RVF no. 127
conven ch'io volga le dogliose rime,
che son seguaci de la mente afflicta.
Quai fien ultime, lasso, et qua' fien prime?
Collui che del mio mal meco ragiona
mi lascia in dubbio, si confuso ditta.
Ma pur quanto l'istoria trovo scripta
in mezzo 'l cor (che si spesso rincorro)
co la sua propria man de' miei martiri,
diro, perche i sospiri
parlando an triegua, et al dolor soccorro.
Dico che, perch'io miri
mille cose diverse attento et fiso,
sol una donna veggio, e 'l suo bel viso.
Poi che la dispietata mia ventura
m'a dilungato dal maggior mio bene,
noiosa, inexorabile et superba,
Amor col rimembrar sol mi mantene:
onde s'io veggio in giovenil figura
incominciarsi il mondo a vestir d'erba,
parmi vedere in quella etate acerba
la bella giovenetta, ch'ora e donna;
poi che sormonta riscaldando il sole,
parmi qual esser sole,
fiamma d'amor che 'n cor alto s'endonna;
ma quando il di si dole
di lui che passo passo a dietro torni,
veggio lei giunta a' suoi perfecti giorni.
In ramo fronde, over viole in terra,
mirando a la stagion che 'l freddo perde,
et le stelle miglior' acquistan forza,
ne gli occhi o pur le violette e 'l verde
di ch'era nel principio de mia guerra
Amor armato, si ch'anchor mi sforza,
et quella dolce leggiadretta scorza
che ricopria le pargolette membra
dove oggi alberga l'anima gentile
ch'ogni altro piacer vile
sembiar mi fa: si forte mi rimembra
del portamento humile
ch'allor fioriva, et poi crebbe anzi agli anni,
cagion sola et riposo de' miei affanni.
Qualor tenera neve per li colli
dal sol percossa veggio di lontano,
come 'l sol neve, mi governa Amore,
pensando nel bel viso piu che humano
che po da lunge gli occhi miei far molli,
ma da presso gli abbaglia, et vince il core:
ove fra 'l biancho et l'aureo colore,
sempre si mostra quel che mai non vide
occhio mortal, ch'io creda, altro che 'l mio;
et del caldo desio,
che, quando sospirando ella sorride,
m'infiamma si che oblio
niente aprezza, ma diventa eterno,
ne state il cangia, ne lo spegne il verno.
Non vidi mai dopo nocturna pioggia
gir per l'aere sereno stelle erranti,
et fiammeggiar fra la rugiada e 'l gielo,
ch'i' non avesse i begli occhi davanti
ove la stancha mia vita s'appoggia,
quali io gli vidi a l'ombra di un bel velo;
et si come di lor bellezze il cielo
splendea quel di, cosi bagnati anchora
li veggio sfavillare, ond'io sempre ardo.
Se 'l sol levarsi sguardo,
sento il lume apparir che m'innamora;
se tramontarsi al tardo,
parmel veder quando si volge altrove
lassando tenebroso onde si move.
Se mai candide rose con vermiglie
in vasel d'oro vider gli occhi miei
allor allor da vergine man colte,
veder pensaro il viso di colei
ch'avanza tutte l'altre meraviglie
con tre belle excellentie in lui raccolte:
le bionde treccie sopra 'l collo sciolte,
ov'ogni lacte perderia sua prova,
e le guancie ch'adorna un dolce foco.
Ma pur che l'ora un poco
fior' bianchi et gialli per le piaggie mova,
torna a la mente il loco
e 'l primo di ch'i' vidi a l'aura sparsi
i capei d'oro, ond'io si subito arsi,
Ad una ad una annoverar le stelle,
e 'n picciol vetro chiuder tutte l'acque,
forse credea, quando in si poca carta
novo penser di ricontar mi nacque
in quante parti il fior de l'altre belle,
stando in se stessa, a la sua luce sparta
a cio che mai da lei non mi diparta:
ne faro io; et se pur talor fuggo,
in cielo e'n terra m'ha rachiuso i passi,
perch'agli occhi miei lassi
sempre e presente, ond'io tutto mi struggo.
Et cosi meco stassi,
ch'altra non veggio mai, ne veder bramo,
ne 'l nome d'altra ne sospir' miei chiamo.
Ben sai, canzon, che quant'io parlo e nulla
al celato amoroso mio pensero,
che di et nocte ne la mente porto,
solo per cui conforto
in cosi lunga guerra ancho non pero:
che ben m'avria gia morto
la lontananza del mio cor piangendo,
ma quinci da la morte indugio prendo.