RVF no. 126
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir' mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior' che la gonna
leggiadra ricoverse
co l'angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole extreme.
S'egli e pur mio destino
e 'l cielo in cio s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
et torni l'alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
che lo spirito lasso
non poria mai in piu riposato porto
ne in piu tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l'ossa.
Tempo verra anchor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella et mansueta,
et la 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa et lieta,
cercandomi; et, o pieta!,
gia terra in fra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
si dolcemente che merce m'impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta gia de l'amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito et perle
eran quel di a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l'onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: " Qui regna Amore. "
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Cosi carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e 'l dolce riso
m'aveano, et si diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
Qui come venn'io, o quando?;
credendo d'esser in ciel, non la dov'era.
Da indi in qua mi piace
questa herba si, ch'altrove non o pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.