dispietato lume
che'nfin qua giu m'ardea dal terzo cielo;
et disgombrava gia di neve i poggi
l'aura amorosa che rinova il tempo,
et fiorian per le piagge l'erbe e i rami.
Non vide il mondo si leggiadri rami,
ne mosse il vento mai si verdi frondia me si mostrar quel primo tempo:
tal che, temendo de l'ardente lume,
non volsi al mio refugio ombra di poggi,
ma de la pianta piu gradita in cielo.
Un lauro mi difese allor dal cielo,
onde piu volte vago de' bei rami
da po' son gito per selve et per poggi;
ne gia mai ritrovai tronco ne frondi
tanto honorate dal supremo lume
che non mutasser qualitate a tempo.
Pero piu fermo ognor di tempo in tempo,
seguendo ove chiamar m'udia dal cielo
e scorto d'un soave et chiaro lume,
tornai sempre devoto ai primi rami
et quando a terra son sparte le frondi
et quando il sol fa verdeggiar i poggi.
Selve, sassi, campagne, fiumi et poggi,
quanto e creato, vince et cangia il tempo:
ond'io cheggio perdono a queste frondi,
se rivolgendo poi molt'anni il cielo
fuggir disposi gl' invescati rami
tosto ch'incominciai di veder lume.
Tanto mi piacque prima il dolce lume
ch'i' passai con diletto assai gran poggi
per poter appressar gli amati rami:
ora la vita breve e 'l loco e 'l tempo
mostranmi altro sentier di gire al cielo
et di far frutto, non pur fior' et frondi.
Altr'amor, altre frondi et altro lume,
altro salir al ciel per altri poggi
cerco, che n'e ben tempo, et altri rami.